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Ecco il programma di Donald Trump su fisco, energia e Cina

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Donald Trump promette la “più grande rivoluzione fiscale” negli Usa “dai tempi di Ronald Reagan” (presidente dal 1981 all’ ’89). Presentando la sua agenda economica all’Economic Club di Detroit, il candidato repubblicano alla Casa Bianca ha annunciato un piano che prevede riduzioni d’imposte per la classe media, ma soprattutto per le aziende; grosse sforbiciature delle norme federali all’insegna di “meno regulation”; e rinegoziati degli accordi commerciali internazionali.

“Noi – dice Trump – sfideremo la Cina, che manipola le valute ed è responsabile di quasi la metà del nostro deficit”. Il magnate intende poi stracciare l’accordo sul clima fatto a Parigi a dicembre e fare ripartire il progetto del maxi oleodotto Keystone Xl – bloccato dall’Amministrazione Obama – per collegare i giacimenti di sabbie bituminose canadesi alle raffinerie sul Golfo del Messico.

La sua rivale Hillary Clinton ha subito bocciato la ricetta del magnate per rilanciare l’economia. Trump – ha commentato la candidata democratica – ”concede solo sgravi fiscali alle grandi aziende ed ai ricchi”, senza “aiutare l’economia”: ”Vuole liberarsi delle regole per Wall Street; e vuole eliminare l’Ufficio per la protezione dei consumatori”. Per Hillary, ”I ricchi devono pagare il giusto di tasse per favorire il cambiamento”.

Nel discorso all’Economic Club di Detroit, Trump s’impegna a ridurre le tasse alle aziende dal 35 per cento al 15 per cento: “Con il mio piano, nessuna azienda americana pagherà più del 15 per cento di tasse”. Il magnate intende anche ridurre al 10 per cento il prelievo per quelle multinazionali che ora lasciano all’estero, come in Irlanda, dove la tassazione è più favorevole (le aziende versano solo il 12,5 per cento), ingenti tesori fiscali (migliaia di miliardi di dollari, 216 solo la Apple). L’obiettivo è invogliarle a riportare a casa quei soldi.

Trump vuole pure abolire la tassa di successione, che ora è dovuta negli Usa solo per i beni ereditari di valore superiore ai 5 milioni di dollari.

Per quanto riguarda le aliquote pagate dai singoli cittadini, Trump vuole portarle da 7 a 3 e ne prevede un taglio (benché inferiore rispetto alla prima versione del suo piano fatta circolare). L’aliquota massima, al momento al 39,6 per cento, scenderebbe al 33 per cento: si passerebbe poi al 25 per cento e, infine, al 12 per cento. Il progetto iniziale prevedeva sempre tre aliquote, ma al 25 per cento, al 20 per cento e al 10 per cento. I più poveri non pagherebbero nulla.

Nonostante il magnate abbia scelto per presentare il suo programma economico toni meno esagitati del solito, contestatori l’hanno interrotto 10 volte in 20 minuti, durante il suo discorso. Alcuni l’hanno fischiato quando ha definito Hillary Clinton “una candidata del passato”, rivendicando che “la nostra campagna è il futuro”. Altri hanno disturbato l’illustrazione del piano. Tutti i contestatori sono stati accompagnati fuori dagli addetti alla sicurezza, mentre Trump, riferisce The Hill, ringraziava, sorridente, i suoi sostenitori.

UN TEAM PER IL MAGNATE DI “SUPER RICCHI”

In vista del discorso di Detroit, Trump aveva rivelato la composizione del suo team di consiglieri e consulenti per l’economia: una squadra di super ricchi per attuare la sua agenda, la ricetta per ‘fare l’America di nuovo grande’, come recita il suo slogan.

Se Hillary Clinton ha dalla sua parte Michael Bloomberg o Warren Buffett, Trump ha in squadra uomini d’affari e finanzieri parimenti miliardari, parte di quell’1 per cento della popolazione che la rivale vuole tassare di più e che lui invece vuole ‘valorizzare’ come motore dell’economia americana.

L’elenco, che riprendiamo dall’Ansa, comprende Harold Hamm, miliardario ‘fai da te’ nel settore del petrolio; Dan DiMicco, ex numero uno del gigante dell’acciaio Nucor; Steven Mnuchin, a capo di un hedge fund; Steve Roth, fondatore dell’impero immobiliare Vornad; John Paulson, che gestisce hedge fund; Tom Barrack, altro magnate del real estate.

La scelta di Trump porta nomi di alto profilo nel suo entourage. Ma alcuni osservatori ritengono che ne indebolisca l’immagine populista di un presidente pronto a salvare la classe media dal disastro.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)



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