Mehdi Khosravi, blogger e attivista per i diritti umani, di origine iraniana, dopo essere stato arrestato a Dorio, nella provincia di Lecco, nella notte a cavallo tra il 6 e il 7 agosto è stato rilasciato.
“Continuerò a lottare per difendere i diritti fondamentali dell’uomo anche a costo della vita”, si legge su Repubblica. Questa la dichiarazione del blogger, secondo quanto riferito dal suo legale.
“È vergognoso che uno Stato membro dell’Unione europea arresti un rifugiato politico perseguitato da un regime che ha ucciso molte persone in tutto il mondo. Perché il vostro governo non è intervenuto prima?”, ha proseguito Khosravi. Il blogger ha anche affermato che la polizia non gli avrebbe permesso di mettersi in contatto con l’ambasciata britannica, un avvocato o un familiare al momento dell’arresto.
Khosravi è stato costretto ad abbandonare il suo Paese di origine dopo le manifestazioni del Movimento verde, nato in seguito alle elezioni presidenziali del 2009 che consacrarono, di nuovo, la vittoria del presidente uscente Mahmoud Ahmadinejad. Il Movimento verde chiedeva le dimissioni del presidente e denunciava l’irregolarità del voto mediante cui era stato eletto. Al blogger iraniano è stato, dunque, riconosciuto lo status di rifugiato politico nel Regno Unito.
L’attivista iraniano è stato interrogato dalla V sezione penale della Corte d’Appello di Milano, presieduta da Pier Angelo Guerriero. “Il suo difensore, Nicola Canestrini, ha depositato in udienza i documenti per testimoniare lo status di rifugiato politico del suo assistito e le persecuzioni da lui subite in Iran. L’uomo è stato quindi scarcerato con il parere favorevole della procura generale”, riporta Repubblica.
“Il mio cliente è stato rilasciato intorno all’una di notte”, ha affermato l’avvocato Canestrini, aggiungendo che questi dovrebbe essere processato in Italia per le presunte accuse di corruzione e non estradato in Iran. “Vorremmo che un processo ci fosse. È nel nostro interesse ottenere una sentenza che rigetti l’estradizione e confermi, piuttosto, che l’Iran è un regime che persegue i suoi oppositori politici”, si legge su Adnkronos.
L’avvocato Canestrini, esperto in materia di estradizione, ha anche raccontato che Khosravi avrebbe tentato di togliersi la vita ingerendo una dose massiccia di psicofarmaci, dopo esser stato sottoposto a fermo. Il legale ha affermato che il suo assistito “era terrorizzato alla prospettiva di tornare in Iran”, si legge su Repubblica.
Khosravi, in arte Yashar Parsa, è stato arrestato per via del mandato di cattura internazionale, emesso nel 2009 dalla Repubblica islamica dell’Iran, che pende sulla sua testa. Giunto sul Lago di Como per trascorrere qualche giorno di vacanza, è stata la reception dell’albergo presso cui avrebbe dovuto alloggiare a inoltrare i suoi dati anagrafici alla Questura di Lecco, seguendo la prassi prevista per via dell’allarme terrorismo. A quel punto, emerso dal database dell’Interpol che Khosravi era ricercato e accusato di corruzione, è stato arrestato
Subito dopo la notizia dell’arresto, diverse le persone che si sono mobilitate in suo favore. Innanzitutto il figlio del defunto Scià Reza Pahlavi, Reza Ciro Pahlavi, che ha inviato una lettera al premier Renzi perché questi intervenisse a difesa di un uomo innocente. Se estradato in Iran, l’attivista sarebbe stato “incarcerato, torturato e condannato a morte, in qualità di oppositore del regime”, metteva in guarda Reza Pahlavi nella sua lettera”. L’erede al trono, inoltre, si era rivolto anche al ministro degli Affari esteri britannico Boris Johnson.
Appelli sono giunti anche dall’Unhcr, che ha inviato una lettera al ministero della Giustizia italiano, da Amnesty International Italia e dall’Associazione Nessuno tocchi Caino. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, ha affermato che l’Organizzazione era pronta a protestare con il ministro della Giustizia italiano Andrea Orlando, qualora Khosravi non fosse stato rilasciato.