Alla fine erano corrette le anticipazioni dei quotidiani che davano per fallito l’accordo di unire in un’unica data il Salone del libro fra Torino e Milano.
“Purtroppo dobbiamo dire con molta amarezza che la soluzione di avere un Salone unico del Libro e della lettura con due sedi, complementari fra loro, non è stata accettata. Ci sono infatti molte rigidità da una parte e dall’altra. L’Italia perde così una grande occasione”. Queste le parole del ministro Dario Franceschini all’uscita della riunione tenutasi ieri al ministero dei Beni culturali con Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione, il sindaco di Torino Chiara Appendino, l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno, il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e il presidente dell’Associazione italiana editori Federico Motta.
“L’intento del nostro governo – ha spiegato Giannini – era di rilanciare una grande operazione culturale nazionale in un Paese in cui la metà della popolazione legge meno di un libro all’anno”.
“Torino ha un problema legato ai vincoli dello spazio espositivo, il Lingotto, e diventa difficile pensare a manifestazioni di tipo diverso”, ha detto Federico Motta, aggiungendo che l’Aie è disponibile a farsi carico di tutta l’organizzazione dei due eventi eventualmente.
La proposta di una settimana fa, arrivata da Franceschini, aveva l’intento proprio di quietare quella che è soprannominata la guerra dei Saloni, ma già le prime avvisaglie che la situazione, accolta dal principio positivamente, stava volgendo verso tutt’altri lidi c’era già nei giorni scorsi.
Ieri la proposta dell’Aie è stata quella di progettare a Rho una manifestazione con la presenza degli editori e a Torino “La libreria più grande d’Italia”. Ma un Salone senza editori Torino non lo ha accettato. “MiTo” salta inesorabilmente con Milano che va avanti con i suoi editori e Torino che creerà un nuovo progetto al quale gli editori che vorranno potranno partecipare.
Ma cosa è successo la scorsa settimana che metteva sulla strada del non-dialogo Torino e Milano?
Sia Federico Motta, presidente dell’Aie, su illibraio.it sia Corrado Peraboni, ad della Fabbrica del Libro, società che si occuperà dell’organizzazione della Fiera a Milano, su La Stampa, hanno rilasciato interviste che hanno fin da subito allarmato gli editori usciti dall’Aie.
Infatti con una lettera aperta gli editori Amici del Salone, associazione nata per appoggiare la sede storica di Torino, sostengono che il SalTo possa solo ricoprire un ruolo marginale rispetto al vero e proprio evento con gli editori che si svolgerà, secondo le parole delle due figure di rilievo dell’Aie e della Fabbrica del Libro, a Milano.
“Tra l’altro viene messo l’accento sulla valenza prettamente commerciale della fiera di Rho e quindi è lecito supporre che lo smantellamento del Salone di Torino – si legge nella lettera aperta – comporterebbe la perdita di un patrimonio culturale accumulato in quasi trent’anni di storia. Un patrimonio nazionale che appartiene innanzitutto ai lettori, dunque agli italiani. Ricordiamo che 600 personalità della cultura di tutto il mondo hanno firmato un appello in difesa di questa eccellenza”.
Con queste premesse quindi i 70 editori hanno richiesto che si cominciasse a lavorare fin da subito sulla Fiera di Torino, che ha già le sue date prefissate per la trentesima edizione (18 maggio).
Alla fine dell’incontro il sindaco Appendino ha confermato che la fiera sarà al Lingotto, probabilmente con un nuovo format.
“La speranza è che se si può far sistema lo si fa, ma oltre a questo si deve anche rispettare la storia di una città che lavora da trent’anni e ha un passato che ha sempre dato valore alla filiera del libro, significa tutta la filiera. Per ora rispettiamo le scelte dei ministeri: c’è stato chiesto di fare una mediazione su tre paletti, noi abbiamo dato la nostra disponibilità, poi la scelta sarà dei ministeri”, ha concluso Appendino che ha anche raccolto l’appoggio di Beppe Grillo nei giorni scorsi su questa battaglia.
“Il mancato accordo sulla prossima edizione del Salone del Libro di Torino è una pesante sconfitta politica”. Anche la voce di Giorgio Merlo, dirigente nazionale Pd editoria e new media si è fatta sentire, secondo il quale il mancato accordo è “una pesante sconfitta politica. Una sconfitta, però, del sistema-Paese”.