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Cosa (non) ha combinato Carla Raineri con Virginia Raggi

Virginia Raggi con l'ex vicesindaco Daniele Frongia

È molto imbarazzante l’errore procedurale della sindaca di Roma, Virginia Raggi (che di suo è avvocato e dovrebbe saper maneggiare codici e pandette) nella nomina del suo capo di gabinetto, la magistrata (circoscrizione Corte di appello di Milano) Carla Raineri. Ed è particolarmente imbarazzante proprio per la nominata, Carla Raineri. Si tratta di una magistrata incaricata di svolgere una funzione (politica), capo di gabinetto, cioè garante, per la sindaca e la sua giunta, della legalità degli atti (amministrativi) adottati.

L’Autorità anticorruzione, nell’esercizio ampliato delle sue attribuzioni (cioè della tuttologia pretesa dallo stesso Raffaele Cantone o autonomamente attribuitagli come nel caso dei grillini romani) ha dichiarato che la nomina non poteva avvenire ai sensi dell’art. 110 del Tuel (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) (governo Amato 2), ma dell’art. 90 della medesima legge. Un’osservazione che avrebbe dovuto essere sollevata, al momento della nomina, proprio dalla dottoressa Raineri. Purtroppo, il diritto amministrativo è lontano mille miglia dalle esperienze professionali dei giudici ordinari civili e penali.

Infatti, l’art. 110 riguarda la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione (mediante contratto a tempo determinato). L’art. 90, invece, concerne gli uffici di supporto agli organi di direzione politica. E questo è il caso del gabinetto del sindaco.

C’è un’altra censura da fare al duo Raineri-Raggi. Entrambi gli articoli dispongono che al personale assunto con contratto a tempo determinato si applichi il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali. Quindi, la parametrazione del compenso della Raineri allo stipendio precedentemente conseguito nel servizio giudiziario è impropria e illegittima (del che si occuperà la Corte dei conti).

Quanto a Marcello Minenna – l’assessore dimissionario – c’è solo da rilevare l’anomalia di un alto funzionario della Consob (la cui autonomia, consimile a quella di cui godono i dirigenti della Banca d’Italia, è garantita da retribuzioni analoghe agli stessi) che lascia la propria funzione nell’interesse dello Stato e degli italiani per mettersi al servizio di un partito politico e, soprattutto, di una sindaca, la cui attività è vincolata da un contratto (nullo) (e la follia o la furbata è quella di firmare un contratto nullo) col quale s’è impegnata a pagare al suo medesimo partito una penale di 150 mila euro se i suoi comportamenti non sono giudicati “ortodossi” da un soviet costituito da 5 rappresentanti designati probabilmente da Beppe Grillo. Se ha seguito la Raineri, avrà avuto le sue ragioni.

Starà, ora, alla Consob attribuirgli una funzione che non lo esponga a decisioni di rilievo politico. Roma disgraziata continua a vivere le sue disgrazie.

(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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