Si è molto parlato in questi giorni degli effetti economici delle Olimpiadi e delle stime che da più parti sono state sviluppate, sia dal punto di vista dei costi finanziari, sia di quelli più ampi, sugli effetti dei giochi sul benessere della collettività. I risultati degli studi retrospettivi sulle singole esperienze dei Paesi ospitanti, che molti sostengono siano a sfavore degli eventi olimpici, sono in realtà ambigui per due ragioni concomitanti. Anzitutto, essi tendono a confondere gli impatti finanziari (compreso quelli sul bilancio pubblico) con gli impatti economici, che includono la maggior occupazione e in genere gli effetti moltiplicativi della spesa pubblica. In secondo luogo, essi sono condizionati, al pari degli studi “ex ante”, dalla selezione, essenzialmente arbitraria, di una unica situazione di base (o controfattuale) a cui si fa riferimento per paragonare i risultati economici “con” a quelli “senza” l’evento olimpico. Solo studi econometrici retrospettivi che mettano insieme dati di più Paesi possono sfuggire a questa critica perché paragonano la performance dei paesi interessati dai giochi costruendo, attraverso variabili di controllo la cui significatività statistica può essere misurata, una gamma di scenari alternativi sia nel tempo che nello spazio.
I risultati di tali studi, che sono stati sviluppati soprattutto nell’ultimo decennio, ma sono spesso trascurati nel dibattito a causa della loro maggiore tecnicità, sembrano concordi nell’affermare un’importante verità, che rischiamo di trascurare esaminando gli effetti separati dei giochi: anche se le dimensioni economiche delle Olimpiadi sono relativamente piccole rispetto alle economie dei Paesi ospitanti, gli effetti aggregati, soprattutto gli effetti macroeconomici e gli effetti sui settori di grande produzione, possono essere notevoli. Vari studi econometrici suggeriscono per esempio che le Olimpiadi hanno un impatto considerevole sulle esportazioni. Il maggior studio a questo riguardo è stato pubblicato nel 2011 nell’Economic Journal, (la rivista economica europea di maggior prestigio), da Andrew Rose e Mark Spiegel dell’Università di California, Berkeley. Lo studio presenta risultati statisticamente significativi e stabili dell’effetto positivo di mega-eventi (come, in particolare, le Olimpiadi e la Coppa del mondo) sulle esportazioni. Sorprendentemente, gli autori scoprono che anche i paesi candidati non selezionati sperimentano un simile impatto sulle loro esportazioni. Ciò suggerisce che la comunità internazionale interpreta la candidatura per le Olimpiadi come un segnale di apertura, che lancia un paese, quando annuncia la sua partecipazione nel processo di offerta, piuttosto che semplicemente come un’espressione del suo desiderio di ospitare i giochi. Questo effetto implica anche quando un paese ritira la sua candidatura, specialmente nel modo spettacolare con cui sta avvenendo nel caso di Roma, questo possa essere interpretato come un segnale di chiusura nei confronti del resto del mondo.
Un altro studio recente, pubblicato nel 2012 da due studiosi dell’Università Cinese di Hong Kong e sponsorizzato dalla International Society for Quality of Life Studies, analizza se e in quale misura, l’economia di un paese ospitante ha visto miglioramenti nei periodi post-olimpici rispetto ai periodi precedenti. Utilizzando metodi di stima econometrica su un panel dinamico, lo studio conclude che Paesi ospitanti beneficiano di un sostanziale Pil aggiuntivo per effetto di crescita del reddito pro capite (dall’1% al 3%), che comincia già da quando è stato annunciato il successo dell’offerta, rimane considerevole fino all’ottavo anno e può durare fino a sedici anni dopo l’evento. Un altro studio econometrico, pubblicato da quattro studiosi turchi (Ahmet Zeki Demir, Murat Eliöz, Mehmet Çebi and Bade Yamak) nel 2015 , condotto su un panel dei Paesi ospitanti, presenta risultati quantitativi che portano a concludere che, nonostante uno scarso effetto sul turismo, le Olimpiadi hanno effetti strutturali positivi sul Pil, contribuendo a rafforzare la crescita economica dei Paesi ospitanti e migliorando il benessere dei loro abitanti. Il risultato più interessante, tuttavia, deriva da una ricerca pubblicata nel 2015 da C. Van Ewijk dell’Università di Amsterdam, in cui è stata sviluppata una analisi econometrica di ben 40 studi retrospettivi. In questa ricerca, che tecnicamente va sotto il nome di meta-analisi, i risultati degli studi retrospettivi sono stati analizzati con metodi econometrici che tengono conto di diverse circostanze economiche e sociali che hanno caratterizzato i paesi ospitanti e gli eventi stessi. La ricerca conclude che, indipendentemente dal fatto che i singoli studi segnalino risultati incerti o negativi, quando si tiene conto dei risultati di tutti gli eventi, dei Paesi coinvolti e delle differenze di condizioni e di performance, i risultati economici delle olimpiadi tendono ad emergere come positivi con un buon grado di significatività statistica.
Per concludere, mentre le valutazioni ex post su effetti individuali sono più controverse, la più recente letteratura econometrica suggerisce che il paese ospitante può contare su una serie di vantaggi grazie all’impatto positivo sull’economia e che questi benefici continuano per diversi anni dopo che un evento olimpico ha avuto luogo. Alcuni di questi, come l’aumento delle esportazioni, sono parti dirette dell’impatto macroeconomico. Altri come turismo, benessere sociale e felicità sono più problematici, perché sono difficili da misurare e perché essi emergono come effetti differenziali, cioè come vantaggi che si vedono solo confrontando in modo statisticamente corretto le performance relative dei Paesi che hanno interpretato la parte di host Olimpici e hanno colto le opportunità offerti dai giochi al momento in modi diversi. Queste opportunità sembrano essere, in molti casi, la principale eredità delle Olimpiadi, soprattutto in termini di benefici, che dipendono fortemente dalle particolari circostanze del tempo e del luogo dove si tengono i giochi. Come opportunità, di conseguenza, essi dovrebbero essere valutati non solo in termini di valori attesi, che possono anche essere pari a zero o negativi, ma anche in termini di ” opzioni reali”, valori cioè legati ai benefici che possono essere realizzati da una gestione attenta, se le circostanze sono abbastanza favorevoli.