Ieri un grande ciclone mediatico, scatenato da slogan e immagini a dir poco infelici, ha travolto l’annuncio del Fertility Day (#fertilityday) e del Piano Nazionale per la Fertilità, trascinando nel fango anche una componente di quel piano che, invece, ci deve stare molto a cuore:
“Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati almeno 30 nuovi casi di tumore in pazienti di età inferiore ai 40 anni, pari al 3% della casistica generale (stima AIRTUM 2012), contando nel 2010 7828 nuovi casi, con netta prevalenza per il sesso femminile (4897 donne vs. 2931 uomini)….
… La possibile comparsa di sterilità o d’infertilità secondaria ai trattamenti antitumorali e il disagio psicosociale ad essa correlato sono temi di importanza crescente, in considerazione del miglioramento della prognosi nei pazienti oncologici,
… Nel caso di pazienti oncologici il desiderio di genitorialità si associa alla preoccupazione relativa alla prognosi oncologica, nonché al timore di possibili danni al feto quale conseguenza tardiva dei trattamenti antitumorali ricevuti prima del concepimento.
… Le principali tecniche di preservazione della fertilità attualmente esistenti in Italia per le giovani pazienti che devono sottoporsi a trattamenti antitumorali sono rappresentate da: criopreservazione di tessuto ovarico, criopreservazione degli ovociti, soppressione gonadica con analogo LH-RH, chirurgia conservativa e trasposizione ovarica. Come per tutte le cellule e tessuti di origine umana ad uso clinico, queste tecniche possono effettuarsi solamente in presenza di indicazioni mediche.
… L’Equipe Medica multidisciplinare del Centro di Oncofertilità (andrologo, ginecologo, oncologo, endocrinologo, ematologo, psicologo) deve possedere le competenze che gli permettano di stimare la prognosi oncologica per la malattia di base, il rischio di infertilità per ciascun trattamento e valutare quando tale rischio risulti sufficientemente elevato da dover ricorrere alla conservazione dei gameti prima dell’inizio delle terapie.
… Considerato il grado elevato di specializzazione di una siffatta struttura, è necessario individuare o istituire ex-novo un numero limitato distribuito geograficamente di Centri di Oncofertilità che rispondano a questi requisiti e che forniscano ai pazienti una risposta terapeutica esaustiva senza costringerli a peregrinazioni sanitarie alla ricerca delle diverse competenze.
… Si tratta quindi di pianificare la nascita un servizio sanitario che non sia meramente un centro di fecondazione assistita o un centro oncologico o una banca del seme bensì un nuovo soggetto con tutti questi contenuti e la capacità di dialogo terapeutico interno. Ovviamente è necessario in primis educare e formare i professionisti destinati ad interagire in modo del tutto innovativo.”
Non è un tema nuovo.
- Tiziana Moriconi su SaluteSeno.it ne tratta ampiamente in un dossier dal titolo “Aver un figlio dopo il tumore”, che vi invito a leggere.
- L’Istituto Superiore di Sanità ed AIMaC hanno pubblicato recentemente un opuscolo dettagliato e completosull’argomento
- Esiste un Registro Nazionale dei centria cui ci si può rivolgere per la procreazione assistita, che si occupano anche della crioconservazione dei tessuti
- Lo stesso Piano Nazionale per la fertilità recita: “Oggi non è più possibile dire “non ci ho pensato”. Le tecniche di crioconservazione di ovociti, embrioni e tessuto ovarico hanno raggiunto livelli di efficienza impensabili fino a qualche anno fa. Diventa quindi prioritario che i centri che si occupano di oncologia dell’età fertile abbiano un referente che organizzi un percorso specifico per ciascuna paziente a seconda dell’età, della patologia e delle cure oncologiche previste. D’altra parte, i medici e i chirurghi oncologi devono conoscere la possibilità di riferire le pazienti per un counselling dedicato, con un rapido accesso allo specialista in medicina della riproduzione” e mette in programmauna tavola rotonda.
Allora, mi chiedo, perché tutte le volte che una donna riesce a diventare madre dopo la diagnosi di tumore e le cure, si grida al miracolo?
E perché, nelle conclusioni, lo stesso piano nazionale per la fertilità non va oltre uno striminzito: “team di specialisti possono fare il giusto counselling e proporre la giusta tecnica di preservazione della fertilità nei casi specifici” senza alcun cenno ulteriore alla costruzione di centri specializzati?
Forse perché, in un contesto in cui le risorse del Servizio Sanitario Nazionale sono sempre più contenute, è difficile superare la logica degli annunci ad effetto e programmare consapevolmente un futuro di sanità e salute universalistica.
A noi dunque il compito di aggiungere anche questa alle nostre battaglie per la qualità delle cure e la qualità della vita.