Come i nazisti nel secolo scorso, oggi anche i cinesi sono alla ricerca del loro spazio vitale. Fortunatamente, invece di espandersi ai danni dei territori confinanti, la Cina ha scelto una via balneare all’espansione del comunismo. Ma questa strategia rischia di sbilanciare il già precario equilibrio di potere nel continente asiatico.
Continuano i lavori di dragaggio e costruzione nel Mar Cinese Meridionale. Imponenti mezzi anfibi battenti bandiera rossa con le cinque stelle stanno dragando barriere coralline sottomarine, versando cemento e creando numerose isole artificiali con l’obiettivo di annettersi l’intero Mare Cinese Meridionale. L’obiettivo è di arrivare a ridosso delle coste del Vietnam a Ovest, della Malesia a Sud e delle Filippine a Est.
Fin dal 1947, la Cina ha continuamente dichiarato la propria sovranità indisputabile su quelle acque e non si è risparmiata ogni possibile azione diplomatica per affermare il proprio diritto a tracciare ufficialmente sulla carta geografica la “Nine Dash Line” una linea tratteggiata costituita da nove segni che indicherebbero il confine fra le acque territoriali dei paesi circonvicini e i 3.500.000 km2 dell’intero Mare Cinese Meridionale; lasciando un margine – rispettivamente – di 50, 24 e 35 miglia nautiche fra le acque rivendicate dalla Cina e le coste di Vietnam, Malesia e Filippine.
Nonostante la condanna legale di queste pretese da parte della Corte Arbitrale Permanente di Hague, la reazione delle altre nazioni è stata, fino ad ora, esclusivamente vocale. Diversi analisti americani hanno spesso invitato a trascurare il problema perché ininfluente su scala geopolitica. Ad esempio un recente studio dell’istituto di ricerca RAND conclude: “Queste installazioni artificiali possono ospitare batterie di missili terra-aria e aerei da combattimento … ma non è probabile che diano un contributo significativo a operazioni militari dopo le prime ore di un conflitto”. Da parte loro, i militari restano convinti che, nell’era degli attacchi chirurgici, qualsiasi bersaglio fisso possa essere facilmente distrutto. Intanto, i governi occidentali la pensano come i loro predecessori quando decisero di non reagire alle annessioni del 1938-1939 convinti che Hitler – una volta conclusa l’Anschluss – si sarebbe accontentato…
Il presidente Xi ha recentemente garantito che la Cina non intende militarizzare le isole artificiali, ma l’osservazione delle immagini satellitari lascia qualche dubbio. Consideriamo Fiery Cross, Subi Reef e Mischief Reef, le tre isole artificiali di maggiori dimensioni, tutte sorte nell’arcipelago delle Isole Spratly. Sono dotate ciascuna di un aeroporto con una pista da 3000 m, almeno un porto in grado di ospitare navi di grande tonnellaggio, almeno 24 hangar fortificati destinati ad aerei da caccia, bombardieri, aerei cisterna e unità leggere da ricognizione. Ma, oltre ai bunker, non mancano le comodità: in ciascuna ci sono piste per la corsa sui 400 m, campi da tennis e da basket, caserme, edifici per i quartier generali, officine e magazzini. La Cina ha già dichiarato che sta studiando la costruzione di impianti nucleari trasportabili in grado di fornire alle isole energia praticamente illimitata. Secondo i calcoli ciascuna è in grado di ospitare un reggimento di cacciabombardieri completo di tutte le unità di supporto operativo e logistico necessarie a renderlo indipendente.
Messe da parte le ipotesi pacifiste, cerchiamo di capire perché la Cina ha affrontato le enormi spese connesse con la costruzione di queste tre grosse aerobasi. Anche prima dell’inizio delle operazioni di costruzione, i cinesi avevano tutto il potenziale bellico necessario per contrastare efficacemente i loro avversari nella regione grazie a flotte di superficie, portaerei o aerei a lungo raggio in decollo da basi continentali. Se la Cina avesse costruito una sola base avanzata di modeste dimensioni, avrebbe avuto un ulteriore margine per risolvere in suo favore le rivalità con i vicini di casa. Invece ha costruito una miriade di isole artificiali e ben tre grandi aerobasi in grado di ospitare tre reggimenti di cacciabombardieri, equivalenti ad una divisione per un totale di circa 17000 unità fra piloti, avieri e marò.
L’unico motivo perché la costruzione delle isole artificiali abbia un senso è il dispiegamento su queste basi di sistemi d’arma A2/AD (anti access / area denial): una combinazione di missili terra-aria HQ-9, missili da crociera antinave YJ-62 e cacciabombardieri J-II cui si aggiungono missili cruise CJ-10 e missili balistici DF-21C destinati a colpire obiettivi sulla terraferma. In questo modo i cinesi saranno in grado di difendere le loro infrastrutture da attacchi avversari ma soprattutto di coprire tutto il Mare Cinese Meridionale.
Inoltre, da queste basi, i missili balistici DF-21C e i cruise CJ-10 arriveranno a poter colpire anche Malesia, Filippine e Indonesia, in particolare le basi ed istallazioni americane sparse in tutte le Filippine e fino a Singapore. Basi che fino ad oggi erano al sicuro da quei sistemi d’arma. Infine, i Mari di Celebes e di Sulu, dove ora le portaerei americane possono sentirsi al sicuro, sarebbero raggiungibili grazie ai 1700 km di autonomia di quei sistemi d’arma.
Intanto, i satelliti mostrano che frenetiche attività di costruzione e ampliamento si stanno svolgendo anche nella base sull’isola di Scarborough Shoal, che la Cina ha sottratto alle Filippine nel 2012.
Non si deve dimenticare che i sistemi A2/AD cinesi sono autotrasportabili e che ciascun reggimento, completo di armi, rifornimenti, lanciatori e personale può essere facilmente spostato in una sola notte da una sola grossa nave logistica, a sua volta perfettamente in grado di approdare nelle acque profonde dei porti di queste isole artificiali.
Quello che è lontano da noi ci appare piccolo, ma non possiamo dimenticare che, ad esempio, l’isola di Subi Reef potrebbe contenere dieci città della grandezza di Napoli, l’isola Mischief Reef potrebbe contenere due città di Roma, e che Fiery Cross sembra una replica perfetta della base aerea di Suixi, sede della Seconda divisione Caccia, Sesto reggimento aereo, dotato di caccia Sukhoi Su-27 e Shenyang J11.
In isole così vaste, non sarebbe banale individuare e distruggere sistemi d’arma mobili, soprattutto se saranno ben difese. I fiduciosi militari occidentali dovrebbero rileggersi i dati acquisiti nella Guerra del Golfo: in condizioni di totale superiorità aerea, nei 42 casi in cui i satelliti USA sono stati in grado di individuare i lanciatori mobili di missili di Saddam, solo 8 volte sono riusciti a far acquisire i bersagli dai bombardieri.
In conclusione, con un grande e deciso dispiegamento bellico è possibile che le isole artificiali cinesi nel Mare Cinese Meridionale possano effettivamente essere neutralizzate. Resta da chiedersi se gli americani sceglieranno di ampliare una futura scaramuccia locale fino a guerra globale o no. L’analista Crispin Rovere ha ricordato che mentre gli americani sono bravi nell’azzardo del poker, i cinesi sono maestri nel gioco del Go: il loro tradizionale gioco di posizione…