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M5S rifletta sui guai del giustizialismo che ha vellicato. La sberla di Enrico Mentana ai grillini

Non si può che dire che Enrico Mentana sia un anti grillino. Chi vede i tg de La 7 e gli speciali condotti dal direttore dei telegiornali della tv di Urbano Cairo può da anni constatare come non sono mai stati prevalenti atteggiamenti prevenuti contro il Movimento 5 Stelle fondato da Gianroberto Casaleggio e da Beppe Grillo. Anzi, si ricordano anche le interviste esclusive concesse da Grillo a Mentana e gli inviati del telegiornale di La 7, così come da tempo sono innumerevoli le presenze tv di esponenti non solo di spicco del Movimento grillino.

Proprio per questo il post che stamattina Mentana ha pubblicato sul suo profilo Facebook dovrebbe far riflettere i massimi vertici del movimento oltre che i militanti dopo quello che sta avvenendo nella giunta retta dal sindaco di Roma Virginia Raggi. Ecco il post completo di Enrico Mentana:

Per un garantista, per chi non alimenta il culto del sospetto, o il metodo della dietrologia, la duplice vicenda che tocca la giunta Raggi non esisterebbe proprio.

Non ci sarebbe nessun problema nel fatto che un magistrato sia stato consigliato come assessore al bilancio dallo stesso avvocato nel cui studio legale lavorava la Raggi prima di diventare sindaco.

L’avvocato Sammarco è fratello del penalista che difese Previti? Per un garantista anche il fratello di Jack lo Squartatore è persona perbene fino a prova del contrario, figuriamoci in questo caso, in cui la macchia del fratello penalista è avere avuto un cliente ingombrante: ci sono giudici costituzionali che hanno difeso clienti finiti all’ergastolo.

Così per il caso Muraro: l’assessore all’ambiente risulta iscritta nel registro degli indagati? Non è neppure l’anticamera di un avviso di garanzia, che a sua volta sarebbe solo uno strumento a tutela del cittadino sotto indagine, ancora lontano mille miglia giudiziarie da una sentenza. Le questioni di opportunità per un amministratore cominciano a affacciarsi solo con un eventuale rinvio a giudizio, pensa ogni garantista.

Ma il problema è proprio qui: che il movimento 5 stelle non è mai stato garantista, anzi: in passato ha sempre denunciato politicamente ogni vicinanza chiacchierata, ogni commistione, ogni atto giudiziario subito da suoi avversari. I suoi esponenti di punta hanno sistematicamente chiesto le dimissioni di politici e amministratori raggiunti da avvisi di garanzia, o perfino solo parenti di indagati.

Per questo la duplice vicenda è invece spinosa, molto. Perché ora il m5s è a un bivio: essere coerente con quanto predicato fin qui, col rischio concreto di rottamare da solo la sua prima grande esperienza di governo a Roma, come un ispettore Clouseau che dichiara in arresto se stesso; oppure riflettere in modo molto serio – e fatalmente autocritico – sui guasti del giustizialismo cieco. L’onestà non si impone con le manette o le dimissioni forzate, ma col rispetto della legge, che contempla anche i diritti e, appunto, le garanzie. Una inversione a U? Magari una maturazione: in cui potrebbe rivelarsi preziosa proprio la Raggi, con la sua esperienza legale. Fatta dove, non importa.


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