Si riparla del Ponte sullo Stretto di Messina e riaffiorano i vecchi odi e i soliti pregiudizi. Probabilmente è una delle tante chiacchiere a cui il premier ci ha abituato. Che ne avesse accennato nel suo discorso all’Impregilo (captatio benevolentiae?) me ne ha parlato un taxista mentre mi riportava a casa. Era molto fiero di suo fratello che lavorava a Londra e che, quando tornava in Italia, attraversava il Canale sotto La Manica, su di un treno veloce dove caricava anche l’automobile. La Danimarca e la Svezia sono unite da un Ponte. E di manufatti di questo tipo è disseminato il mondo da tempi immemorabili. Non ho mai capito perché si possa andare in Sicilia, attraversando lo Stretto, soltanto in traghetto. O a nuoto, come Beppe Grillo.
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Ecco che cosa abbiamo trovato, viaggiando su Internet, a questo proposito: “Il ponte, lungo 16 chilometri, è costituito da due piani: su quello superiore viaggiano le automobili e gli altri automezzi, su quello inferiore i treni. La strada, che per 5.35 km si trova in territorio svedese, conduce fino all’isola artificiale di Peberholm, un territorio della lunghezza di 4.05 km, che è diventato una riserva naturale. La lungimiranza dei due popoli nordici, infatti, ha lasciato che le specie vegetali e animali vi crescessero liberamente e ora l’isola è un luogo d’osservazione privilegiato per diverse qualità di uccelli e per il rospo verde. Da Peberholm in poi, il ponte prosegue come tunnel sotterraneo, formato da due corsie parallele, affiancate da una corsia d’emergenza, e lungo altri quattro chilometri. Riemerge in superficie all’altezza dell’aeroporto Kastrup di Copenhagen. In questo modo, il prodigio dell’architettura unisce Svezia e Danimarca e garantisce loro un contatto diretto con il resto del mondo. Oggi oltre tre milioni e mezzo di persone circolano sul ponte, passando velocemente e in sicurezza da un Paese all’altro’’.
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Buon compleanno presidente Berlusconi. La blandiranno affermando in coro che la vita comincia ad 80 anni. Non è vero. Non lo creda. Glielo ricorda uno come me che di anni ne ha 75. Alla nostra età è meglio dire, come il vecchio Simeone quando incontra Gesù al Tempio: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele’’.
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Carlo De Benedetti, in un’intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, ha preconizzato che una nuova grave crisi economica metterà in pericolo le democrazie. Ha ragione. La storia non si ripete, è vero, ma è interessante leggere il seguente brano: ‘’La crisi del regime! Ecco: il discorso si chiude come un circolo al punto in cui era incominciato. La crisi, la febbre, la irrequietudine, le masse agitate, l’impotenza degli ordinamenti economici a nutrire gli uomini e dei Governi a fare la pace: lo sfacelo!’’. Sono parole tratte dal discorso del deputato Claudio Treves (socialista riformista) pronunciato, il 30 novembre 1920, alla Camera. Poco più di due anni dopo ci fu la Marcia su Roma.
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Claudio Treves, nel 1915, aveva sfidato a duello Benito Mussolini (ancora socialista massimalista) e lo aveva ferito all’orecchio in uno scontro alla sciabola durato ben 25 minuti, poi interrotto dai padrini.