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Perché preferisco Luca Zaia a Matteo Salvini

LUCA ZAIA

In un articolo sul Corriere della Sera (Libro anti Italia, il Veneto lo promuove) Gian Antonio Stella stigmatizza – da par suo – la ‘’bella pensata’’ della Regione Veneto di festeggiare la ricorrenza dei 150 anni del plebiscito del 1866 (che sancì l’unione all’Italia con una ‘’valanga’’ di voti favorevoli) distribuendo, con soldi pubblici, alle biblioteche il libro ‘’1866, La Grande Truffa’’ di Ettore Beggiato, esponente dei vari movimenti leghisti veneti. Stella ricorda, puntigliosamente, il contributo (anche di sangue) di tanti patrioti veneti al Risorgimento. Lo stesso avrebbe potuto fare con i tanti bergamaschi, bresciani e, in generale, lombardi che seguirono Giuseppe Garibaldi nell’impresa dei Mille nel 1860. Ma che il plebiscito sia stato in qualche modo “orientato’’ è testimoniato da studi storici imparziali, oltreché da pagine memorabili di romanzi di grandi scrittori (ci limitiamo a citare ‘’Il gattopardo’’). Il fatto, poi, che siano trascorsi più di 150 anni dall’unità d’Italia dovrebbe consentirci di considerare con maggiore freddezza ed obiettività episodi, circostanze, pagine di storia che non costituiscono una marcia trionfale dei buoni e dei giusti contro i cattivi e i tiranni. A parte la dolorosa vicenda della repressione (di attitudine coloniale) del c.d. brigantaggio o il trattamento da traditori della patria a cui vennero sottoposti i soldati degli eserciti regolari degli Stati incorporati nel Regno d’Italia, è sufficiente ricordare che Garibaldi ‘’fu ferito in una gamba’’ dal piombo dei bersaglieri, che Cavour diceva di Giuseppe Mazzini (l’Apostolo delle genti, morto sotto falso nome, a Pisa, dodici anni dopo l’Unità): ‘’Se lo prendo, lo faccio impiccare’’.

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Per concludere, meglio i leghisti come Luca Zaia che, con la sua aria da ballerino di tango, manifesta tuttora nostalgie separatiste, che quelli come Matteo Salvini che trasformerebbero l’Italia in una galera, in nome di una sovranità nazionale che – parafrasando quanto Samuel Johnson diceva del patriottismo –  “è l’ultimo rifugio della canaglia’’.

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Virginia Raggi ha fatto due affermazioni molto gravi, quando ha ammesso che delle questioni della Giunta aveva informato i “suoi superiori’’ e quando ha aggiunto che ai lei basta il sostegno di Grillo. Dove sono finiti i cittadini romani che l’hanno eletta?

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Massimo D’Alema ricorda polemicamente che, a Roma, il Pd è stato votato nei quartieri alti, mentre ha clamorosamente perso in periferia. E’ vero. Immaginate però le soddisfazioni che si prenderanno i ‘’pariolini’’ quando potranno andare in giro nei centri popolari brandendo cartelli con il ritratto della Raggi e la scritta: “Noi non l’abbiamo votata’’. Oppure ‘’L’avete voluta voi’’.

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