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Petrolio, cosa faranno Iran, Arabia e Russia alla prossima riunione Opec

Lo scetticismo degli analisti sull’esito degli incontri informali dell’Opec a fine settembre, che ha già spinto al ribasso le quotazioni del petrolio, sembra essere confermata dalle ultime dichiarazioni del ministro dell’energia saudita: un congelamento della produzione sarebbe positivo, ma il cartello non deciderà alcun taglio della produzione. Khalid Al-Falih lo ha ribadito in un’intervista rilasciata dopo il G-20 di Hangzhou: non vede al momento l’urgenza di limitare l’output, perché domanda e offerta “torneranno più o meno in equilibrio quest’anno”. Certo, “una decisione coordinata, appropriata e collettiva aiuterebbe il riequilibrio”, ha aggiunto, e la Russia sembra pronta a fare la sua parte perché proprio al G-20 ieri ha annunciato un accordo con l’Arabia Saudita per stabilizzare i mercati del greggio. Ma gli investitori si sono mostrati scettici perché sauditi e russi non hanno specificato in che modo opereranno insieme.

“NESSUN INTERVENTO RILEVANTE”

La possibilità di un’intesa nel corso della riunione informale del cartello che si terrà il 26-28 settembre ad Algeri in occasione dell’International Energy Forum è stata definita “altamente improbabile” da Morgan Stanley. Il comunicato congiunto diffuso ieri sera da Arabia Saudita e Russia sembra confermare che ci saranno colloqui tra i produttori Opec, non a margine del Forum; è previsto poi un gruppo di lavoro bilaterale russo-saudita in ottobre.

Tuttavia Riad ha già respinto la proposta di alcuni dei membri Opec di congelare l’output al meeting di aprile a Doha e finora il ministro dell’Energia saudita Al-Falih si è detto disposto ad “ascoltare tutti i nostri colleghi e tutto ciò che vorranno proporre”, ma non crede “che sia necessario un intervento di qualche rilevanza. Certamente io non sosterrò un taglio della produzione”.

Tutti i produttori sembrano concordare sul fatto che occorre “gestire” la produzione di petrolio visto che le forze di mercato non sono sufficienti a correggere i prezzi, come ha indicato il segretario generale dell’Opec Mohammed Barkindo. Ma Al-Falih ha messo in chiaro che il congelamento, benché gradito, non sarà proposto. Gli investitori reagiscono immediatamente a questi annunci: la notizia dell’incontro Opec ha fatto salire le quotazioni del petrolio, così come l’accordo tra Mosca e Riad; i chiarimenti di Al-Falih e lo scetticismo sul “come” Russia e Arabia Saudita potranno intervenire insieme hanno rimandato i prezzi sotto i 50 dollari al barile.

GLI OBIETTIVI DI TEHERAN

A fare da ago della bilancia ad Algeri sarà dunque più probabilmente l’Iran, ex secondo maggior esportatore mondiale di petrolio, desideroso di riguadagnarsi la posizione perduta con le sanzioni internazionali del 2012. Anche Teheran ha messo in chiaro la sua posizione: si unirà a settembre all’incontro dei produttori Opec ad Algeri (non aveva partecipato ad aprile a Doha e l’Arabia Saudita aveva allora negato ogni possibilità di tagli dicendo che per qualunque accordo avrebbe atteso la presenza degli iraniani), ma non metterà alcun tetto alla sua produzione finché non ritornerà ai livelli di output precedenti alle sanzioni.

La produzione dell’Iran è salita a 3,85 milioni di barili al giorno da gennaio, secondo quanto riferito dal ministro del Petrolio Bijan Zanganeh. Teheran è favorevole ad azioni eventuali per stabilizzare il mercato, ma non parteciperà a nessun congelamento dell’output perché l’obiettivo è di tornare a 4 milioni di barili al giorno per fine anno. L’Iran coopererà con gli altri membri Opec solo se gli altri colleghi esportatori riconosceranno il diritto di Tehran a riguadagnare il market share perso (e di cui avrebbe già recuperato l’80%). Sono i produttori che hanno destabilizzato i mercati petroliferi a doversi assumere le responsabilità oggi, ha detto Zanganeh (senza fare i nomi di questi paesi). Zanganeh ha anche annunciato che si incontrerà col segretario generale Opec Mohammed Barkindo “presto”.

OPEC A PIENA CAPACITA’

Bloomberg riferisce che l’Opec ha aumentato l’output a 33,2 milioni di barili al giorno a luglio. La capacità totale del gruppo è di 36,9 milioni, la maggior parte in Arabia Saudita, il più grande esportatore petrolifero del mondo. L’Opec nel suo complesso ha aumentato la produzione portandola a livelli record dopo aver adottato nel 2014 la decisione, spinta dall’Arabia Saudita, di proteggere lo share di mercato globale del gruppo immettendo più petrolio sui mercati (e creando difficoltà per i concorrenti che hanno costi più alti).

Sul congelamento eventuale della produzione Al-Falih ha detto: “C’è un congelamento ufficiale, e uno pratico. Oggi, se lo vediamo dal punto di vista pratico, molti paesi sono a piena capacità. Lo spazio per far crescere l’output è limitato, nel breve-medio termine (…) Un congelamento significherebbe che tutti sono soddisfatti delle attuali condizioni di mercato”.

NIENTE IRAN, NIENTE ACCORDO

Secondo gli analisti, i disaccordi al’interno dell’Opec, in particolare proprio tra i due paesi chiave Arabia Saudita e Iran, faranno sì che l’incontro di settembre si concluderà con un nulla di fatto. Suhail Al Mazrouei, ministro dell’Energia degli Emirati Arabi Uniti, ha ribadito che le decisioni Opec devono essere unanimi.

“L’Iran è fondamentale per l’accordo sul congelamento dell’output”, sottolineanno in una nota gli analisti di Barclays. L’Iran però preme per aumentare l’output e un congelamento non è probabile; anche se sarà deciso un congelamento, “sarà difficile che sia rispettato”. “Senza consenso dell’Iran, niente accordo”, sintetizza Robin Mills, chief executive officer della società di consulenza di Dubai Qamar Energy.

Tuttavia per Barclays domanda e offerta sui mercati del greggio si stanno già riequilibrando e i prezzi torneranno a 50 dollari al barile nell’ultimo trimestre. Più cauto l’analista del mercato commodity di Reuters, Wang Tao: nel breve termine il barile si assesterà sui 48,5 dollari.

L’INCOGNITA IRAQ

Nell’equazione va calcolato anche il ruolo dell’Iraq, che ha aumentato l’export dai porti del sud  fino a 3,2 milioni di barili al giorno in media ad agosto, superando i livelli di luglio, secondo fonti ufficiali della South Oil Company. L’Iraq ha chiesto alle aziende petrolifere straniere attive nel paese di impegnarsi a continuare a espandere la produzione nel sud; intanto è ripresa la produzione dai giacimenti settentrionali di Kirkuk, con 150.000 barili al giorno che saranno esportati tramite un oleodotto controllato dal governo regionale autonomo del Kurdistan. Al tempo stesso, il primo ministro iracheno Haider al-Abadi sostiene di essere favorevole al congelamento dell’output da parte dell’Opec: ad Algeri voterà sì per aiutare la ripresa dei prezzi (o fare uno sgambetto all’Iran?).



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