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Si farà davvero (e come) la Difesa comune europea?

Nei prossimi giorni – il 26 e 27 settembre – i ministri della Difesa dei Paesi Ue si riuniranno informalmente a Bratislava per discutere, tra l’altro (ma sarà questo il piatto forte), della “… possibilità di unire le loro capacità nel settore di pertinenza”. Vertice importante, quindi, tanto che in testa nell’elenco degli invitati sembra ci sia Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato.

Ma se è così importante, allora perché questo vertice è “informale”? Semplicemente, perché i ministri della Difesa dell’Unione, a differenza dei loro colleghi degli Esteri, degli Interni, delle Finanze, ecc., non dispongono di un organismo istituzionale in cui riunirsi, discutere e decidere. Una spiegazione ci viene da Michele Nones, su AffarInternazionali online: “Essendo nata dopo la Seconda Guerra mondiale col preciso scopo di impedire nuovi conflitti, nel Dna dell’Unione Europea è stato inserito un anticorpo nei confronti di ogni attività militare”. A maggior ragione, quindi, un vertice così specificamente dedicato va giudicato importante.

L’intervista rilasciata dal ministro Roberta Pinotti al corrispondente romano de La Stampa Francesco Grignetti (ma riportata integralmente anche dal giornale “di casa” Il Secolo XIX) va inquadrata, appunto, in questo contesto. Nessun elemento di novità rispetto ad altre interviste rilasciate nelle settimane precedenti circa la cosiddetta Schengen della Difesa. Tuttavia, ci viene offerto uno spunto per ricordare le principali linee guida proposte dall’Italia quale contributo di pensiero ad un futuro piano per la Difesa europea.

E’ presto detto. Primo: nessuno si immagina di smontare gli eserciti nazionali per crearne uno sovranazionale. Secondo: occorre creare non un esercito europeo, ma una difesa europea. Terzo: realizzare un meccanismo politico e istituzionale dove si identificano le missioni europee e chi le attiva. Quarto: maggior ruolo dei 27 ministri della Difesa. Quinto: creare un livello tecnico di coordinamento che sovraintenda all’impiego dei battlegroups già esistenti, ma mai attivati. Sesto: finanziamento di queste forze con fondi Ue. Settimo: non denazionalizzare capacità già singolarmente acquisite, ma iniziare dalle nuove esigenze (es: cyber-security). Settimo: razionalizzare l’industria per la Difesa, oggi eccessivamente dispersiva e ridondante tra gli Stati membri.

Così riassunti, questi sette obiettivi – dai quali a cascata ne possono derivare molti altri – sembrano più che condivisibili. Si tratta, al momento, di lanciare una fase di studio per un assetto, futuro ma non troppo, di una nuova difesa europea. Ben coordinata anche con le attività della Nato, che continuerà a detenere alcune capacità economicamente non sostituibili. Nella realizzazione di ciascun obiettivo già si possono intravedere, sin d’ora, un certo numero di difficoltà. Ad alcune di queste abbiamo già avuto modo di fare cenno proprio su Formiche.net, qualche giorno orsono.

Difficoltà che nessuno disconosce, ma è necessario partire – considerati i precedenti alquanto scoraggianti – con un nuovo approccio positivo. Nell’intervista, il ministro dice: “E’ importantissimo che il tema della Difesa comune sia uscito dai convegni e ne comincino a discutere i Governi. Il percorso è avviato”. Vero, è già un successo. Fare in modo che quest’Unione così riluttante, senza ancora alcuna parvenza di unità politica in grado di concretizzare i principi universali su cui è fondata, sarà certamente un merito per chi ci riuscirà, e l’Italia ci sta provando.

Appare evidente, e qualcuno in Europa potrebbe anche arricciare il naso, come ci sia una certa complementarietà tra la proposta che avanzerà lunedì e martedì a Bratislava il nostro ministro e la “Strategia Globale dell’Unione Europea (Eugs) per una politica estera e di sicurezza comun” già presentata dall’alto Rappresentante Federica Mogherini lo scorso 28 giugno al Consiglio Europeo.

E’ stato l’ultimo con la Gran Bretagna ancora presente. A Bratislava, ovviamente non ci sarà. Gli altri 27 accetteranno la sfida? Sarà una cartina di tornasole per vedere se la causa del perpetuo affossamento della discussione su Sicurezza e Difesa sia, come sempre si dice, davvero da imputarsi sempre e solo agli Alleati d’oltremanica.


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