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Ecco come la spesa pubblica ha salvato la Germania

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Nel 1946, il reddito pro-capite tedesco era pari al 36% di quello britannico e al 60% di quello francese. Nel 1959, la Germania acciuffa la Francia e nel 1970 gli inglesi. Questo miracolo renano si ottenne con una crescita media del 7,5% negli anni ’50.

In un interessante lavoro storico-empirico, Gregori Galofré-Vilà, Martin McKee, Christopher M. Meissner e David Stuckler, economisti presso la Oxford University, la University of California Davis e la London School of Hygiene & Tropical Medicine sostengono che questa performance sia anche dovuta alla generosissima riduzione del debito estero tedesco accordato dagli alleati vincitori della seconda guerra mondiale, sancito nel 1953 dalla firma del London Debt Agreement. Una riduzione enorme del debito, del 22% del PIL tedesco, con in più un tetto al pagamento degli interessi sul rimanente debito legato alla performance dell’economia tedesca, non potendo superare questo il 3% delle esportazioni della Germania.

In particolare gli autori attribuiscono un ruolo fondamentale alla disponibilità, proveniente dalla cancellazione del debito, di maggiori risorse pubbliche da utilizzare per sostenere la ripresa dell’economia.

La loro analisi empirica mostra come il “dividendo del debito” venne utilizzato per accelerare – a partire dal 1953 – l’aumento di tutte le categorie di spesa sociale: l’aumento più significativo avvenne nella spesa sanitaria, seguito da istruzione e da sviluppo economico (le infrastrutture e le costruzioni avevano già beneficiato dei fondi precedenti del piano Marshall).

Il grafico è chiarissimo al riguardo:

I 4 economisti si lanciano poi in un (non troppo ardito) paragone con la realtà odierna rispetto alle politiche del debito di alcuni paesi dell’Unione europea più colpiti dalla recente crisi. Ecco tradotte le loro perplesse ma decise conclusioni: “è chiaro che (negli anni 50) questa riduzione del debito fu enfaticamente disegnata per aiutare la Germania a crescere, sempre dando priorità alla salute dell’economia tedesca rispetto al rimborso del debito. Ciò comportò sacrifici significativi dei creditori… ma anche l’attuazione di meccanismi per evitare la stagnazione della Germania a causa del rimborso del debito. In tal senso colpisce il contrasto con le recenti e attuali politiche rispetto ai paesi del Sud dell’eurozona. Possiamo accettare l’idea che le motivazioni di politica estera della Germania e di altri paesi europei oggi sono molto diverse da quelle statunitensi con gli alleati negli anni 50, ma rimane il fatto che il programma disegnato per assestare le finanze dei paesi dell’eurozona altamente indebitati hanno avuto un obiettivo decisamente diverso, uno che ha dato priorità al rimborso del debito e alle riforme economiche (tramite misure di austerità) rispetto alla ripresa delle economie colpite dalla crisi. Rivisitando l’accordo di Londra del 1953 ed i suoi effetti possiamo avere un’immagine molto più chiara delle politiche (compresi obiettivi e motivazioni) che sono state sviluppate per prevenire la crisi finanziaria dell’eurozona”.

E’ vero. Il paragone con allora rende più chiara la dimensione del nostro baratro morale. Nell’accordo di Londra si legge che la sua filosofia fu quella di “contribuire allo sviluppo di una prospera comunità di nazioni”, tramite (mostrano i risultati) la possibilità di sfruttare il sacrificio dei creditori per la ripresa del benessere dei debitori, grazie all’aumento di spesa sociale (e infrastrutturale).

L’Europa di oggi ha negato in tutti modi un ruolo alla spesa pubblica perché ha rifiutato di voler diventare una prospera Comunità (con la C maiuscola) di nazioni. Ecco l’unico punto in comune con l’esito degli accordi di Londra: anche oggi abbiamo raggiunto i nostri obiettivi. Peccato siano stati perversi e non solidali.



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