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Tutte le sinergie militari fra Iran e Russia in Siria

“Ritengo importante questa collaborazione militare che si svolge per contrastare la minaccia terroristica”, ha detto mercoledì il consigliere anziano del Consiglio presidenziale iraniano Ali Younesi. Ed è un segnale evidente, sottolineato dai media russi, che Teheran può essere interessato a far usare a Mosca il proprio territorio come punto di lancio per i raid siriani; sullo sfondo una collaborazione più ampia, con l’Iran che potrebbe essere interessato a sfruttare la partnership con la Russia per avere voce in capitolo sul processo politico che – in un futuro ignoto – coinvolgerà la Siria. La strategia è cercare una penetrazione nel Mediterraneo, ma gli obiettivi tra i due paesi non sono così sovrapponibili.

GLI INTERESSI RUSSI

La necessità di usare la base iraniana di Shahid Nozeh, vicino ad Hamadan, nell’Iran nord-occidentale, è allo stesso tempo logistica, tattica ed economica per Mosca. La Russia per colpire in Siria ha usato prima la base caucasica di Mozdok, da cui i caccia devono compiere 2000 chilometri di volo prima di raggiungere gli obiettivi: da Hamadan la distanza si riduce a 900, e questo significa che i velivoli guadagnano in efficienza, potendo trasportare maggior carico di ordigni, e le casse russe risparmiano la metà del carburante. Più vicina è certamente la base di Hmeimim, che si trova a sud-est di Latakia, la città siriana sulla costa mediterranea culla ancestrale della minoranza alawita, la tribù del presidente Bashar el Assad. La Russia ha deciso di trasformarla in un avamposto permanente, condiviso con Damasco e da utilizzare nella lotta al terrorismo, ma per il momento la pista non è in grado di ospitare i pesanti bombardieri Tupolev Tu-22M3, che sono tra i più grossi in circolazione e richiedono un ampio supporto logistico.

DUE SETTIMANE DI CONFUSIONE

Tutte le decisioni militari iraniane ricadono sulla Guida Suprema Ali Khamenei, che da sempre sostiene che Teheran in Siria debba preservare interessi ideologici (al fianco degli sciiti) e strategici (al fianco anche dei russi). L’uso di Hamadan era stato discusso in Iran: dopo i primi raid lanciati il 15 agosto – che avevano fatto il giro dei media internazionali (le immagini del contingente russo in Iran erano state pubblicate in esclusiva dal sito al Masdar) – e durati per tre giorni consecutivi, a Teheran alcuni politici avevano storto il naso sulla presenza militare straniera in patria, fosse anche di un alleato; è la Costituzione rivoluzionaria a proibirlo, con l’articolo 146. Tanto i giorni seguenti era sembrata esserci una battuta d’arresto, con i media statali iraniani che riportavano il ritiro degli aerei, e Mosca che dichiarava come l’utilizzo della base di Hamadan fosse un sorta di una tantum. Nel frattempo il segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale, Ali Shamkhani, aveva specificato che era stato l’organo da lui diretto ad autorizzare la presenza russa, sottintendendo che c’era dietro l’avallo di Khamenei; anche il ministero degli Esteri aveva cercato di far passare come prassi quello che stava succedendo, e il suo portavoce dichiarava che “la Russia non ha una base in Iran e non è di stanza qui” e si trattava solo di “un’operazione” già conclusa. A quel punto, era lunedì 22 agosto, il ministero della Difesa russo aveva annunciato che il rientro dei caccia c’era stato,”Tutti gli aerei russi hanno lasciato l’Iran” confermava alla Interfax l’ambasciatore a Teheran Levan Djagaryan, ma c’era la possibilità di chiudere un accordo più ampio e preciso tra i due paesi. “Mosca e Teheran dovrebbero condurre una cooperazione reciprocamente vantaggiosa e raggiungere accordi su alcune questioni specifiche presto, compreso l’uso della base aerea di Hamadan da parte dei militari russi per colpire gruppi estremisti in Siria”, ha dichiarato Vladimir Komoedov, presidente del Comitato di Difesa della Duma, in un’intervista al quotidiano Izvestija il 24 agosto.

I MOTIVI

Quali sono i motivi di queste ambiguità e piroette diplomatiche? L’opposizione espressa in parlamento da 20 legislatori, su 290 in totale, scrive al Monitor “è insignificante” e il sito americano specializzato in Medio Oriente elenca una serie di motivazioni più plausibili. Primo, l’effetto sorpresa: tutti gli aerei russi che bombardano sono tracciati dai satelliti occidentali, e dunque è possibile che alcuni gruppi dell’opposizione West-backed possano anche essere avvisati dell’arrivo dei raid, mentre partendo dall’Iran li avrebbero colti di sorpresa; quelli dei raid erano i giorni caldi della battaglia di Aleppo, con i ribelli che erano riusciti ad aprire un corridoio nell’assedio e mosso dalla loro la partita. Dunque serviva un’azione più incisiva per i governativi, e Mosca l’ha cercata attaccando a sorpresa dall’Iran, poi potrebbe aver fatto in modo di diffondere subito la notizia per giocare di anticipo con gli occidentali. È anche possibile che da Mosca si siano accorti che nemmeno Hamadan era una base adatta per i Tu-22M3, velivoli che richiedono una logistica di ordine superiore e che per il momento potrebbero restare a terra o essere usati dal Caucaso: per tale ragione i russi avrebbero scelto di ritirarli. Per mantenere l’effetto sorpresa, non è escluso che il ritiro sia stato tutto in bluff, che aveva anche un secondo scopo: sedare qualche animo irrequieto a Teheran, uomini dell’inner circle governativo che hanno tenuto più sopito il proprio malumore. Iran e Russia non hanno una storia di rapporti di partnership perfetti: Mosca ha più volte mostrato frustrazione verso l’ideologizzazione del conflitto siriano calcata dalla Repubblica islamica sciita, allo stesso gli iraniani considerano i russi alleati troppo imprevedibili per portare avanti obiettivi comuni: “La Russia è un paese laico con obiettivi globali, mentre l’Iran è una teocrazia con obiettivi religiosi” ha spiegato sempre su al Monitor Oli Omidi, professore di relazioni internazionali all’università iraniana di Isfahan. La partnership è più di convenienza, su un livello tattico, che strategica: e d’altra parte la Russia non cerca un partner, ma un alleato minore da poter utilizzare sul campo di battaglia (e finora, pur di aver voce sul futuro siriano, l’Iran ha accettato, anche pagando un alto prezzo, di vite di soldati e comandanti e di impegno economico). Entrambi i paesi coltivano interessi in Siria, e in Iraq, cercano di collaborare dal punto di vista militare anche perché non hanno rispettivamente altri partner potabili; la Russia paga ancora il prezzo della Crimea e delle sue politiche arroganti e l’Iran deve dimostrare di non essere uno stato canaglia e uscire dal post-deal nucleare pulito.

(Foto: Youtube_RT)

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