Le Nazione Unite hanno un nuovo Segretario Generale, il portoghese Antònio Guterres. Il Consiglio di Sicurezza, infatti, lo ha nominato ieri successore di Ban Ki-moon, figura che ha guidato tra luci ed ombre l’Organizzazione per dieci anni. Si entra così in una nuova fase dell’organismo globale per eccellenza che raccoglie al suo interno praticamente tutti gli Stati del mondo. Complimenti molto sentiti sono arrivati, tra gli altri, dal nostro Capo dello Stato Sergio Mattarella, il quale ne ha lodato il prestigio e l’esperienza.
Guterres, in effetti, è stato un grande protagonista della politica del Portogallo, ricoprendo incarichi nazionali importanti e delicati fin dal periodo della transizione dalla dittatura morbida di Antonio Oliverio Salazar alla democrazia a metà degli anni ’70. La sua linea politica è sempre stata segnata da due tratti indelebili e caratteristici: la fede cattolica e gli ideali socialisti. In tal senso, particolare significato hanno le sue posizioni contrarie all’aborto e le sue iniziative di politica sociale.
Che cosa il mondo può aspettarsi da lui? La domanda andrebbe indirizzata altrove, vale a dire all’Onu: può ancora un organismo internazionale tanto autorevole e faraonico, ma anche tanto indebolito, avere un ruolo politico incisivo? Nel programma presentato per la candidatura, Guterres riconosce il portato egemone riconquistato oggi dagli Stati nazionali e promette di inserire l’azione dell’Onu in uno spazio diplomatico di collegamento e collaborazione tra le sovranità particolari dei singoli Paesi, in un clima di guerra, purtroppo, ormai molto diffuso dappertutto.
Certamente negli ultimi anni la mancanza di un operato incisivo delle Nazioni Unite si è fatta molto sentire, anche se è impossibile non riconoscere, insieme a questo dato di fatto contingente, la costitutiva ed essenziale fragilità che è propria da sempre di un’istituzione che non ha potere sopra i governi, essendone piuttosto il loro luogo di incontro e la cassa di risonanza di interessi divergenti. Pertanto molti si sono chiesti se abbia ancora senso che esista in questa forma, e se non sia ad esempio opportuno immaginare una sua completa ridefinizione.
Ad ogni buon conto, nel giudizio complessivo sulla realtà politica mondiale è essenziale distinguere tra piani diversi in cui il potere di governo dell’umanità può espletarsi. In primo luogo vi è la considerazione dell’idea universale del genere umano. Ed è a questo livello massimamente esteso che deve essere collocata e riconosciuta la rilevanza delle Nazioni Unite, eretta così com’è ora sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Lì si enuncia, fin dal primo articolo, una definizione naturale e trascendente di persona umana, capace di abbracciare ogni individuo e ogni nazione, imperniandone la considerazione sul valore della libertà e dell’uguaglianza di ogni singolo essere umano.
L’operare dell’Onu per la pace vive di questo diritto riconosciuto, il quale nell’articolo terzo si coniuga in tre aspetti determinati: il diritto alla vita, il diritto alla libertà e il diritto alla sicurezza individuale. Molto importante è anche l’articolo ventinove che stabilisce i doveri comunitari che spettano a ciascuno e che costituiscono parimenti un diritto originario all’autodeterminazione politica dei popoli.
Guterres dovrà muoversi in questa linea etica sottile tra universalismo e particolarismo per sostenere con forza l’umanesimo implicito nella missione dell’istituzione che guida, e per fondare dei concreti obiettivi di pace che siano impegnativi per molti Stati nei quali i cittadini vedono calpestata e lesa la propria dignità, sussistenza e libertà da fondamentalismi, da integralismi di ogni sorta e da diseguaglianze economiche e discriminazioni sociali intollerabili.
Qui si entra nel secondo livello, appunto, quello degli Stati nazionali. Essi hanno il compito di gestire e governare le diverse specificità del genere umano, contraddistinte dalle identità culturali e storiche dei rispettivi popoli. L’Onu incontra davanti ad essi un suo limite preciso, ma anche una sua funzione legittima di controllo. Le sovranità determinate dei governi, infatti, sono l’anello di passaggio che collega la dimensione nazionale e quella internazionale della politica, indissociabile dalle enormi sfide provocate oggi dai contraddittori e complessi rapporti esistenti tra il potere pubblico peculiare degli Stati e la migrazione globale.
Vi è infine un terzo livello che è quello delle singole individualità personali. Queste, se da un lato sono interne alle tradizioni e alle governance peculiari dei singoli Stati, godono tuttavia di diritti soggettivi che dovrebbero essere intangibili, specialmente per la tutela delle minoranze etniche e religiose, di cui le Nazioni Unite hanno il compito di difendere e salvaguardare la sopravvivenza.
In un mondo diventato tanto articolato e nel quale, non solo in Oriente e in Africa, il potere politico e religioso troppo spesso viola senza conseguenze diritti individuali e comunitari fondamentali, non assecondando se non in minima parte il proprio dovere verso il bene comune, la forte presenza morale e politica delle Nazioni Unite resta, e resterà, un baluardo insostituibile. Ciò vale ancor più, da ultimo, per il ruolo sempre meno incisivo che assumono realtà, come gli Stati Uniti e la stessa Unione Europea, nel difendere gli esseri umani da guerre, persecuzioni e violenze di ogni genere.
A dirla lunga sulle aspettative etiche e umanitarie che tutto il mondo attende da Guterres e dall’Assemblea Generale è il fatto stesso che l’unica guerra giusta, resa legittima dal punto di vista morale, resta soltanto quella autorizzata dalle risoluzioni delle Nazioni Unite, sebbene non sia rispettata sempre e comunque la voce del suo Consiglio di Sicurezza.
Molto potrà fare logicamente il carisma della nuova guida. Anche se la responsabilità finale ricade, com’è logico che sia, sulla parallela capacità che l’Unione Europea, culla della civiltà umanistica e continente ispiratore dei valori universali dell’Onu, avrà di rafforzare la propria unità interna, accrescere il proprio prestigio all’esterno, garantendo innanzitutto una solida politica di difesa, e un valido strumento di salvaguardia e e di realizzazione delle necessarie politiche di pace e di guerra.
La nomina di Guterres, in definitiva, è quella di un navigato politico europeo che raccoglie sia il patrimonio della cultura cattolica e sia l’eredità della tradizione socialista, rappresentando sicuramente un’ottima scelta e una concreta speranza per l’umanità.