“È una decisione politica, non dei servizi segreti. Dico solo che Paesi, come gli Stati Uniti, totalmente dipendenti dall’informatica, devono pensarci due volte prima di adottare rappresaglie su questo terreno. In una guerra cibernetica fatta di rappresaglie e controrappresaglie si può perdere il controllo della situazione. Bisogna pensarci i bene, magari spostando la risposta su un terreno diversi”. È questa la posizione emersa dalle risposte analitiche che James Clapper, capo della National Intelligence americana, ha inusualmente fornito (tra vari “no comment”) ad alcune delle domande cui ha accettato di sottoporsi a margine di un panel organizzato da uno dei più anziani dei think tank statunitensi, il Council on Foreign Relations.
Un’analisi su molti dei temi caldi del momento, quella fornita dal primo DNI, Director of National Intelligence, figura strutturata nel 2005 nell’ottica della riforma dei servizi e del controterrorismo. Ai tempi su era in piena guerra al terrore, il nemico, al Qaeda, aveva colpito al cuore gli Stati Uniti l’11 Settembre; adesso una deriva qaedista s’è trasformata nello Stato islamico, una minaccia ancora più stringente. Ma non solo: la situazione globale è cambiata, i rapporti tra Occidente e Russia si sono deteriorati e polarizzati, nel caos emergono attori privati che muovono i propri interessi.
I TIMORI DI CLAPPER
Questo teme Clapper quando chiede alla Casa Bianca, di cui il DNI è collegamento diretto col settore Intelligence — il direttore supervisiona tutte le 16 agenzie federali per la sicurezza, dalla Cia alla Dia, allo spionaggio militare — di pensare attentamente alle conseguenze delle proprie rappresaglie. Washington ha fatto sapere nei giorni scorsi di essere pronto con un piano operativo per azioni cyber contro la Russia, incolpata di muoversi dietro agli hacker che hanno colpito per esempio il Partito Democratico. Vogliono influenzare le elezioni presidenziali, aveva denunciato lo stesso Clapper, ma il commento uscito dal panel ha come riferimento un’altra circostanza. Lo scorso fine settimana è finito sotto attacco il gestore dei servizi interni della costa Est americana, mettendo molti dei siti più frequentati al mondo fuori servizio. Un’azione che però, secondo lo stesso Clapper “risulta essere stata lanciata da un attore non statale, anche se questo non esclude il coinvolgimento di governi stranieri”.
DOSSIER CYBER
Non è la prima volta che il cyberwarfare, lo scenario di guerra cibernetica, finisce al centro delle preoccupazioni nelle audizioni al Congresso di Clapper. Il principale dei temi trattati, anche per la possibile ricaduta diretta sul servizio pubblico e civile — milioni di cittadini sono rimasti tagliati fuori da internet lo scorso weekend. Tra gli altri argomenti, attenzione sul Medio Oriente, ovviamente. “È un vero casino. Un caos inestricabile. Anni fa Tom Friedman disse: ‘Troppo importante per ignorarlo, troppo oneroso rimetterlo a posto’. Aveva ragione. L’America può aiutare, ma non può risolvere problemi come quello della Siria dove si concentrano tutte le contraddizioni e gli interessi confliggenti dell’area»”. Proposte? A proposito di Siria, per esempio, una no-fly zone, come secondo le idee di Hillary Clinton per difendere Aleppo? “Aleppo è un disastro umanitario. La tregua, purtroppo, è fallita. Sulla no-fly dico solo che prendo molto sul serio le difese aeree russe. Hanno, in Siria, sistemi molto avanzati. Che si fa se viene abbattuto un aereo americano?”. Preoccupazioni concrete, come sulle rappresaglie cyber.
IL BRANO DELLA INTERVISTA DI RAMPINI
Ecco un estratto della intervista di Federico Rampini a Clapper pubblicata su Repubblica:
Con la Russia siete tornati alla guerra fredda? «Più che all’epoca del comunismo, Vladimir Putin sta tornando indietro ai tempi degli zar. Vuole la Grande Russia, e che sia trattata come una superpotenza globale». Le incursioni degli hacker nella campagna elettorale americana sono senza precedenti? Sono riconducibili a Putin? Possono influire sul voto? «I cyber-attacchi a nostro avviso sono ordinati dai vertici russi. Qualche tentativo d’interferenza ci fu anche ai tempi dell’Unione sovietica. In quanto all’impatto sul voto, se s’immagina che possa perturbare le operazioni di conteggio delle schede elettorali, questo non lo credo. Abbiamo un sistema di scrutinio decentrato, raramente collegato a Internet». Il vicepresidente Joe Biden ha minacciato rappresaglie contro la Russia. «Se risponderemo lo faremo al momento e nei modi che sceglieremo noi. Non sarò io a scoprire il nostro gioco». Vi preoccupa il rischio di un’escalation nella cyber-guerra? «È esattamente questo il problema. Se fai una rappresaglia devi prendere in considerazione l’uso delle infrastrutture di paesi terzi. E devi valutare quanto possiamo resistere noi alla prossima contro-rappresaglia. I rischi sono alti, vista la nostra enorme dipendenza da Internet dobbiamo essere molto cauti». L’America si scopre vulnerabile? «Sì. Quando Internet vide la nascita, le considerazioni di sicurezza nazionale non fecero parte della sua architettura originaria. Ora ne paghiamo il prezzo. Sia gli individui che leistituzioni non investono abbastanza nella cyber- igiene». Concentrando l’attenzione sul pericolo- terrorismo l’intelligence ha trascurato quel che stava facendo la Russia? “Una larga fetta delle nostre risorse va al terrorismo. Questo mi preoccupa. Ma distribuire le risorse secondo priorità è una scelta politica, non tocca a me”.
COSA HA DETTO A GAGGI
Interessante la sottolineatura di Massimo Gaggi del Corsera: “Dopo le tensioni per lo spionaggio Usa in Europa com’è cambiato il rapporto con i Paesi Ue?”. Clapper risponde: “In base alle direttive della Casa Bianca abbiamo aperto una fase di più intensa collaborazione con l’intelligence della Germania e di altri Paesi europei. Certo, dopo il caso Snowden ci sono stati momenti difficili, ma abbiamo reagito a quella narrativa negativa. Ora l’intensità degli scambi di informazioni ha raggiunto livelli mai visti nella storia.
CAPITOLO COREA DEL NORD
Altro tema, la Corea del Nord: quanto è realistica come minaccia? “Sono in grado di lanciare missili capaci di raggiungere parte del nostro territorio, Alaska e Hawaii. E fanno progressi. Il tentativo di convincerli al disarmo è una causa persa: non rinunceranno mai alla loro capacità nucleare, la considerano il biglietto che garantisce loro la sopravvivenza. Si può provare a negoziare la fissazione di un tetto”.
SCENARIO PRESIDENZIALI USA
Poi le presidenziali. “Se Dio vuole fra due settimane sarà finita: Paul Ryan ci ha chiesto non dire nulla alla Clinton, altri non volevano che parlassimo con Donald Trump” dice Clapper. “Per noi è un dovere istituzionale. Non una legge: una consuetudine consolidata da quando Truman, appena arrivato alla Casa Bianca senza nemmeno sapere cosa fosse il Progetto Manhattan, dovette decidere sull’uso dell’arma nucleare. Non parlo degli incontri coi candidati, non ne sa nulla nemmeno la Casa Bianca. Dico solo che se non credono nel nostro lavoro, è affar loro: noi riferiamo”. Trump, che in quanto candidato presidenziale ha avuto accesso a vertici top secret dell’intelligence, ha in queste settimane criticato le analisi della Difesa americana, perché troppo contrarie alla Russia.