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Dirigenza pubblica, ecco come e perché il Consiglio di Stato ha bacchettato la riforma Madia

Nei giorni scorsi parecchi articolisti hanno riportato il parere del Consiglio di Stato (n°2213/2016)  sullo schema di decreto legislativo sulla dirigenza pubblica, attuativo dell’art.11 (Dirigenza) delle legge delega n. 124/2015 –  (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche). Parere critico, come ampiamente previsto in un articolo recente di Formiche.net.

L’invito che arriva da Palazzo Spada – nel parere obbligatorio ma non vincolante per l’esecutivo – è quello di rivedere la riforma Madia, “ritoccando” anche, se necessario, la legge delega 124/2015. Insomma, i giudizi amministrativi bocciano il d.lgs. citato, ma lo bocciano in pieno, contestandone i punti essenziali. Quali? Li sintetizziamo, riassumendo tra le “virgolette” l’essenza delle critiche formulate dal Consiglio di Stato.
a) Accesso per corso-concorso: “Criticità legate al fatto che i vincitori non accedono subito alla dirigenza, ma vengono assunti come funzionari”.

b) Criteri di scelta dei dirigenti: “Non valorizzano le specifiche professionalità e le competenze acquisite”.
c)  Durata degli incarichi: “La durata degli incarichi deve essere ragionevole, evitando la precarizzazione e […] la autonomia del dirigente dalla politica […]”
d)  Cause di cessazione: “La cessazione anticipata del contratto dovrebbe essere eccezionale e conseguente a rigoroso accertamento delle responsabilità dirigenziali”.
e)  Incarichi esterni: “Gli incarichi affidati a soggetti esterni dovrebbero essere residuali, perché si prestano ad un uso strumentale e clientelare”. Il riferimento è al parere n° 252/2009  della Consulta.
f)   Valutazioni: “[…] un difetto evidente è la mancanza di nuovi sistemi di valutazione della dirigenza”.Gli addetti ai lavori rimarcano in modo deciso il punto “f”. Infatti,  il Consiglio di Stato contesta giustamente l’assenza della previsione di nuovi criteri di valutazione della dirigenza pubblica amministrazione, peraltro non disciplinati dalla legge delega. Su questo punto, molti sindacati concordano con il parere dell’esperto Luigi Oliveri  (Italia Oggi, 15 ottobre, pag.35) che, soffermandosi in particolare sulla valutazione dei dirigenti, rimarca come lo schema di decreto non affronti e non risolva  il problema della omogeneità dei criteri di valutazione.
Infatti, attualmente – nei diversi comparti della pubblica amministrazione –  sono previsti strumenti di valutazione non omogenei tra loro, perché frutto – tra l’altro – di diverse tipologie contrattuali e di diversa composizione delle commissioni valutatrici. Ciò fa si che una identica attività dirigenziale (“performance”) venga valutata in modo differente dalle singole amministrazioni. Quindi, la prassi è incoerente con un sistema basato sul ruolo unico e sulla conseguente partecipazione alle procedure di selezione dei dirigenti provenienti da differenti strutture organizzative.
In conclusione, anche la riforma della pubblica amministrazione presenta numerose criticità, come quella scolastica.
Prima di varare le regole complessive della riforma, il ministro Madia – secondo molti esperti del ramo – dovrebbe effettuare una lettura critica di tutte le nuove norme, risistemare il lessico (l’italiano) e la sostanza, per rendere il tutto coerente con gli obiettivi.
D’altronde, come risulta a Formiche.net, il dicastero retto da Madia sta valutando alcune osservazioni giunte dai sindacati, come ad esempio quelle arrivate da a Stefano Biasioli, Michele Poerio e Arcangelo D’Ambrosio della Confedir.


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