Prima i fatti, poi le opinioni sul dibattito di stanotte.
I FATTI
Dopo la reciproca dimostrazione di freddezza e disistima (i due candidati, entrando in scena, non si stringono neppure le mani), l’inizio è fiacco e sbilanciato: lei molto sicura e presidenziale, lui più teso ed esitante.
L’atmosfera si accende appena viene sollevato il caso del sex-tape: Trump ripete più volte la stessa formula difensiva (“erano parole da spogliatoio, non ne sono fiero”), poi si scatena e va dritto sugli abusi sessuali di Bill Clinton (inquadrato dalle telecamere: impietrito). Lei replica turbata con le parole di Michelle Obama: se colpiscono basso, tu vola più alto.
Trump va ancora all’attacco sullo scandalo mail. Chiederò a un magistrato, se sarò eletto, di occuparsi di questo e di smascherarti. Lei, nervosa, dice che non ci sono prove di hackeraggi. Trump insiste: credi sia giusto aver cancellato 33mila email? E credi sia giusto averlo fatto dopo aver ricevuto una citazione dal Congresso americano? Tu andrai in galera.
Occhio, il sondaggista Frank Luntz, che durante il dibattito ha tenuto il suo consueto focus group, ha osservato come la discussione sulle mail sia stata – per i cittadini del focus – molto più negativa per la Clinton di quanto la parte sul sextape lo sia stata per Trump.
In tutta questa parte, gran tifo delle due fazioni di pubblico (rompendo la regola del silenzio), e chiara differenza tra i due schemi di gioco: lui duramente all’attacco, lei che cerca di replicare con calma e accenni ironici ai problemi di Trump (“tanti ti stanno abbandonando”).
Poi dibattito su sanità e Obamacare, altro terreno non facile per Hillary, costretta a difendere l’azione di Obama. La linea di Hillary è: attenzione, correggiamolo ma non buttiamo via l’Obamacare, altrimenti dovremmo ricominciare da capo. Trump invece conferma la linea di abrogazione secca dell’Obamacare.
Poi Islam e immigrazione. Trump accusa Hillary e Obama di aver negato il vero problema (il terrorismo islamista), e di aprire la porta a un afflusso incontrollato di profughi. Lei accusa Trump di demagogia e ribadisce che i musulmani devono sentirsi inclusi: occorre sconfiggere Isis, ma anche includere i musulmani, le parole di Trump sono usate da Isis per reclutare.
Russia e Wikileaks. Hillary accusa una potenza straniera, Mosca, di influenzare le elezioni a favore di Trump (“forse perché lui vuole fare affari con la Russia”). Trump replica: ormai si accusa la Russia di qualunque cosa; non ho prestiti e non ho debiti con la Russia; Hillary che è un’amica delle banche e di Goldman Sachs mente su tutto.
Tasse. Trump ancora all’attacco, per uscire dal problema delle sue presunte elusioni fiscali: perché Hillary non ha cambiato le leggi fiscali? E’ lì da trent’anni. Non lo ha fatto anche perché tanti dei suoi sostenitori hanno usufruito di quei meccanismi. Trump coglie anche l’occasione per accusare Buffett e Soros (finanziatori di Hillary) di avere fatto più deduzioni fiscali di lui. Trump ripete di voler abbassare le tasse per tutti: il più grande abbassamento di tasse della storia. Clinton replica dicendo che è “divertente” sentire parlare di tasse qualcuno che non le paga da vent’anni. Lui vuole aiutare le grandi corporations e quelli come lui.
Lo schema a questo punto è chiaro. Lui aggressivo per recuperare terreno, lei che cerca di mantenere la calma e di non sciupare il vantaggio acquisito negli ultimi giorni.
Siria. Hillary all’attacco della Russia, che vuole solo tenere Assad al potere. E ora vogliono decidere chi è il presidente degli Stati Uniti. Io li affronterò, sono anche pronta a collaborare con la Russia, ma voglio portare avanti inchieste sui crimini contro l’umanità perpetrati da russi e siriani. Replica di Trump: la Russia ha rinnovato il suo arsenale, mentre noi siamo “antichi”. Non ripetiamo in Siria gli errori della Libia: tutto ciò che lei ha fatto è stato un disastro. Qui Trump prende una posizione molto ambigua, attaccando i ribelli siriani, anziché Siria e Russia. Più limpida la posizione di Hillary, che prende anche le distanze – senza citarlo – dalla linea di Obama.
Parte finale. Hillary rivendica i suoi trent’anni in politica: trent’anni di risultati, dice. E attacca Trump: fa paura a bambini e insegnanti, a tante persone che ora si sentono a disagio. E’ l’”effetto Trump”. I moderatori le ricordano la gaffe sui sostenitori di Trump definiti “deplorables”. Lei dice: non ce l’ho con loro, ma con lui, che istiga alla violenza. Trump replica insistendo sull’odio manifestato dalla Clinton verso gli elettori della parte avversa. E torna all’attacco su Bengasi (l’assalto al consolato Usa) e sul caso dell’ambasciatore Stevens (morto in quell’occasione dopo aver inviato infinite richieste di aiuto). Seguono altre domande più brevi su Corte Suprema e questioni energetiche.
Ultima domanda (che genera un’ovazione nel resto del pubblico). Siete in grado di dire una sola cosa su cui vi rispettate reciprocamente? Hillary: rispetto i suoi figli, capaci e impegnati. Trump: la ringrazio per quello che ha detto sui miei figli. Lei è una che non molla, che combatte duramente, e questo è importante. I due si stringono le mani, come non avevano fatto all’inizio. Fine.
LE OPINIONI
Lo so, mentre si gioca il derby e la televisione è accesa, se arriva uno che dice di non essere tifoso, non fa una gran figura. Eppure questa è la condizione di tante persone ragionevoli, in America e anche qui in Europa, dinanzi alle elezioni americane dell’8 novembre prossimo.
Mi riferisco (io, nel mio piccolo, sono tra questi) a chi nel mondo dei simpatizzanti repubblicani avrebbe voluto un altro candidato. A chi considera Trump (al di là delle vicende degli ultimi giorni) un egomaniaco lontanissimo dalla migliore tradizione repubblicana (Lincoln-Reagan-Kemp, per citare tre figure lontane).
Mi riferisco soprattutto a chi, nonostante tutte queste riserve verso Trump, vede comunque negativamente la candidatura Clinton: per il suo essere emblema dell’establishment e dello status quo, per le sue compromissioni con i finanziamenti esteri, per lo scandalo mail-gate, e anche per la curvatura “sandersiana” e di sinistra presa dalla sua campagna.
I fatti delle ultime 72 ore hanno reso le cose ancora più complicate per noi “non tifosi”: da un lato, Trump è indifendibile. Dall’altro, è ancora peggiore l’ipocrisia di chi rimprovera a Trump di essere Trump (cioè volgare, misogino, machista: è Trump, mica una poetessa), di chi applica un insopportabile doppiopesismo tra la condanna morale di Trump e l’oblio verso le medesime tendenze di Bill Clinton, di chi vuole nascondere grazie al polverone di questo scandalo le macchie del passato di Hillary (e per questioni ben più serie: la sicurezza nazionale).
Certo, i repubblicani devono farsi tante domande. Prima, non hanno capito la rabbia sociale che Trump intercettava, dandole uno sbocco politico. Poi, non hanno saputo costruire altri interpreti credibili di quel disagio sociale, ma hanno solo tirato fuori figure (alcune, anche attraenti e fascinose) prive di presa reale sullo stato emotivo delle classi medie “incazzate”: e infatti Trump li ha stracciati uno ad uno. Ora, sembrano selvaggiamente entusiasti di scaricarlo, pensando al 2020: ma dimenticano che una sconfitta a valanga ora può essere costosissima anche sul piano parlamentare.
Se avessero lavorato meglio, in modo “strategico”, avrebbero potuto far tesoro del lavoro di Trump sui ceti medio-bassi, ma sarebbero riusciti a imporre (anche in collaborazione con lui, magari) un candidato più credibile, più accettabile: e battere Hillary sarebbe stato perfino facile.
E’ incredibile che, in un’atmosfera sociale pro-cambiamento, rischi di vincere la candidata dello status quo.
In ogni caso, Trump ha dato stanotte una prova di vitalità e di carattere. Ha vinto questo confronto. E la partita, nonostante gli autogol del suo peggior weekend, non è ancora chiusa: e molte delle cose che Trump ha detto nel corso del dibattito sono altamente efficaci verso il suo elettorato: maschi bianchi incazzati. Basterà?
PS: Come sempre, il sondaggista Frank Luntz ha seguito il dibattito in diretta, dando conto minuto per minuto delle reazioni del suo focus group. Alla fine, alla domanda su chi dei due candidati abbia avuto il maggior impatto positivo sulla loro scelta di voto, 21 hanno risposto Trump, 9 Hillary. E per chi voterete? Prima del dibattito: 8 per Hillary, 9 per Trump. Dopo il dibattito, 4 per Hillary, 18 per Trump.