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Terremoto, ecco come il suolo si è deformato con le ultime scosse

Le scosse di terremoto che il 26 ottobre hanno colpito le province di Macerata e Perugia hanno provocato un abbassamento del suolo di circa 18 centimetri. Tali deformazioni si sono verificate circa otto chilometri più a nord rispetto a quelle provocate dal terremoto di Amatrice del 24 agosto. Sono questi i risultati principali emersi dall’attività dei ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), relativa allo studio delle deformazioni del suolo e delle sorgenti sismiche focalizzata ora sugli eventi del 26 ottobre scorso.

LO STUDIO

L’attività di ricerca, svolta attraverso l’utilizzo di immagini radar del satellite giapponese Alos 2, è stata coordinata dal dipartimento della Protezione civile (Dpc) e viene svolta da un team di ricercatori dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Cnr (Cnr-Irea di Napoli) e dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), centri di competenza nei settori dell’elaborazione dei dati radar satellitari e della sismologia, con il supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi).

LE MISURAZIONI

“Utilizzando i dati del satellite giapponese Alos 2, il team di ricercatori di Cnr-Irea e Ingv ha misurato anche in questa occasione e con alta precisione i movimenti permanenti del suolo originati durante il terremoto, utilizzando l’interferometria differenziale”, ha spiegato Riccardo Lanari, direttore del Cnr-Irea. “In questo caso, la banda di frequenze utilizzate (banda L) dal radar operante a bordo del satellite Alos 2 ci ha consentito di rilevare le deformazioni del suolo nonostante la zona colpita sia particolarmente coperta da vegetazione. Tali deformazioni si verificano circa 8 chilometri più a Nord, rispetto alle deformazioni provocate dal terremoto di Amatrice del 24 agosto e caratterizzano una zona che si estende per circa 20 km in direzione Nord e presenta un abbassamento del suolo massimo di circa 18 cm (corrispondenti a 22 centimetri di allontanamento, rispetto alla linea di vista del radar) in corrispondenza dell’area di Vallestretta”, ha detto l’esperto.

I PRIMI RISULTATI

Stefano Salvi, dirigente tecnologo dell’Ingv, ha spiegato che “i movimenti del suolo misurati dal satellite, insieme ad altri dati geologici e sismologici, sono ora in corso di analisi per elaborare dei modelli fisico-matematici tramite i quali sarà possibile individuare la faglia sorgente del terremoto e caratterizzarne l’attività profonda”, e che “i primi risultati sembrano indicare che la faglia attivata il 26 ottobre faccia parte della stessa struttura geologica che ha causato il terremoto di Amatrice”.


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