La ricchezza prodotta dall’imprenditoria straniera genera in Italia 127 miliardi di euro. Si tratta di 550 mila imprese che nel 2014 hanno versato 10,9 miliardi di contributi previdenziali, che equivalgono a 640 mila pensioni italiane, e 6,8 miliardi di Irpef, con una produzione pari a 96 miliardi di valore aggiunto. I redditi dichiarati sono stati 46,6 miliardi. Sono i dati essenziali del rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione presentato al ministero dell’Interno dalla Fondazione Leone Moressa che quest’anno si è concentrata sull’impatto fiscale dell’immigrazione.
In termini di valore aggiunto, l’anno scorso la ricchezza prodotta dagli stranieri è stata dunque pari a 127 miliardi di lire, l’8,8 per cento del totale, ed è significativo anche lo sviluppo dell’imprenditoria straniera: la Fondazione calcola che tra il 2011 e il 2015 sono diminuite del 2,6 per cento le imprese condotte da italiane e sono invece aumentate del 21,3 per cento quelle degli stranieri.
Naturalmente c’è un problema di qualifica e di reddito conseguente. Nonostante il tasso di occupazione degli stranieri sia nettamente maggiore di quello degli italiani (in proporzione ai residenti e quindi all’immigrazione regolare), nel 66 per cento dei casi si tratta di lavori di basso livello, che comportano stipendi mediamente più bassi di quelli percepiti dagli italiani e dunque il versamento di tasse più basse: la differenza pro-capite di Irpef è di 2.000 euro. Secondo la Fondazione, “per mantenere i benefici attuali anche nel lungo periodo sarà necessario aumentare la produttività degli stranieri, non relegandoli a basse professioni”. Uno dei curatori del rapporto, Enrico De Pasquale, ha detto che il reddito medio annuo di un immigrato è di 13.000 euro rispetto ai 21.000 di un italiano.
I residenti stranieri al 1° gennaio di quest’anno erano poco più di 5 milioni, con massima concentrazione in Lombardia (22,9 per cento), Lazio (12,8) ed Emilia Romagna (10,6). L’anno scorso il 18,5 per cento era impiegato nella manifattura, circa il 10 nell’alberghiero e ristorazione e nelle costruzioni. Nell’Unione europea a 28 (dunque compresa la Gran Bretagna) gli stranieri residenti sono 35 milioni, pari al 6,9 per cento rispetto all’8,2 dell’Italia. Quanto costano invece gli immigrati regolari? In base ai dati del ministero dell’Economia e della Corte dei Conti, la Fondazione Moressa calcola che nel 2014 l’incidenza media sulla spesa pubblica è stata dell’1,75 per cento: 14,7 miliardi, di cui 4 miliardi per la sanità e 3,7 per l’istruzione.
L’enorme afflusso di immigrati (dati del Viminale all’11 ottobre: 144.518 arrivati quest’anno, 166.310 nelle strutture di accoglienza, 19.429 minori non accompagnati, cioè 7.000 più dell’anno scorso) rende sempre molto problematico discutere di immigrazione e le statistiche della Fondazione Moressa fotografano una realtà che va compresa nel dettaglio. Di Pasquale, per esempio, ha sottolineato che nel 2015 altri 178.000 stranieri hanno ottenuto la cittadinanza italiana e che nell’anno scolastico 2015-16 gli alunni stranieri sono stati il 9,5 per cento del totale, “cioè – ha detto il ricercatore – c’è una tendenza degli immigrati alla stabilizzazione, ma la maggior parte di loro è in Italia da oltre 10 anni perché nell’ultimo decennio gli ingressi consentiti per motivi di lavoro sono stati pochissimi”. Nello stesso tempo, la società italiana deve fare i conti con altri numeri: l’anno scorso il tasso di natalità italiano è stato del 7,4 per cento mentre quello degli stranieri è stato del 14,4. Come ha notato il sottosegretario all’Interno Domenico Manzione (nella foto), “il fenomeno è strutturale e non si può continuare a gestirlo come fosse un’emergenza destinata a finire”.