Pesaro, Rimini, Forlì: in Romagna per Renzi è stato un trionfo. Un pubblico di migliaia di persone conferma che i “boots on the ground” del presidente nella profonda provincia italiana sono la strategia giusta. Ma la strategia esiste perché esiste la grinta di Renzi. La sua volontà di buttarsi nella gara e bruciarsi velieri alle spalle. Confesso che la vera cosa – forse l’unica – che mi piace di Renzi è la sua grinta politica, una “garra charrúa” come quella leggendaria sfoderata dalla stile nazionale uruguaiana nella finale mondiale del 1950. Il suo voler essere capitano, il suo voler dar un impronta subito alla ‘partita’, è fondamentale.
La garra charrúa ricorda Obdolio Varella leggendario capitano della grande celeste campione del mondo nel 1950, quella che sconfisse 2 a 1 il Brasile nella famosa finale del dramma collettivo brasiliano, dei 200.000 del Maracanà e di una nazione intera che rimase attonita. Di quegli undici guerrieri diventarono più famosi Schiaffino – per molti il più forte di sempre – e Ghiggia, l’ala velocissima che beffò il povero portiere Barbosa: gli autori dei due gol che ribaltarono l’illusorio vantaggio brasiliano di Zizinho. Ma Obdolio Varella, il leggendario capitano, “El Negro“, fu lui il condottiero. Iniziò nel prepartita a costruire la vittoria che li vedeva sfavoritissimi dicendo: “Non ho mai perso una partita prima di giocarla“. È la stessa frase che ispira Renzi, la stessa garra charrúa. “El negro” arrivò nello spogliatoio con i giornali brasiliani che decretavano già la vittoria del Brasile prima di giocare la partita, li mostrò ai suoi compagni e poi gettandoli a terra ci urinò sopra.
Questa è la garra charrúa. E come ci ricorda l’indimenticabile Jorge Valdano, “once” della Argentina Mundial nell’86 e hombre vertical del calcio mondiale, “se l’Inghilterra è la madre del calcio, l’Uruguay è il padre”.
Questa è la garra charrúa. Prima cosa: “Non avere mai paura dell’avversario“. Lo insegnano i charrias, gli originali abitatori della sponda orientale del Rio della Plata.
E Renzi dimostra sempre di non aver paura. Questa è la dote di un capitano, la sua garra charrúa. Perché la politica deve andare al cuore. La gente lo sente. Poi si può anche perdere.