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Il valore strategico dello schieramento Nato a Est

“Il futuro schieramento dei  soldati italiani in Lettonia è una notizia che non era tale”, commenta con Formiche.net Pietro Batacchi, direttore della rivista specialistica militare RID: “Si tratta di una decisione presa a luglio, durante il vertice Nato di Varsavia, e rientra in un quadro di alleanza”. Anche il ministro della Difesa Roberta Pinotti aveva commentato in modo analogo lo stupore di politici e media dopo l’intervista, che conteneva l’annuncio del prossimo schieramento, del segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg alla Stampa: “Quando abbiamo fatto il vertice di Varsavia, all’interno delle responsabilità che hanno assunto altre nazioni è stata anche data dall’Italia la disponibilità di fornire una compagnia, quindi con numeri non molto consistente, all’interno di una organizzazione che prevede il coinvolgimento di moltissime nazioni della Nato”, ha precisato Pinotti. Eppure tutte le forze politiche di opposizione hanno criticato la decisione del governo italiano di rispettare gli accordi dell’alleanza strategica militare: dal M5S, con l’hashtag #IoVoglioLaPace lanciato da Beppe Grillo, alla Lega a Forza Italia, passando per Sinistra Italiana.

Batacchi sottolinea gli aspetti strategici della scelta Nato: “Rispetto a discussioni e decisioni del vertice in Gallese del 2014, quando fu deciso di istituire la Vjtf, la Very High Readiness Joint Task Force “Spearhead”, la forza di rapido intervento dell’Alleanza, a Varsavia la Nato ha fatto un scelta qualitativamente diversa: piazzare delle unità in alcuni paesi alleati”. “Quattro battle groups suddivisi nelle tre repubbliche baltiche (Lituania, Estonia e Lettonia) e uno in Polonia, a cui va aggiunte una brigata a guida romena, che puntelleranno il fianco Est dell’Alleanza”, ossia quello che confina con la Russia. “Dunque succede che la Nato ha scelto di piazzare un dispositivo non meramente rotazionale, ossia non dispiegato per qualche settimana per compiere esercitazioni, ma posizionato di stanza in quelle aree: è d’altronde il nome che gli è stato dato a chiarire direttamente il compito, Enhaced Forward Presence”, una presenza avanzata in avanti. “A questi contingenti va aggiunto il rafforzamento della presenza statunitense, con un piano che passa per la Polonia e per altri paesi dell’area, su cui il Pentagono ha già dirottato circa 3,4 miliardi di dollari nell’ambito di un programma che prende il nome di European Reassurance Initiative (Eri), che però è esclusivamente americano ed è indipendente dalle decisioni comuni dell’Alleanza”.

E il ruolo dell’Italia? “Per la politica di difesa dell’Italia la Nato rappresenta la linea strategica fondamentale, e dunque non possiamo tirarci indietro dalle decisioni prese in ambito comune. Certo, se spendessimo più dello 0.8 per cento, rispettando i patti che prevedono spese minime del 2, magari avremmo un altro peso, ma stando come stanno le cose, Roma deve rispettare almeno in questo senso i propri impegni”.

La Russia subisce questi movimenti in modo passivo? “Tutt’altro, la Russia fa la stessa cosa dall’altra parte del confine. Si ritorna in misura minore a quella che nella Guerra Fredda veniva definita la logica dello specchio. Anche i russi ammassano truppe in quelle stesse aree”, e per ammissione dello stesso Stoltenberg i quattro battle groups sono una risposta multinazionale (nel senso: siamo un’alleanza, agiamo insieme) ma di “certo limitata rispetto alla divisioni russe” (trecento mola uomini e mezzi). Il Pentagono, considerato da Mosca, e a ragione, il centro delle decisioni Nato, “sta attivamente espandendo la propria presenza lungo i confini russi. E negli Stati Uniti il livello di propaganda russofobica dall’alto sta cominciando ad andare fuori scala” aveva commentato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. Tutto mentre l’Europa valuta di alzare nuove sanzioni contro Mosca per le drammatiche vicende di Aleppo, e Washington annuncia della Cia un piano per colpire con azioni informatiche Mosca. Qualche giorno fa, il portavoce della Difesa estone, Andres Sang, ha fatto sapere che la Russia avrebbe invitato Tallin, gli altri Paesi baltici, la Svezia e la Finlandia, a tenere colloqui bilaterali con tema la sicurezza dell’area. L’Estonia avrebbe rifiutato l’offerta perché con Mosca la cooperazione è bloccata a seguito delle crisi in Ucraina. Un tentativo russo di dividere il fronte?



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