Non si può abbandonare un tema così grave, come quello dell’immigrazione illegale, ed evitare di approfondirne i termini, visto che persone moderate e ragionevoli, influenzate dalla disinformazione e dai sentimenti umanitari, non riescono a vederne gli aspetti più sostanziali e i pericoli presenti, già da qualche anno, nel nostro Paese. Primi fra tutti, il diffondersi del lavoro illegale o nero e il ritorno, alla grande, della tubercolosi. Ieri ho scritto che il governo italiano ha una via d’uscita immediata e praticabile, che non comporta il fiume di lacrime che professionisti della speculazione sugli immigrati e le anime buone sono pronte a versare ogni giorno purché il turpe traffico di vite umane, con l’utilizzo di navi appoggio italiane, della Marina Militare e della Guardia Costiera (lo dice il nome stesso “Guardia”, cioè difesa delle coste) continui indisturbato.
Si tratta di praticare un blocco navale sulle coste libiche, in modo da impedire a qualsiasi natante di abbandonare la riva e, nel caso in cui qualcuno si azzardi in mare, da fermarlo dopo pochi metri di navigazione e da riportarlo indietro. Una simile operazione avrebbe un’eco in tutta l’Africa del Nord e subsahariana scoraggiando tutti coloro che per spirito di avventura e voglia di trasferirsi nella grassa Europa, si incamminano per i sentieri impervi che conducono alle coste libiche. Certo, ci sono anche i profughi che fuggono da Sudan ed Eritrea, ma si tratta di numeri modesti. Per questa ragione, il blocco navale dovrebbe essere accompagnato dall’apertura di una base fortificata nella quale personale preparato possa operare in tempo reale una separazione tra immigrati e profughi. Un progetto del genere, con tutta probabilità, incontrerebbe un ampio consenso europeo e la partecipazione di forze navali e terrestri, capaci di integrare l’Italia nel blocco e nella selezione di coloro che vorrebbero sbarcare nel continente europeo.
Giacché la situazione attuale è compromessa da alcuni macigni che un’informazione largamente ispirata dalla speculazione si astiene dal segnalare. La legge italiana (ma anche altrove, quella che descriviamo è la disciplina vigente) definisce i presupposti per essere ammessi nel territorio nazionale. Primo fra tutti una specializzazione lavorativa ambita dal sistema economico italiano che, quindi, sia accompagnata da un (pre)contratto di lavoro. In secondo luogo, ci sono i ricongiungimenti che dovrebbero essere trattati con molta cautela visti i limiti delle certificazioni prodotte dalle nazioni di provenienza, in base alle quali basta un solo senegalese per autorizzare decine di altri senegalesi a dichiararsi congiunti del primo e quindi titolari del diritto al ricongiungimento.
C’è poi un’altra questione da non dimenticare. La carità è un’attività umana del tutto opzionale. Non c’è nessun dovere di esercitare la carità. Nemmeno la religione cristiana la impone. E, inoltre, è del tutto discrezionale esercitarla, talché io posso ben legittimamente, e sentendomi meritevole di gratitudine, essere caritatevole con una persona o con un gruppo e indifferente nei confronti di un’altra persona e di un altro gruppo. Solo noi, su ItaliaOggi, osammo criticare il papa che, andato nell'”hot-spot” di Lesbo, se ne tornò a Roma con 10 siriani, invece di piazzarsi nella struttura per condividere la sorte dei 300 “detenuti” finché non fossero stati liberati. Quindi, anche il papa ha il diritto (molto criticabile nel suo caso) di scegliere chi sarà destinatario della sua carità.
Purtroppo, i media, influenzati soprattutto da chi lucra sull’immigrazione illegale (più di quanti si possa immaginare) si astengono dall’approfondire la questione col linguaggio della serena terzietà. Non parliamo di obbiettività in Italia, giacché qui il mestiere più esercitato nelle redazioni è quello di propagandista dell’amico di turno. Perciò, il cittadino di Gorino che lavora e paga le tasse e che vive pacificamente nella legalità ha tutto il diritto di rifiutarsi di aprire la porta della sua casa al primo immigrato illegale che un bus della Polizia gli vorrebbe scaricare sul portone. Anzi ha un diritto maggiore ed è un diritto sancito dalla Costituzione: art. 52 “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”.
Poiché si tratta di una norma dispositiva e non programmatica, il cittadino di Gorino ha il teorico diritto di armarsi per difendere la Patria dall’invasione illegale in corso. E coloro che gestiscono e collaborano all’invasione sarebbero passibili di essere processati. È questa il grave ribaltamento della verità istituzionale che in Italia stiamo operando da decenni. Per esempio, dopo un’attesa di anni divengo assegnatario di una casa popolare. Ma non posso entrarci perché qualcuno, uno ‘ndranghetista calabrese, un camorrista napoletano o un esponente di qualche tribù di zingari ha occupato l’alloggio e non intende andarsene. L’autorità giudiziaria se la prende comoda, e così la forza pubblica. Ergo io vengo privato del mio diritto riconosciuto dopo un complesso iter amministrativo.
Questa è una nazione nella quale una serie di reati di impatto sociale (compresa la violazione di domicilio) sono stati depenalizzati, talché tutti si possono vantare di una diminuzione, appunto, dei reati che a ben vedere non esiste nei termini proclamati con rulli di tamburi (a dimostrazione che gli immigrati non violano il codice penale). Nell’economia, i crediti irrisolti e irrisolvibili delle banche italiane, che le conducono al fondo delle classifiche di affidabilità, sono tali anche per le bibliche inefficienze della giustizia, talché un credito mediamente esigibile in Francia o in Germania, diventa inesigibile nel nostro Paese. È dunque questo il problema che minaccia di far crollare l’impianto nazionale e quello comunitario: l’incapacità di tutelare i cittadini dall’invasione dall’esterno (addirittura aiutata dallo Stato fornitore di appoggi ai trafficanti) e dagli attacchi interni alla legalità. E di tutelare il diritto di proprietà e i principi dell’affidamento giuridico. La diserzione di fronte ai doveri costituzionali è scandalosamente generalizzata e nessuno si pone il problema.
Decenni di cattiva politica, di cattiva propaganda e di finto buonismo hanno alterato la percezione generale dei fatti-base della società. Una buona premessa per aspettarsi un rivolgimento epocale.
(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)