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McDonald’s? Sì della Raggi a Roma, no di Nardella a Firenze

Hamburger e patatine fritte per senatori e turisti. A trent’anni dall’apertura del suo primo store a Roma, quello di Piazza di Spagna che scatenò polemiche e critiche, McDonald’s da qualche giorno ha aperto nel centro storico della Capitale, a pochi metri da Piazza Navona e dalla Fontana dei Quattro Fiumi del Bernini, e a cento passi da Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica.

Un’apertura passata quasi in sordina, non ostacolata dalla giunta Raggi e prima ancora da quella del commissario straordinario, Tronca, che non ha scatenato l’ira dei residenti, la raccolta di firme e manifestazioni di piazza per dire no alle insegne gialle del Mc nel cuore della città eterna.

Eppure la memoria corre a quanto successo a Firenze, durante quest’estate, quando la giunta di Dario Nardella prima sembrava potesse concedere una deroga alla multinazionale americana per aprire un negozio vicino alla cupola del Brunelleschi, ma poi travolta dalle polemiche, face marcia indietro. Una negoziazione lunga ed estenuante con interventi sui quotidiani, con il responsabile italiano della catena di fast food, Roberto Masi pronto a “minacciare ricorsi” e denunciare che “così gli investitori fuggono dal nostro Paese”, e dall’altra parte la filosofia di base che i centri storici vanno tutelati da queste “invasioni”, come ricordava proprio il sindaco toscano che sottolineava come Firenze appartenga al patrimonio mondiale dell’Unesco. “Mc Donald’s ha certo diritto di fare domanda – spiegava Nardella – la legge lo prevede. Ma noi abbiamo il diritto di dire di no”.

A Roma non è successo niente di tutto questo. McDonal’s ha potuto aprire tranquillamente su Piazza delle Cinque Lune con un locale – lo stesso promesso e presentato a sua volta a Firenze – con un look più sobrio negli arredi, oltre che un’offerta non più limitata solo ad hamburger e patatine, ma che rispecchia il classico bar all’italiana. Dall’azienda hanno sottolineato inoltre come nella Capitale vi siano 48 ristoranti (3 all’interno delle mura aureliane più la presenza nella stazione Termini) e che McDonald’s è un marchio “locale”, visto che quasi l’85 per cento di prodotti e servizi provengono da aziende con stabilimenti in Italia.
Ha prevalso la libertà d’impresa, si dirà. In verità, in assenza di una normativa nazionale appare evidente il rischio dei due pesi e due misure: la fontana del Bernini di Piazza Navona non è di certo meno prestigiosa della Cupola del Brunelleschi.

Serve un indirizzo unico e nazionale. Il Governo per questo si è mosso inserendo nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 15 giugno (conosciuto tra gli addetti ai lavori come Scia2, la nuova Segnalazione certificata di inizio attività) una norma che “consente al Comune, d’intesa con la Regione, sentito il soprintendente, di individuare, con apposite deliberazioni, zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in cui è vietato o subordinato ad autorizzazione l’esercizio di una o più attività con riferimento al tipo o alla categoria merceologica, individuate in commercio, edilizia e ambiente”.

Ma anche qui le polemiche non sono mancate con associazioni di categoria come Federdistribuzione che parlano di norme incostituzionali. Chi ha ragione? Chi ha torto? Intanto McDonlal’s gongola a Roma e un po’ meno a Firenze.



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