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Mosul, l’orrore del Califfo e la mortale ignavia dei Grandi

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Duecentottantaquattro esseri umani, tra quali molte donne e tantissimi bambini, assassinati “a freddo” nei dintorni di Mosul non sono un “dettaglio” in una storia pur tragica, segnata da migliaia di cadaveri accumulati da bestie immonde e blasfeme che uccidono usurpando il nome di Allah. Il capo dell’organizzazione criminale che si fa chiamare Abu Bakr al-Baghdadi ha pianificato personalmente la strage incitando i carnefici operanti nella città irachena sotto assedio con un discorso di odio purissimo distillato da una mente malata. Sotto gli occhi del mondo scorre il sangue di Mosul, mentre le devastate chiese della cittadina di Bartella, poco lontano, simboleggiano la barbarie “teologica” di satanici manutengoli del Califfo che gli hanno portato in dono croci spezzate, statue mutilate, altari sradicati e tutti i simboli cristiani ridotti in polvere. Non è una guerra di religione quella che si sta combattendo, continuano a dire anime delicate in Occidente. Dopo una rapida scorsa ai giornali ed una veloce occhiata ai notiziari televisivi, si torna dalle nostre parti alle solite occupazioni scacciando l’ombra del Califfo islamista che intanto fa lavorare a pieno regime il suo mattatoio.

La constatazione dell’orrore non basta più. La storia ci ricorda che quando questo superava il livello di guardia – e in quelle contrade, tra l’Iraq e la Siria da tempo l’ha superato abbondantemente – si formavano coalizioni internazionali in grado di opporsi ai nemici dell’umanità. Da tempo non è più così. La febbre del sospetto domina le cancellerie. Nessuno si fida più di nessuno. E mentre le schermaglie diplomatico-militari s’infittiscono tra Est ed Ovest, una parte del mondo muore incolpevole soltanto perché ha avuto la disgrazia di nascere e vivere tra le rive del Tigri e dell’Eufrate a ridosso di quelli che un tempo erano i profumati giardini di Damasco. Ancora pochi anni fa nella capitale siriana la vita era dolce abbastanza da lasciarci il cuore alla partenza, pur vedendo squilibri e ordinarie ingiustizie. La bellezza fioriva di sera passeggiando attorno alle moschee o sorseggiando bevande delicate nei profumati bar di hotel frequentati da occidentali e da orientali. Negli occhi ridenti di giovani donne si smarriva il viaggiatore europeo che assaporava bevande di frutta addolcite con il miele di acacia. Le voci del bazar si confondevano con quelle dei muezzin, ma il cristiano non si sentiva spaesato dove nessuno gli faceva pesare la sua diversità. Al contrario, la benedizione di Allah spesso l’accompagnava nei suoi incontri e non c’era imam che gli voltasse le spalle perché “infedele”.

Le rovine hanno fatto presto a sommergere ogni traccia di pura ed autentica civiltà. E quella civiltà reclama di essere liberata una buona volta. Chi potrebbe e dovrebbe farlo è impaniato nelle beghe politiche internazionali così smisuratamente meschine a fronte della tragedia che si sta consumando che perfino la speranza di vedere, finalmente, i “volontari” d’Oriente e d’Occidente battersi senza idiosincrasie e retro pensieri, ci ha abbandonati. Eppure la persistenza nell’errore dovrebbe indurre l’establishment mondiale a temere che l’incendio divampi altrove: i “cani sciolti” del Califfo, i qaedisti anarchici motivati soltanto dall’odio, i fanatici che non esitano, calpestando il Corano, a mettere le mani addosso agli innocenti e a schiavizzare sessualmente per il loro ottuso piacere schiere di donne yazide o nigeriane lanciano ogni giorno avvertimenti velenosi con i loro comportamenti. Una Santa Alleanza per la riconquista di terre sottratte alla pietà s’impone. E’ la sola misericordia possibile, al di là delle parole che hanno scandito per i cristiani l’anno giubilare della Misericordia appunto.

Che senso ha vedere una portaerei russa nel cuore del Mediterraneo e scandalizzarsi a Washington e a Londra? Perché l’Europa ancora teme Putin e si accoda alla miopia di Obama spedendo soldati in Lettonia e nei Paesi limitrofi per far intendere all’antico orso, non più sovietico, che Mosca deve temere la solitudine nella quale rischia di cacciarsi? Le sanzioni? Ridicole, mentre duecentottantaquattro persone muoiono come sappiamo in un avamposto della barbarie.

Quando si capirà che a Lepanto o a Belgrado o a Vienna furono armate benedette dall’unica autorità spirituale riconosciuta a fermare il terrore che rischiava di impossessarsi dell’Europa, sarà facile comprendere che pur in assenza di una tale benedizione si potrà agire per il meglio, dal cielo e dalla terra e dal mare, con tutte le diavolerie che il “progresso” ha prodotto per fermare lo sterminio programmato da un barbuto ignorante, scaltro e sanguinario. Non si lascino soltanto i curdi, i pochi yazidi, una manciata di iracheni opporsi al Califfato. S’intervenga con la forza che sola può mettere fine all’incubo maturato ed uscito dalle carceri irachene trasformate dopo la “guerra di liberazione” (una delle più cretine combattute dalla coalizione occidentale) in madrasse che adesso sta facendo quel che non era riuscito ai tiranni deposti. Laggiù la democrazia è stata esportata, ma non ha attecchito. Si provi almeno ad esportare la dignità con tutti i mezzi possibili. E poi, se vogliono, borgognoni ed armagnacchi riprendano pure a sofisticare come fanno da tempo immemorabile mentre nel ventre della storia i mostri comunque continueranno a crescere.

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