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I miei No al referendum costituzionale

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Il prof. Carlo Fusaro ha sostenuto con costanza, coerenza, competenza e autorevolezza la legge di revisione costituzionale e, di conseguenza, il voto favorevole nel referendum di 4 dicembre. Io mi limiterò a esprimere delle opinioni senza pretendere – come, absit inuiria verbis, fa il prof. Fusaro – di dare per condivisi – e quindi alla stregua di risultati riconosciuti positivi in generale – taluni obiettivi che la legge Boschi ha perseguito e a modo suo realizzato. Per manifestare il mio pensiero seguirò punto per punto le indicazioni di sintesi, fornite dal professore, sul sito di Formiche.net, nella prima di una serie di puntate tratte dalla guida alla riforma costituzionale scritta dal prof. Carlo Fusaro. Alle sue affermazioni seguono di seguito in corsivo le mie considerazioni. Se Formiche.net me lo consentirà ci saranno anche le mie “contropuntate”.

Fusaro: in particolare la legge di revisione. Riforma il Parlamento: abolite le due camere come doppioni.

Cazzola – Le due camere non sono doppioni (al pari di tante cattedre universitarie); hanno gli stessi poteri ma svolgono funzioni diverse, quanto meno di controllo reciproco. Per dare più efficacia al processo legislativo sarebbe bastato aggiornare i regolamenti parlamentari all’interno dei quali si sarebbero potute inserire tante modifiche che, invece, sono state “costituzionalizzate”. Questo è un grave errore tecnico, perché, se sarà approvata la legge Boschi, una modifica delle procedure richiederebbe l’applicazione dell’articolo 118 Cost. La situazione poi è tanto più paradossale se si pensa che il nuovo articolo 70 (composto da ben 454 parole: il che dovrebbe far rizzare i capelli a qualunque costituzionalista) rinvia ai regolamenti e a quanto essi dovranno stabilire. Il rinvio di una norma costituzionale ad un regolamento è un errore imperdonabile.

Fusaro: trasforma il Senato in un’assemblea di rappresentanza di comuni e regioni, molto più piccola (95 vs. 315 membri elettivi = meno 220 rispetto ad oggi).

Cazzola – A me che ci siano 220 senatori in meno non importa un fico secco. Ma stiamo pure al gioco.Il nuovo Senato diventa una camera di Serie B, ma conserva un barlume di potere legislativo senza che i suoi componenti siano eletti. Peraltro – a parte le questioni di buon gusto – così come è formulato non realizza nessuno degli obiettivi per cui è stato riformato. La sua composizione muta con il mutare della composizione dei consigli regionali. A metà legislatura, man mano che si procede alle elezioni regionali (che non avvengono più lo stesso giorno, ma a scadenze diverse), potrebbe emergere una maggioranza ostile a quella che sostiene il governo alla Camera, la quale userebbe i propri poteri (ancorché limitati) per ostacolare l’azione del governo stesso. Quanto al taglio di 220 parlamentari, si sarebbe potuto realizzare (ammesso e non concesso che sia una misura utile e non una sordida concessione all’antipolitica) con un taglio trasversale riguardante ambedue le due camere pur in un quadro di bicameralismo paritario. Sinceramente, quando penso che il sindaco della mia città dovrà occuparsi – oltre che dell’area metropolitana – anche del Senato, mi domando se ciò abbia un senso. E come farà a trovare il tempo per agire bene in tutti gli incarichi.

Fusaro: stabilisce che al Governo basterà – ora, come dappertutto – la fiducia della sola Camera dei deputati.

Cazzola – Non trovo niente da dire sul doppio voto di fiducia. Anzi l’esperienza insegna che la composizione del Senato ed il fatto che in quella Camera la maggioranza fosse più precaria ha rappresentato una garanzia rispetto allo strapotere che i sistemi elettorali maggioritari consegnavano alla liste vincente. È stato così sia quando hanno vinto, a turno, le coalizioni di centro destra e di centro sinistra. Che la legge elettorale – anche se ordinaria – abbia un rilievo costitutivo è dimostrato dai dati di fatto della storia della Repubblica. La Seconda Repubblica era fondata su una nuova legge elettorale.

Fusaro: sana l’incongruenza democratica di una seconda camera con i poteri della prima ma alla cui elezione non partecipano i cittadini fra 18 e 25 anni meno un giorno.

Cazzola – Quella della incongruenza democratica che verrebbe sanata (l’elettorato attivo è concesso solo a chi ha compiuto 25 anni) è un po’ discutibile. Per sanare tale incongruenza non si è deciso di estendere il diritto voto per il Senato anche agli under diciottenni. Lo si è tolto a tutti. E’ un’applicazione al diritto costituzionale di quello che Ralf Dahrendorf definiva il “paradosso Martinez”.

Fusaro: rafforza il Governo in Parlamento.

Cazzola – Certo. Rafforza tanto il governo in Parlamento fino al punto di ribaltare la prassi consueta nelle democrazie. E’ il governo e per lui il presidente del consiglio (leader della lista che vince le elezioni) a stabilire, prima di andare al voto, chi è candidato e chi è eletto. Alla fine, in pratica, è il governo che vota la fiducia ad Parlamento composto a sua immagine e somiglianza. Ma l’Italia non era una Repubblica a regime parlamentare?

Fusaro: rafforza la partecipazione attraverso iniziativa popolare e referendum.

Cazzola – È l’apogeo del populismo l’abrogazione pratica del quorum (la maggioranza degli aventi diritto al voto) nei referendum. Quella liberale è una democrazia rappresentativa.

Fusaro: cancella ogni riferimento alle province.

Cazzola – La cancellazione definitiva delle province è un delitto da Corte di giustizia. In tutti i Paesi vi è un livello intermedio tra il comune e la regione (o lo Stato federato). Già quello vigente (legge Delrio) è un pasticcio che ha impoverito il governo del territorio, mettendolo nelle mani o di nessuno o delle burocrazie politiche come nelle città metropolitane. Togliere ogni accenno alle province nella Costituzione significa perseverare nell’errore e precludersi ogni possibilità di rimediare. Inoltre, la ripartizione provinciale è il perno dell’amministrazione dello Stato e dei grandi enti pubblici; ma a questo punto non vi sono più istituzioni politiche corrispondenti.

Fusaro: abolisce il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro).

Cazzola – Eppure un organismo simile al Cnel esiste in altri Paesi europei e nella Ue. Cancellare il Cnel è un’ulteriore manifestazione del disinteresse che l’attuale governo dimostra verso i c.d. corpi intermedi, rappresentati appunto nel Cnel.

Fusaro: ridisegna i rapporti fra Stato e Regioni secondo la formula: più potere legislativo allo Stato, più influenza di Regioni e Comuni sullo Stato grazie al nuovo Senato.

Cazzola – È come riscrivere un’altra volta il Titolo V. I conflitti di attribuzione e di competenze a cui aveva dato luogo la riforma del 2001 (a proposito di che cosa capita quando le revisioni costituzionali sono sbagliate) sono stati composti e superati grazie all’intervento della Corte Costituzionale. Ridefinire quelle norme, ridisegnare l’assetto dei poteri e delle competenze (per giunta in testi scritti con i piedi) vuol dire aprire un nuovo contenzioso di anni e trasformare il Senato delle autonomie nel rappresentante sindacale delle Regioni. E poi, che cosa ce ne facciamo della conferenza Stato-regioni? Stendiamo poi un velo pietoso sul “noli me tangere” delle regioni a statuto speciale.

Fusaro: lungi dal trascurarle, rafforza in più punti le c.d. garanzie (incluso il controllo di costituzionalità preventivo sulle nuove leggi elettorali).

Cazzola – Ovvero snatura anche il ruolo della Corte costituzionale che non è tenuta a un giudizio di legittimità preventivo.

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