Si tratta di una legge di revisione costituzionale (cioè una legge che modifica la Costituzione) che il Parlamento ha varato nel rispetto rigoroso dell’art. 138 della Costituzione stessa. Questa modifica della Costituzione punta a rafforzare e semplificare il governo del Paese e interviene solo sulla Parte Seconda della Costituzione (quella che si occupa dell’ordinamento della Repubblica, cioè dell’organizzazione dei poteri pubblici); invece la Parte Prima (che segue i Principi fondamentali e contiene il catalogo dei diritti e dei doveri delle persone) non è toccata (salvo una modifica conseguenziale all’art. 48).
In particolare la legge di revisione:
– riforma il Parlamento: abolite le due Camere come doppioni;
– trasforma il Senato in un’assemblea di rappresentanza di Comuni e Regioni, molto più piccola (95 vs. 315 membri elettivi = meno 220 rispetto ad oggi);
– stabilisce che al Governo basterà – ora, come dappertutto – la fiducia della sola Camera dei deputati;
– sana l’incongruenza democratica di una seconda Camera con i poteri della prima ma alla cui elezione non partecipano i cittadini fra 18 e 25 anni meno un giorno;
– rafforza il Governo in Parlamento;
– rafforza la partecipazione attraverso iniziativa popolare e referendum;
– cancella ogni riferimento alle Province;
– abolisce il CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro);
– ridisegna i rapporti fra Stato e Regioni secondo la formula: più potere legislativo allo Stato, più influenza di Regioni e Comuni sullo Stato grazie al nuovo Senato;
lungi dal trascurarle, rafforza in più punti le c.d. garanzie (incluso il controllo di costituzionalità preventivo sulle nuove leggi elettorali).
La legge di revisione è stata approvata – come la Costituzione stessa vuole – sia dalla Camera sia dal Senato per due volte a distanza di tre mesi nello stesso identico testo. La seconda votazione è avvenuta a maggioranza assoluta (cioè della metà più uno dei componenti cioè 316 deputati almeno e 161 senatori). Se la seconda votazione fosse avvenuta con una maggioranza più alta (i due terzi: 421 deputati e 214 senatori) tutto sarebbe finito. Così non è stato: perciò in base alla Costituzione, 500.000 elettori oppure cinque consigli regionali oppure un quinto dei componenti della Camera o del Senato possono chiedere che siano gli elettori ad avere la parola finale in un apposito referendum. Perciò, quando il Parlamento ha votato la legge di revisione definitivamente, essa è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale al solo scopo di informare i cittadini: e sono scattati i tre mesi entro i quali possono essere raccolte le firme (da parte dei cittadini o da parte dei senatori o da parte dei deputati) o deliberate le richieste (da parte dei consigli regionali) per il referendum. La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è avvenuta il 15 aprile 2016 (G.U., n° 88).
In realtà sia gli oppositori della riforma sia i fautori della riforma – questi ultimi, come avevano sempre detto sin dall’inizio il presidente del Consiglio Renzi e il ministro per le riforme Boschi – hanno chiesto che sia il corpo elettorale a pronunciarsi.
Attenzione 1: il referendum costituzionale non prevede quorum: in altre parole esso è valido quale che sia il numero dei partecipanti. L’astensione è neutra. I fautori del sì, dunque, devono andare a votare, altrimenti il rischio è che una minoranza militante di contrari prevalga grazie all’assenteismo.
Attenzione 2: grazie alla nuova legge elettorale (legge 52/2015), adesso anche i cittadini temporaneamente all’estero per motivi di studio, lavoro, cure mediche possono chiedere di votare per corrispondenza (inclusi ovviamente i referendum). Apposito modulo si trova nel sito del ministero degli affari esteri (www.esteri.it e poi >italiani nel mondo > servizi consolari > voto all’estero).
Prima di una serie di puntate tratte dalla guida alla riforma costituzionale scritta dal prof. Carlo Fusaro