Skip to main content

Renzi e Padoan siano più tosti in Europa sui conti. Parla Boccia (Pd)

boccia

La lunga maratona per l’approvazione della legge di bilancio, il percorso in salita per ottenere dall’Europa più flessibilità sui conti pubblici e un sistema economico che fatica ancora troppo a rimettersi in moto. E’ in questo contesto che il prossimo 4 dicembre gli italiani saranno chiamati alle urne per decidere se promuovere o bocciare la riforma costituzionale firmata Matteo RenziMaria Elena Boschi. Sfide sulle quali si è soffermato il presidente della Commissione Bilancio della Camera – ed esponente Pd – Francesco Boccia che ieri ha partecipato alla Galleria Alberto Sordi, a Roma, al tradizionale appuntamento di Formiche con gli Aperithink.

L’ECONOMIA CHE NON DECOLLA

Un’analisi, quella dell’economista Boccia, che ha preso il via dalle difficoltà in cui ancora si dibatte il Paese. Problemi che – ad avviso del presidente della commissione Bilancio – sono da considerarsi diretta conseguenza degli obblighi stabiliti a Bruxelles. “E’ dal 2007 – dai tempi di Tommaso Padoa Schioppa – che l’Italia non è più in procedura d’infrazione e fa tutti i compiti a casa, eppure le cose non sono affatto migliorate“. Anzi – sul fronte della crescita e dell’indebitamento – sono anche peggiorate: “Ubbidendo sempre all’Europa abbiamo accumulato 32 punti in più di debito pubblico. E’ la dimostrazione che se rispetti tutte le regole, stai fermo e non cresci. E nel frattempo il debito neppure si riduce ma, al contrario, aumenta“.

RENZI, L’EUROPA E LA CRESCITA

Rivedere queste regole, allora, diventa un imperativo: “L’Italia si appresta a chiedere uno 0,4% in più nel rapporto deficit Pil. Io però avrei chiesto di più perché evidente come questi parametri siano ormai del tutto superati“. Ammontare dello sforamento che poi, ovviamente, andrà incidere sul livello di crescita generale del Paese. La polemica è quella di questi giorni tra governo da un lato e Ufficio parlamentare del Bilancio dall’altro. Secondo Matteo Renzi e Piercarlo Padoan nel 2017 la crescita si attesterà all’1%, ma il presidente dell’Ufficio parlamentare del Bilancio Giuseppe Pisauro – sentito qualche giorno fa in commissione a Montecitorio – ha evidenziato come queste stime “siano contrassegnate da eccessivo ottimismo“. In questo caso Boccia non ha dubbi: quello dell’Ufficio parlamentare di Bilancio è un ruolo tecnico che prende atto dei numeri. Dunque – ha spiegato l’esponente Pd – con l’attuale rapporto deficit pil al 2% l’Italia crescerà meno delle aspettative del governo: solo se si otterrà a Bruxelles più flessibilità su questo parametro, i risultati economici saranno più vicini alle attese. Alla fine – ha pronosticato Boccia – “il Parlamento autorizzerà il governo ad arrivare al 2,4%“.

UNA LEGGE DI BILANCIO “LIGHT”

Ma che legge di bilancio sarà quella per il 2017? Sarà lacrime e sangue – come molte altre nella recente storia italiana – oppure elettorale considerato il prossimo appuntamento referendario? “Sarà una legge di bilancio light“, ha risposto Boccia, che poi ha dato anche qualche numero. Un provvedimento complessivamente da “24-25 miliardi di euro“, 15 dei quali saranno utilizzati “per non far scattare la clausola di salvaguardia che avrebbe imposto l’aumento dell’Iva“. L’imposta sul valore aggiunto non verrà aumentata, ma di conseguenza – dunque – ci saranno meno risorse da investire. “Rimarranno così tra i 7 e i 10 miliardi, in considerazione del deficit che eventualmente ci concederà l’Europa“, ha aggiunto. E come saranno utilizzate queste risorse? “Ci sarà ancora spazio per la decontribuzione del lavoro“, ha affermato Boccia, per il quale “l’unica spinta alle assunzioni è che i lavoratori costino meno alle aziende”.  Una misura già prevista nel 2015, ma poi ridotta nel 2016, che – ad avviso del presidente della Commissione Bilancio – dovrebbe avere più fondi a disposizione. Infine, il famigerato APE (acronimo di anticipo pensionistico), per il quale è ancora incerto l’ammontare delle risorse che saranno stanziate.

L’APPUNTAMENTO CLOU

Tutto ciò, ovviamente, tenendo conto che il 4 dicembre Renzi e il governo affronteranno la sfida più importante. “Gli ultrà di una fazione o dell’altra sono già in campo, ma io non drammatizzerei“, ha commentato Boccia, che ha annunciato il suo sostegno alla causa, pur non essendo un fervente sostenitore della Costituzione riformata: “Io voto Sì, ma non è la mia riforma. Avrei voluto il passaggio secco al monocameralismo“. Un’altra delle pecche – secondo l’esponente Pd – attiene al metodo scelto per mandare in porto la legge di revisione costituzionale: “Avrei voluto che fosse la Costituzione di tutti“. A proposito di alcune delle ragioni del No, il suo è comunque un giudizio profondamente negativo: “Quella che viene fatta sullo stravolgimento della Carta è una pessima propaganda. I principi fondamentali e intangibili sono contenuti nella prima parte della Costituzione che non viene toccata dalla riforma. E’ stata modificata solo la seconda parte della Costituzione relativa all’organizzazione dello Stato che si può cambiare, anche perché sono passati 70 ani dalla sua entrata in vigore“. C’è però un’altra domanda fondamentale: cosa succederà – economicamente parlando – il 5 dicembre a seconda che prevalgano i Sì o i No? “Non cambia niente da quel punto di vista“, ha rassicurato Boccia, che ha invece invitato a guardare con più attenzione ad un’altra data – il primo aprile 2017 – quando scadrà il quantitative easing della Bce presieduta da Mario Draghi.

INCERTEZZA A FRANCOFORTE

E’ a quel giorno che bisogna semmai guardare con maggiore preoccupazione. “Fino a marzo” – ha spiegato Boccia – “saremo sotto l’ombrello della BCE che pompa 80 miliardi al mese”. I problemi, quindi, potrebbero arrivare dopo: “Cosa accadrà il primo aprile dell’anno prossimo? Vincerà la linea di Draghi oppure quella tedesca? Si tenga conto che nel 2017 si andrà al voto sia in Francia che in Germania“. Con l’inevitabile condizionamento che le campagne elettorali nazionali esercitano sulle politiche europee. Poi il cenno di carattere storico: “Se questo sistema di protezione ci fosse stato anche in passato, il governo Berlusconi nel 2011 non sarebbe caduto. O quanto meno non sarebbe caduto per colpa dello spread“.

IL FUTURO DEL PD

Di sicuro – ha osservato ancora Boccia – “è stato un bene che il referendum costituzionale sia stato fissato il 4 dicembre. In questo modo – prima che gli italiani si pronuncino sulla riforma della Costituzione – una delle due Camere avrà licenziato la legge di bilancio“. Un salvagente per lo Stato ed anche per il presidente della Repubblica nel caso eventuale in cui vincessero i No con conseguenti, possibili, scosse sull’esecutivo. Da questo punto di vista, Boccia ha ipotizzato che in prima lettura la legge di bilancio possa essere approvata nella settimana tra il 20 e il 27 novembre. E il Partito Democratico? “Chiederò che il congresso si svolga in anticipo rispetto al periodo previsto di ottobre 2017. Fatto il referendum – comunque vada – penso sia giusto tornare a scegliere il segretario“. Infine una stoccata agli avversari: “Mi auguro che facciano lo stesso pure il MoVimento 5 Stelle e il centrodestra, anche se mi pare che gli strumenti che utilizzano siano diversi. Di fronte a temi così importanti non possono decidere solo in quattro. Noi del Pd agiamo in questo modo, ma non ho ancora capito come faranno gli altri“.

×

Iscriviti alla newsletter