Nessun salto nel buio, nessun terremoto o diluvio: l’eventuale prevalenza dei No al referendum costituzionale in programma il prossimo 4 dicembre non farà sprofondare l’Italia in una sorta di buco nero. E’ questo il messaggio lanciato dal MoVimento 5 Stelle che ha promosso – stamattina alla Camera – un dibattito per discutere della riforma della Costituzione firmata da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi.
LA POLEMICA SUI RISPARMI
A tenere banco è stato soprattutto il tema dei risparmi che si otterrebbero con l’eventuale Sì al referendum: secondo la Ragioneria dello Stato circa 50 milioni nella fase di prima attuazione, che però – argomentano i sostenitori della riforma – diventerebbero molti di più una volta mandata pienamente a regime la nuova Costituzione. “E’ un tema che il premier ha iniziato a scoprire nelle ultime settimane quando si è reso conto di cosa dicono davvero i sondaggi“, ha commentato Luigi Di Maio, che poi ha aggiunto: “Penso non sia così rilevante quando si parla di riforme costituzionali. Ma se la vogliono mettere sul piano dei costi della politica, allora avrebbero dovuto ricordarsi, ad esempio, di tagliare i 135 milioni di euro che la sola Camera spende per i vitalizi ogni anno. Noi abbiamo anche presentato una proposta di legge costituzionale in tal senso“. Interpretazione almeno apparentemente condivisa dal vicedirettore di Libero Franco Bechis – presente al dibattito nella veste di moderatore – il quale ha ricordato come il taglio del Cnel alla fine produrrà un risparmio di 8 milioni di euro annui: la cifra che nel bilancio di previsione 2016 è stata stanziata per il funzionamento dell’organo.
IL BICAMERALISMO PERFETTO
Nel mirino anche l’addio al bicameralismo perfetto che si consumerebbe nel caso di vittoria dei Sì. Il problema delle inefficienze italiane – secondo i pentastellati – non andrebbe individuato nelle disposizioni costituzionali che attribuiscono a Camera e Senato le stesse identiche funzioni. “Si tratta di un falso mito“, ha spiegato la costituzionalista Ines Ciolli dell’Università La Sapienza, che ha partecipato al dibattito. A tal proposito la dimostrazione – ha affermato – è rappresentata dalla rapidità con cui il Parlamento nel corso degli anni ha approvato numerose leggi o decreti. Ad esempio Ciolli ha citato la riforma dell’articolo 81 della Costituzione che ha introdotto l’obbligo del pareggio di bilancio o l’intervento a firma dell’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero sulle pensioni.”Casi – e ce ne sono molti altri – nei quali le Camere hanno proceduto speditamente nonostante il tanto bistrattato bicameralismo paritario“, ha spiegato la costituzionalista.
IL RUOLO DELLE REGIONI
Riforma da bocciare – ad opinione di Ciolli – anche per le novità introdotte in materia di rapporti tra Stato e Regioni. Nella nuova distribuzione di competenze molte materie vengono riportate a livello centrale, ma questo nuovo assetto – dicono dal movimento – non farà che aumentare il contenzioso di fronte alla Corte Costituzionale e le inefficienze. Ma non dovrebbe essere il contrario? “Ormai – ha risposto – grazie all’attività interpretativa svolta dalla Consulta sono state sanate in gran parte le difficoltà operative manifestate inizialmente dalla riforma del Titolo V del 2001“. Modificare di nuovo la ripartizione di funzioni vorrebbe dire – a suo avviso – “gettare al vento 15 anni di sforzi chiarificatori della Corte Costituzionale con la conseguenza di far precipitare di nuovo il sistema nella più totale incertezza“.
LE CONSEGUENZE ECONOMICHE
Il tema principe di questi giorni sono però le eventuali ripercussioni di carattere economico che – a detta di alcuni dei fautori del Sì – deriverebbero dalla bocciatura della riforma sottoposta a referendum. “Non è così, gli italiani devono poter votare liberamente senza essere condizionati dalla grande finanza e dalla tecnocrazia, che non a caso sono tra i più convinti sponsor di questa riforma“, ha commentato il deputato pentastellato Danilo Toninelli. L’economia – ha proseguito – non tornerà in positivo in ogni caso, perché “la crescita zero di questi anni dipende dalle soluzioni sbagliate messe in campo, dal fatto che non ci siano stati sufficienti investimenti“. “Quando incontro i cittadini” – gli ha fatto eco Di Maio – “non mi chiedono di modificare la Costituzione ma di risolvere concretamente i loro problemi. Le necessità del Paese sono altre ma Renzi ci ha inchiodato in questa campagna elettorale da mesi“.
LA CAMPAGNA REFERENDARIA
Una campagna referendaria caratterizzata da “un imbarbarimento senza precedenti“, ha dichiarato Di Maio, per il quale “Renzi ormai promette e dice di tutto” come se si trattasse di “una televendita“. La realtà – ha continuato il vicepresidente della Camera – è che “sta facendo i salti mortali per far dimenticare che il presidente del Consiglio è lui visti gli scarsi risultati del governo e il calo di fiducia nei suo confronti“. Un imbarbarimento di chi cui sarebbe figlio anche l’alto tasso di trasformismo che ha caratterizzato questa legislatura: “Il misto è oggi il terzo gruppo più folto della Camera senza contare i deputati che sono usciti dalle forze politiche di provenienza per abbracciarne di nuove nel corso di questi anni“. Ma cosa c’entrano i parlamentari che cambiano casacca con il referendum sulla Costituzione? Questo fenomeno – ha risposto Di Maio – è diventato ancor di più invasivo del passato “a causa del mercato delle vacche grasse orchestrato da Renzi per far passare la sua riforma a colpi di maggioranza“.