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Come funziona il Registro dei lobbisti per la trasparenza al Mise

362 soggetti collettivi e individuali ad oggi iscritti, con espressa accettazione del codice di condotta, costituiscono il risultato più significativo per il Registro della trasparenza del Mise, operativo dal 6 settembre scorso. Il Registro ha un impianto di diretta discendenza dall’omonimo Registro della trasparenza di Commissione e Parlamento dell’Ue. Da quest’ultimo, il Registro Mise riprende quasi tutti gli elementi costitutivi, quali la denominazione, il metodo dell’iscrizione su base volontaria con un sistema di incentivi selettivi, la suddivisione in sezioni (1.Imprese e associazioni di categoria, commerciali e professionisti; 2. Società di consulenza specializzate/studi legali/consulenti indipendenti; 3.Organizzazioni non governative; 4. Centri studio, istituti accademici e di ricerca; 5. Organizzazioni rappresentative di amministrazioni regionali, comunali e locali, altri enti pubblici o misti), il meccanismo di espressa sottoscrizione del codice di condotta nel momento in cui ci si accredita, gli strumenti di controllo diffusi, mediante piattaforma web, per la segnalazione di meri errori materiali nella registrazione e di reclamo per la violazione del codice di condotta; l’invito a partecipare alle consultazioni istituzionali riservato di default ai gruppi inseriti nel Registro.

Il Registro Mise riprende, in modo consapevole e mirato, il sistema di incentivi selettivi dell’Ue, puntando sull’abbinamento tra registrazione, su base volontaria, e accesso istituzionale. La possibilità di richiedere incontri presso il Mise a ministro, viceministro e sottosegretari (di cui vengono pubblicate bimestralmente le agende pubbliche di incontri), è condizionata alla iscrizione dei portatori di interessi al Registro per la trasparenza.

L’esperienza europea di revisione del Registro per la trasparenza nel periodo 2014- 2015, ha puntato, con un certo successo, proprio su questo abbinamento degli incentivi di accesso istituzionale, in particolare per la Commissione Ue (pubblicazione delle dichiarazioni degli interessi dei Commissari, pubblicità delle relative agende di incontri con portatori di interessi particolari, necessariamente accreditati al Registro per la trasparenza, disponibilità online dell’elenco dei doni, di importo superiore ai 150 euro, ricevuti dai Commissari). Nella esperienza Ue si è passati dai 4000 soggetti registrati del 2013 agli oltre 10.000 gruppi iscritti al Registro della trasparenza Ue del 2015, dopo gli interventi di revisione descritti.

Al Mise è bastata la notizia che gli incontri del ministro, viceministro e sottosegretari dentro al ministero sarebbero stati aperti ai soli gruppi di interesse accreditati a partire dal 6/10/2016, per avere un picco di registrazioni nei giorni 5 e 6 ottobre (il 18 % dei portatori di interessi particolari iscritti al registro in 48 ore). Anche il confronto con l’analogo Registro del Mipaaf, attivo dal 2015 e costruito su un diverso sistema di iscrizione, con minori incentivi per i registrati, sembra indicare la maggiore efficacia del modello del Mise. Nel Registro Mipaaf del 2015, a fronte della possibilità di iscrivere d’ufficio i soggetti con cui le Direzioni generali del ministero abbiano instaurato precedenti attività, risultano iscritti 255 gruppi, un numero inferiore ai 362 soggetti accreditatisi al Mise in poco meno di due mesi.

Effettuata la doverosa valutazione che tutto risulti perfettibile, specie nel contesto italiano – così assiduo nel parlare di lobby ma così in ritardo nel regolare il fenomeno – l’esperienza del Registro Mise ci suggerisce che, nelle more dell’approvazione di una legge nazionale, ha senso e seguito l’idea di far funzionare al meglio quanto già esiste nella realtà e nella pratica delle istituzioni nazionali. Vale la pena ricordare che tutti i modelli di disciplina dei rapporti tra gruppi di interesse e sistema delle istituzioni esistenti (dal Registro Ue allo spesso evocato modello Usa) sono stati, nel tempo, soggetti a revisioni e aggiustamenti, volti a efficientarne il funzionamento e a limitarne i problemi, emersi nella applicazione pratica. Queste migliorie sono state, tuttavia, realizzate a partire da un imperfetto sistema esistente che è stato messo nella condizione di ottenere una migliore resa; e non nell’inseguimento di un modello regolativo ideale, spesso “di importazione”, che nel nostro sistema politico sembra relegato alla sola dimensione di approvazione di un provvedimento legislativo che tarda ad arrivare. Far funzionare al meglio l’esistente, riprendendo anche in altri, analoghi contesti, l’esperienza del Mise potrebbe costituire una alternativa praticabile per portare trasparenza ed efficacia nella relazione tra gruppi di interesse e decisori pubblici.


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