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Tutti gli effetti della vittoria del No al referendum

Di Lorenzo Codogno
Maria Elena BoschI

La vittoria del “no” al referendum per la riforma costituzionale non avrebbe conseguenze disastrose per l’Italia, tuttavia renderebbe più radicato il senso di impotenza del paese e accrescerebbe la percezione della sua incapacità di uscire dalle sabbie mobili della politica. È l’opinione che emerge dal paper “Italy’s constitutional referendum: mapping possible political scenarios”, di Lorenzo Codogno, visiting professor in Practice allo European Institute, fondatore e capo economista della società di consulenza LC Macro Advisors Ltd. e già capo economista e direttore generale al dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia.

Nel policy brief dello scorso settembre, realizzato per la School of European Political Economy e per la London School of Economics and Political Science, l’economista evidenzia l’importanza del referendum come evento chiave per il governo italiano e per gli sviluppi politici che porteranno alle elezioni nella primavera 2018. “Secondo i sondaggi d’opinione, i risultati rimangono troppo ravvicinati”, scrive. “La proposta di riforma costituzionale ha alcuni difetti, ma rappresenterebbe comunque un significativo passo in avanti verso la realizzazione di un processo legislativo più efficace, governi più stabili e una relazione fra il governo centrale e gli enti locali più funzionale”.

Quali sono dunque gli scenari possibili in caso di vittoria del “no”? Sarebbe davvero un uragano politico, economico e finanziario per l’Italia? La sorte del nuovo testo di riforma sarebbe restare sui tavoli di lavoro per almeno altri due o tre anni, il compito di scrivere una nuova riforma costituzionale verrebbe probabilmente assegnato a una nuova commissione parlamentare o a un’assemblea ad hoc. Mentre secondo il professore i due fronti di rischio, dal punto di vista politico, dell’instabilità di governo prolungata e di una presa del potere da marte del M5S, rimangono scenari di bassa probabilità. “Come ho già avuto modo di dire, se la coalizione attuale non regge, si formerà quasi inevitabilmente una grande coalizione. Potrebbe inizialmente essere difficile creare un nuovo governo, ma eventualmente si formerebbe una coalizione, che sarebbe incaricata di scrivere una nuova legge elettorale e poi di indire le elezioni”.

Se da un lato, la formazione di una grande coalizione potrebbe aiutare il Movimento 5 Stelle alle prossime elezioni, la loro performance negativa al governo di Roma ha contribuito alla riduzione di questo rischio, secondo il professore, che ritiene la riscrittura della legge elettorale un’opportunità per escludere il rischio che il M5S ottenga un consistente premio di maggioranza e in tal modo la maggioranza assoluta in Parlamento.

I due o tre anni di giacenza della nuova riforma costituzionale metterebbero in evidenza una situazione di stallo istituzionale e l’incapacità dei legislatori italiani di riformare il paese. Inevitabilmente questo rallenterebbe il processo legislativo per tutte le altre riforme. “È sconcertante vedere alcuni parlamentari che hanno votato per la riforma costituzionale in Parlamento, promuovere oggi una campagna per il “no”, per motivi puramente politici”, continua Codogno, “ciò suggerisce che il paese è incapace di riformare sé stesso a causa delle lotte fra i parlamentari e che i rappresentanti eletti sono incapaci di governare effettivamente il paese. Non è una buona sensazione, data la crescita economica esigua e l’alto debito pubblico”.


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