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4 dicembre: non solo referendum

europa, bandiera europea

Che succede il 4 dicembre? Si, lo sappiamo, il referendum sulla riforma costituzionale. In Italia.

Già, perché il 4 dicembre non c’è solo il referendum costituzionale italiano, che ha assunto una rilevanza europea solo grazie all’irresponsabile personalizzazione del risultato da parte del Presidente del Consiglio. Un referendum che avrebbe presumibilmente raccolto timidi ma larghi consensi e che invece, grazie alla sua discesa in campo a gamba tesa, è un voto che rischia di destabilizzare la già precaria situazione del paese, facendo immaginare scenari apocalittici.

In questo modo, il referendum è diventato una splendida occasione per esprimere un disagio diffuso, che la maggior parte dei cittadini non sa più come esternare in un contesto politico nel quale si sono persi i connotati valoriali di destra e sinistra, in cui l’esercizio democratico si è ridotto alla sola possibilità di sfruttare il diritto di voto, soprattutto se è un voto nel quale non ci si deve esprimere necessariamente a favore di qualcuno, ma si ha l’opportunità di esprimersi contro il “sistema”.

Dovesse vincere il NO, stia certo Renzi che, come d’altronde ha chiesto, è un voto contro di lui (che incarna il “sistema”), non a favore di Salvini o di Grillo (gli unici ad essersi apertamente schierati per il NO).

E se dovesse prevalere il SI, eviti di inneggiare al consenso dei cittadini, accenda un cero a chi preferisce ringraziare (magari Berlusconi, recuperato ancora una volta a nuova vita da un esponente del PD); e cerchi piuttosto di capire le motivazioni di chi ha votato contro, facendo lo sforzo di interpretare le ragioni del disagio e della rabbia di una parte crescente dell’elettorato. Lo diciamo per lui, e per il bene di un paese e di un’Europa che hanno bisogno di autorevolezza e leadership, non di slogan e di rottamazioni; un paese che ha bisogno di riacquistare fiducia nelle istituzioni; che si è stancato del populismo di sinistra, anche più di quello di destra o del M5S.

Norbert Hofer

In ogni caso, il 4 dicembre non c’è solo il referendum italiano. C’è anche il ballottaggio per le elezioni Presidenziali in Austria, dove il rischio di avere un Presidente filo-neonazista è concreto. Con scenari ben più concretamente apocalittici di quanto si possa temere per l’Italia. Una Presidenza Hofer potrebbe portare ad un percorso di uscita del paese dall’euro e dalla UE, specialmente se l’FPÖ dovesse affermarsi anche alle elezioni politiche del 2018.

Dopo il voto a favore della BRexit, un tentativo di uscita da parte di un paese appartenente all’euro rischierebbe di essere fatale per tutta la costruzione europea. Soprattutto in un contesto di elevata incertezza in Olanda (con l’ipotesi di un governo Wilders alle prossime elezioni di marzo), in Francia (con l’incognita Le Pen sulle presidenziali ad aprile-maggio) e in Germania (che deve sperare ancora una volta nella Merkel come argine alle formazioni nazionaliste). E con un paese, la Grecia, che ha scommesso sulla sopravvivenza dell’euro anche a costo di sacrifici immensi, e che nella nuova situazione politica potrebbe essere tentato di giocarsi seriamente la carta GRexit, nella speranza di potersi liberare dal giogo che sta distruggendo il livello di vita e la qualità democratica del suo tessuto politico e sociale, magari individuando nuovi alleati a livello internazionale.

L’insipienza, le incertezze, la miopia, le ambiguità delle leadership europee nel rispondere alla crisi degli ultimi anni rischiano di farci ripiombare nel buio dei fragili e illusori steccati nazionali. Mentre intorno a noi il mondo corre, e si ridisegnano gli equilibri di potere a livello mondiale.

L’effetto domino, col conseguente conto alla rovescia per l’euro e per l’Unione Europea, è pronto a scattare. E non a causa del referendum italiano.

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