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Come si dividono i dossettiani sul referendum costituzionale

Il referendum costituzionale divide il fronte della sinistra cattolica. Anzi, forse sarebbe più azzeccato dire che è proprio Matteo Renzi a creare scompiglio in quell’area del cattolicesimo democratico in cui lo stesso premier è cresciuto e che oggi si trova piuttosto spacchettata.

Si va infatti dagli iper-renziani sostenitori della riforma e schierati per il Sì in vista del 4 dicembre a chi esprime un Sì più critico e pacato (ma pur sempre Sì) fino a chi ha deciso di mettere su le barricate per il No rispolverando i tempi della discesa in campo di don Giuseppe Dossetti nel 1994 in chiave antiberlusconiana.

Ed è proprio l’eredità politica del padre costituente a tenere banco. Il giornalista Raniero La Valle (nella foto) ha mobilitato per il No i Comitati Dossetti per la Costituzione, richiamando alle armi (in senso metaforico, s’intende) quel gruppo di intellettuali formatisi sul pensiero del sacerdote reggiano. Già direttore del Popolo e dell’Avvenire d’Italia ai tempi del Concilio Vaticano II nonché deputato della Sinistra indipendente (qualche anno fa lanciò pure un manifesto per la nascita di una sinistra cristiana), La Valle si è detto convinto che Dossetti oggi si sarebbe espresso (e impegnato in prima persona) contro questa riforma costituzionale, proprio come aveva fatto quando a governare era il centrodestra con il primo governo di Silvio Berlusconi. Lo seguono in questa avventura gli storici compagni di battaglie dei Comitati dossettiani come il giurista Luigi Ferrajoli, attivo nel fronte del il No, e lo stesso ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida.

A Bologna, culla del dossettismo italiano ai tempi del cardinale Giacomo Lercaro, c’è un’altra figura importante del cattolicesimo democratico schierata per il No: si tratta di don Giuseppe Nicolini, storico direttore della Caritas felsinea e parroco alla Dozza (vicino al carcere), fondatore della comunità delle Famiglie della Visitazione e punto di riferimento per i cattolici progressisti bolognesi. In un suo recente intervento, don Nicolini per motivare la posizione contraria al referendum ha scomodato lo stesso Dossetti. «Senza ombra di dubbio – ha scritto don Nicolini – Dossetti avrebbe combattuto questa riforma prima di tutto perché operazione illegittima e pericolosa: un parlamento eletto con legge dichiarata incostituzionale che si arroga il diritto di cambiare un’ampia parte della Costituzione con stretta maggioranza politica».

A questo punto viene da chiedersi: possiamo definitivamente arruolare Dossetti nel pantheon dei contrari alla riforma Renzi-Boschi? Non tutti sono d’accordo con questa impostazione. A partire dall’ex segretario del Ppi e già parlamentare del Pd Pierluigi Castagnetti, allievo e amico del sacerdote reggiano, che ha chiesto proprio di tenere Dossetti fuori dal dibattito per rispetto alla sua figura e per non farne motivo di divisione tra i suoi allievi. Castagnetti, schierato per il Sì, è stato in lizza per diventare portavoce del Comitato principale a trazione renziana, ruolo che poi ha preferito non ricoprire (declinando l’invito offerto dal premier) proprio per evitare dissapori con gli amici dossettiani. In campo per un Sì definito pacato tramite un appello firmato da oltre 300 persone tra docenti universitari, studiosi e scienziati, c’è anche lo storico Alberto Melloni, oggi firma di Repubblica e alla guida della Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII fondata a Bologna dallo stesso Dossetti.

(Articolo pubblicato su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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