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Commercio, cosa nasconde lo stop del Senato alla nuova Scia di Renzi

Tempi duri per nuova scia, la segnalazione certificata di inizio attività pensata dal governo Renzi. La Commissione Affari Costituzionali del Senato presieduta da Anna Finocchiaro ha praticamente rimandato al mittente lo schema legislativo con cui l’esecutivo intende disciplinare le autorizzazioni per aprire un’attività commerciale che ha generato, tra l’altro, una guerra tra commercianti capeggiati da Federdistribuzione e sindaci.

Una bocciatura su più livelli arrivata qualche giorno fa ad opera del relatore del provvedimento, il senatore piddino Giorgio Pagliari, ma passata sotto silenzio. E sì che l’iniziativa parlamentare è stata sollecitata da molti primi cittadini, il fiorentino Dario Nardella in testa, che vorrebbero tutelare i centri storici dall’invasione di catene commerciali  o multinazionali che poco o nulla hanno a che fare con l’identità storica di tante città italiane.

Ma il senatore Pd nella sua relazione ha bocciato la “ratio” delle norme che non appaiono “pienamente conforme” con la delega che può esercitare il governo per riformare la Pubblica Amministrazione “in quanto non idonee a realizzare una puntuale attuazione della delega in ordine alla disciplina generale delle attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva espressa, né una compiuta semplificazione dei procedimenti amministrativi”.

Che significa? In pratica la strada della nuova Scia poco o nulla c’entrerebbe con la riforma della Pa del Ministro Marianna Madia. Sembrerebbe quasi che il provvedimento vi fosse entrato per forza, uno stratagemma politico però che non starebbe in piedi. Ma anche le norme che, per loro natura, su una materia così complessa dovrebbero semplificare l’iter burocratico per Pagliari “sono formulate in contrasto con i principi di chiarezza, intelligibilità e coerenza, che dovrebbero ispirare la redazione dei testi legislativi, tanto più in un settore sul quale le esigenze di semplificazione appaiono particolarmente urgenti”.

Ma la vera bocciatura arriva proprio sulla materia del contendere ovvero l’articolo 1 comma 3 quello che Federdistribuzione ad altre associazioni di categoria hanno indicato come “incostituzionale”, ovvero il fatto di concedere ampi poteri ai sindaci nella scelta di quale attività possa aprire o meno in base “al principio di tutelare il patrimonio culturale di aree aventi particolare valore storico o archeologico”.

“La norma, nell’attribuire ai Comuni il potere di regolare, fino a vietarlo del tutto – ammonisce Pagliari – l’esercizio di un’attività economica privata, incide direttamente sulla materia della tutela della concorrenza che, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, è riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato”.

Insomma i Comuni non possono fare ciascuno ciò che vuole, la materia dovrebbe essere disciplinata dallo Stato ed essere uguale per tutti. Ciò significa che quello che è stato ribattezzato come metodo Nardella – dove con lo spauracchio del centro storico patrimonio dell’Unesco, si è vietato, ad esempio, a McDonald’s di aprire un proprio negozio nel centro storico – difficilmente potrà estendersi a livello nazionale. Adesso tocca al governo vedere, in attesa anche dei pareri della Commissione Industria e Ambiente di Palazzo Madama, come e se voler rimettere mano alla proposta di legge.



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