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Fausto Bertinotti alla ricerca spasmodica di una rivolta

Fausto Bertinotti e moglie

Scrivevo non più tardi di ieri che il sonno della ragione genera dei mostri. Ne ho avuto una conferma leggendo una intervista di Fausto Bertinotti su Linkiesta. L’ex presidente della Camera assiste sconsolato al trionfo della globalizzazione e della sua visione del mondo, dei rapporti politici, economici e sociali, a tal punto che sia la destra che la sinistra sono condannate a portare avanti le stesse politiche. Naturalmente il ragionamento di Bertinotti è più ampio, argomentato e complesso della mia sintesi. Ecco perché è corretto esporre per intero le sue parole per quanto riguarda quello che io considero il punto-chiave dell’intervista. Al giornalista che gli chiede:

Presidente Bertinotti, insomma, come se ne esce secondo lei?
Bertinotti risponde: ‘’Con la rivolta’’

Cioè – incalza l’intervistatore – con i forconi?
Non intendo necessariamente con i forconi – spiega l’ex presidente – La rivolta è anche la nascita in Grecia di Syriza. Si dice che Syriza non è riuscita? Va bene, ma lasciamo che si moltiplichino queste esperienze e vediamo. La rivolta è anche Podemos, la rivolta è anche Il Movimento 5 Stelle. La rivolta è tutto ciò che sta fuori dal recinto dell’ordinamento costituito ed è in formazione. Penso che questo sistema dall’interno sia irriformabile: come vede, cambiano i protagonisti ma la situazione è sempre uguale. Se uno non si fa abbagliare dall’apparenza, Monti e Renzi stanno in una linea di continuità, non di discontinuità. In apparenza Renzi è la rivincita della politica, in realtà la stessa riforma costituzionale dice invece che Renzi è interno alla costruzione di un sistema oligarchico. E’ questo che Monti e Renzi hanno in comune. Poi, certo, è importante riconoscere che le forme con cui i due ci arrivano sono diverse.

Quindi come se ne esce? Insiste l’intervistatore
Se ne esce puntando sui barbari – replica Bertinotti – puntando cioè su coloro che sono fuori da questo sistema. La forma può essere solo quella della rivolta, non quella dell’alternativa politica, perché non ci sono più le alternative politiche. Basti vedere la fine dei partiti socialdemocratici. In genere si usciva da situazioni come quella attuale con l’alternanza: in Francia se ne va Sarkozy e arriva Hollande. Soltanto che quando è arrivato Hollande è stato come Sarkozy.

Accettando questa logica si accetta anche il rischio di partiti populisti al governo.
Ma certo che sì.

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Il pensiero di Fausto Bertinotti è chiaro. C’è solo da ricordargli un episodio storico che serve a puntualizzare il significato delle parole rispetto ai fenomeni sociali che descrivono. Quando il 14 luglio del 1789 il popolo parigino diede l’assalto alla Bastiglia (che peraltro era ormai in disuso) ad un dignitario di Corte che lo informava, allarmato, dell’evento, Luigi XVI chiese se si trattasse di una rivolta. Si racconta che il dignitario abbia risposto così: “No, Sire. E’ una rivoluzione’’. Appunto, caro Fausto, non accontentarti di una rivolta (le rivolte si fanno con i forconi e lasciano le cose come stavano prima). Pretendi almeno una rivoluzione.

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Fausto Bertinotti presiede una Fondazione di nome ‘’Cercare ancora’’. Si vede che non ha ancora trovato ciò che cercava. Neppure in “Comunione e liberazione’’. Speriamo che non lo trovi mai.

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Serafico, Angelino Alfano ha proposto di rinviare il referendum chiedendo, in pratica, alle opposizioni di prendere loro l’iniziativa. I maligni sostengono che è stato Matteo Renzi a mandarlo in avanscoperta: ‘’va avanti tu che a me viene da ridere’’, gli avrebbe ordinato.



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