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Cosa (non) succederà al Pd dopo il referendum del 4 dicembre. Parla Andrea Romano

Il giorno dopo il referendum il Pd rimarrà il Pd: un partito plurale dentro il quale esistono sensibilità diverse“. Parola del deputato Pd e condirettore de l’Unità Andrea Romano che in questa conversazione video con Formiche.net ha fatto il punto della situazione sulla volata finale in vista del voto del 4 dicembre.

LE POLEMICHE IN CASA PD

Nessuna scissione o spaccatura, dunque, dopo la guerra senza esclusione di colpi che la minoranza dem di Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani ha deciso di ingaggiare con Matteo Renzi sulla madre di tutte le battaglie politiche condotte dal presidente del Consiglio. “Le ragioni per continuare a far parte dello stesso ci saranno anche dopo il referendum“, ha commentato Romano. Che, però, non ha risparmiato qualche frecciata alla sinistra Pd: “La riforma l’hanno votata anche loro. Ma ora chiedono ai cittadini di fare esattamente il contrario di quanto hanno fatto loro stessi in aula. Credo che debbano spiegare questa evidente contraddizione“.

LO STRATTONE A RENZI

Gli animi all’interno del Pd rimangono, comunque, bollenti. Anche perché è difficile negare che la battaglia della minoranza persegua anche l’obiettivo di dare una spallata bella forte a Renzi, nella sua doppia veste di segretario del partito e di presidente del Consiglio. “Il sospetto è che abbiano confuso la partita referendaria con quella congressuale“, ha affermato ancora Romano: “Il momento per discutere della leadership di Renzi è il congresso del Pd e non il referendum. Ci ripensassero e tornassero alle ragioni per cui avevano votato Sì in aula“.

I FRONTI CONTRAPPOSTI

D’altro canto c’è chi dice che il No della minoranza dem sia anche dovuto all’atteggiamento di rottura – talvolta addirittura di scherno – tenuto nei suoi confronti da Renzi. Un clima di scontro che ha portato, da un lato, alla fine del Patto del Nazareno con Forza Italia e, dall’altro, al vietnam in corso nel centrosinistra dove partiti e soggetti storicamente vicini al Pd – come l’Anpi o la Cgil – hanno scelto di sostenere le ragioni del No. Critiche che, però, Romano rispedisce al mittente: “Il referendum prevede un Sì o un No. E’ stato giusto prendere una posizione precisa“. Nel corso dell’iter di approvazione della riforma in molti hanno, però, cambiato posizione per abbracciare una linea di critica totale: il dubbio è che lo abbiano fatto non per questioni di merito, ma a causa dei rapporti certo non idilliaci con Renzi: “Ricordo che la Cgil nel 2014 si schierò a favore di una riforma costituzionale molto simile a quella che abbiamo fatto. Poi ci hanno ripensato. Massimo rispetto per loro, ma non è che noi potevamo cambiare posizione per questo“.

GLI SCENARI DEL DOPO REFERENDUM

Ma cosa succederà a partire dal 4 dicembre? Quali scenari politici si apriranno in Italia a seconda che prevalgano i Sì o i No? “Credo che vincerà il Sì così che l’Italia possa proseguire sulla strada del cambiamento“. Ma se gli italiani decidessero di bocciare la Costituzione riformata? “Il Parlamento italiano – non tanto Matteo Renzi – dovrebbe prendere atto che la principale riforma fatta durante questa legislatura è stata sfiduciata dai cittadini. Ne dovremmo prendere atto tutti come parlamentari“. Quindi si dovrebbe tornare alle urne? “Il Parlamento dovrebbe dire: <<Signori abbiamo finito il nostro lavoro per quanto riguarda questa legislatura>>. E, quindi, ritornare il prima possibile a elezioni politiche“.

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