La proposta di conversione in azioni delle obbligazioni subordinate del Monte dei Paschi continua a tenere banco a Siena e non solo.
I DETTAGLI DELLA PROPOSTA
Con l’operazione, annunciata nella notte tra il 14 e il 15 novembre, la banca guidata da Marco Morelli ha messo sul piatto un rimborso del 100% del valore nominale per sette titoli Tier2 il e l’85% per le tre restanti obbligazioni Tier1. A seconda dell’emissione, l’offerta implica un premio compreso tra il 25 e il 35% sull’ultimo prezzo. Un’offerta che sembra essere interessante, anche se bisogna ancora vedere a quante azioni, al momento della conversione, i bond corrisponderanno. Se la proposta dovesse rivelarsi un flop, cioè se gli obbligazionisti dovessero decidere di tenersi i titoli, l’istituto di credito senese, come messo nero su bianco in un comunicato stampa ufficiale, rischia il bail-in, cioè il salvataggio con le nuove regole che può azzerare, nell’ordine, azionisti, obbligazionisti e correntisti oltre i 100 mila euro.
I MOVIMENTI SUL MERCATO
Subito dopo l’annuncio dell’offerta, le azioni del Monte dei Paschi hanno chiuso la prima seduta di Borsa utile (quella del 15 novembre) con un tonfo del 10 per cento. Al contrario, le obbligazioni subordinate oggetto dell’offerta hanno guadagnato tra l’1 e il 2 per cento. Il motivo, secondo Luca Davi del Sole 24 ore, è che i grandi investitori istituzionali, specie gli hedge fund, avrebbero deciso di “disinvestire dalle azioni di Mps per reinvestire sui bond subordinati, con l’ottica di coprirsi e fare arbitraggio in sede di aumento di capitale”. Comunque, secondo Fabrizio Massaro del Corriere della Sera, “il mercato vuole vederci più chiaro sull’offerta del Montepaschi”.
I DUBBI SULL’OPERAZIONE
“Gli operatori in sostanza – aggiunge Massaro – attendono di capire meglio i contorni di questa operazione, che tuttavia era già ampiamente nota nello schema essenziale: essa fa parte della ricapitalizzazione complessiva da 5 miliardi di Mps, accanto all’ingresso di un socio stabile («anchor investor» o «cornerstone investor») che dovrebbe sottoscrivere circa 1,5 miliardi di euro di nuovo patrimonio e all’aumento di capitale vero e proprio che partirà subito dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre. A preoccupare il mercato sarebbe stata, fra le altre cose, la sottolineatura dell’istituto senese che in caso di non-conversione i titoli subordinati potranno essere sottoposti a bail-in (dunque potenzialmente azzerati) se Mps finisse in risoluzione”.
GLI INTRECCI CON ATLANTE
L’offerta riguarda sia i grandi investitori istituzionali sia i piccoli risparmiatori che hanno in mano le obbligazioni subordinate della banca di Rocca Salimbeni. Tra gli istituzionali, oltre al fondo inglese Attestor Capital, ci sono anche le Assicurazioni Generali, che, come si è scoperto di recente, hanno in portafoglio questi titoli per circa 400 milioni di euro. Ebbene, da rilevare che il consiglio di amministrazione del gruppo del Leone, come si legge sul Sole 24 ore, nei giorni scorsi aveva stabilito che “l’eventuale decisione di aderire alla conversione andrà di fatto di pari passo con l’annullamento dell’impegno in Atlante 2. La compagnia aveva deciso di stanziare fino a 200 milioni per sostenere la nuova iniziativa di stabilizzazione del sistema credito in Italia”. Insomma, il Leone deciderà o di aderire alla conversione o di finanziare il fondo guidato da Alessandro Penati e chiamato, ora, a comprare parte delle sofferenze messe in vendita da Mps. Dunque le Generali devono decidere tra diventare azioniste o rilevare, sia pure indirettamente, le sofferenze cartolarizzate del Monte. In caso in cui dovesse optare per la prima opzione, il gruppo assicurativo triestino guidato da Philippe Donnet potrebbe ritrovarsi in portafoglio, secondo il Sole 24 ore, fino al 9% del capitale di Mps. Non poco, se si considera che al momento il primo azionista singolo è il Tesoro con il suo 4 per cento.