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Il Papa, la Chiesa e l’anticapitalismo globale

papa francesco

In un momento molto particolare della storia, in cui si attende l’esito incerto delle elezioni negli Stati Uniti e nel quale non mancano occasioni di morte e di guerra ovunque, certamente la figura internazionale più interessante e incisiva è quella di Papa Francesco.

Il Santo Padre, infatti, in questi anni, dall’alto scranno che occupa come titolare del ruolo di guida della confessione cristiana più antica e più importante, non soltanto si sta imponendo come l’unica vera leadership morale e politica mondiale, ma anche come la sola in grado di proporre ricette, disegnare prospettive e lanciare messaggi filosofici universali.

Certo, con ciò non si vuole disconoscere il dibattito che molte delle sue idee stanno creando attorno, fuori e dentro la Chiesa Cattolica. Forse il tratto della sua personalità che maggiormente lo contraddistingue è la veracità e la schiettezza con cui denuncia alcuni mali etici e culturali del pianeta, unite ad una coerenza di fondo intransigente e coraggiosa.

Se, pertanto, Francesco ha abituato l’opinione pubblica a questo suo ‘stile’, a questa sua interpretazione diretta e pratica del Cristianesimo, nel tempo il suo magistero sta maturando e quindi rendendo sempre più chiari i presupposti di fondo che ne ispirano la missione.

È in questa ottica non superficiale che va interpretato l’essenziale Discorso che egli ha esposto ieri ai partecipanti al 3° incontro mondiale dei movimenti popolari.

Il contesto, bisogna riconoscere, era forse il più congeniale per il Papa: gli uditori, infatti, erano i delegati delle periferie, rurali e industriali di ben cinque continenti. Dunque persone comuni, espressive di un campione identificativo di tutti i popoli della Terra.

Secondo un metodo collaudato, Francesco ha ordinato le idee puntando su tre obiettivi da realizzare contro il cosiddetto globalismo dell’indifferenza: primato dei popoli; la pace e la giustizia; la difesa dell’ambiente.

La tipicità del suo ragionamento contro i muri e contro la logica del terrore, ha trovato così finalmente la calibrazione decisiva nel più radicale e luminoso discorso di condanna al sistema capitalistico mai fatto da un Pontefice. Con ciò si comprende anche il senso del suo riavvicinamento al Protestantesimo, la cui tappa svedese indubbiamente costituisce una pietra miliare: popoli diversi, religioni diverse, anche forme divergenti di interpretazione del Cristianesimo, possono coniugarsi e avvicinarsi tra loro unicamente se riscoprono il valore principale su cui può reggersi una convivenza autenticamente umana tra le persone, animata dalla consapevolezza democratica orizzontale di un declino ineluttabile del sistema materialistico, che ha negli ultimi trecento anni dominato la scena delle varie rivoluzioni che si sono susseguite: da quella industriale, a quella ideologica, per finire alla sua destinazione tecnologica contemporanea.

Per il Papa il nostro tempo ha sancito la fine, insomma, non solo del primato del denaro, ormai divenuto un artefatto al servizio di poteri oligarchici autoreferenziali, improduttivi e oppressivi, ma sta rivelando una deleteria contrapposizione frontale tra il benessere del genere umano, ridotto a scarto della ricchezza finanziaria, e le sovrastrutture create e alimentate da lobbie disumane che distruggono speranza, giustizia, pace, ergendo muri e seminando indifferenza per l’altro.

Un messaggio indubbiamente provocatorio e intenso, il quale tuttavia non deve essere confuso, come sovente si fa, con una presa di posizione ideologica neo comunista o neo marxista.

Bisogna ricordare che la filosofia di Bergoglio, pur essendo di sensibilità non europea, quindi non sempre facilmente decifrabile, si associa rigorosamente alla linea sociale che da Pio XI arriva a Benedetto XVI, passando per due pontificati rilevantissimi come sono stati quelli di Paolo VI e di Giovanni Paolo II.

La tesi centrale è che marxismo e capitalismo sono il prodotto contrapposto di un medesimo materialismo il cui risultato individualista e collettivista si è costruito sul primato del capitale e il disconoscimento del supremo valore d’essere dell’umanesimo.

Ed è proprio tale primato del danaro che oggi è sopravvissuto dopo la fine delle ideologie, quasi una sorta di marxismo senza comunismo, il quale sta trasformando il mondo in una giungla invivibile sul piano ecologico, belligerante sul piano politico, disumana e miserabile dal punto di vista etico ed economico.

Riscoprire non solo i popoli con le loro identità reali e comunitarie, ma anche le necessità di una convivenza non gerarchica e non verticale, relazionale, caritatevole, misericordiosa e orizzontale, vuol dire avere una visione spirituale anti materialista, anti capitalista e anti marxista, autenticamente cattolica.

Papa Francesco, in fin dei conti, presenta una filosofia e una pastorale rigorosamente cristiana, non protetta da autoritarismo di facciata, non pronta a compromessi con l’esclusiva cultura occidentale, perfettamente in linea con la migliore tradizione apostolica romana. Papa Francesco ha ragione a condannare tutto ciò che un tempo avremmo chiamato modernismo, sapendo che oggi tale tentazione si presenta rivestita di un materialismo capitalistico il cui ultimo fine è permettere una vita viziata di individualismo a pochi egoisti e la morte certa del restante genere umano.

Ascoltare il Papa significa poter comprendere, in definitiva, ciò che siamo, il nostro tempo e il futuro che possiamo immaginare, ma anche cosa possiamo essere, imboccando la sola via di uscita umana e universale per resistere ad un globalismo violento, corrotto e senza speranza.

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