Dall’atlantismo non si deve tornare indietro, ma affinché ciò accada “è necessario che l’Europa parli con una sola voce“. L’auspicio è di Ferdinando Salleo, già ambasciatore nell’ex Unione Sovietica e negli Stati Uniti, oltre che segretario generale della Farnesina. A ormai tre giorni dall’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca il Vecchio Continente e l’Italia si interrogano sul futuro dei rapporti con gli Stati Uniti.
CHI HA PARLATO DELL’ELEZIONE DI TRUMP AL CSA. FOTO DI UMBERTO PIZZI
“Ha notato che Trump non nomina praticamente mai l’Europa?“, chiede Salleo con una domanda che ha tutta l’aria dell’affermazione: “Dovremo convincerlo del contrario“, continua ancora l’ambasciatore, che Formiche.net incontra a margine del dibattito organizzato dal Centro Studi Americani in collaborazione con il Parlamento europeo.
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Ma questa Europa in crisi come potrebbe riuscirci? “Facendo un salto di qualità nel processo di integrazione. L’obiettivo di fondo da perseguire è una politica estera e di difesa comune“. Un risultato che oggi – alla luce delle profonde divisioni interne all’Unione e del crescente malessere delle popolazioni – appare quasi irraggiungibile: “Bruxelles è umiliata dal metodo intergovernativo di cui è espressione il Consiglio europeo. Bisogna tornare al sogno dei padri fondatori“. E anche alla visione unitaria delle origini: “Einaudi diceva: ‘Sono le idee che muovono il mondo’. Parole che purtroppo non si sentono più pronunciare“. Difficoltà cui rispondere – sottolinea Salleo – con un rinnovato atlantismo: “Se lasciassimo andare gli americani per la loro strada, saremmo soprattutto noi europei a rimetterci“.
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Che cosa ci si aspetta ora in Europa? “Da questa parte dell’Atlantico dobbiamo tenere i nervi saldi e gli occhi aperti. La nostra volontà deve essere unire e non dividere“. Sperando, poi, anche nella disponibilità all’ascolto e alla collaborazione di Trump: “La sua campagna elettorale non mi è piaciuta: è stata eccessivamente aspra e a tratti indecente. Mi auguro che sia un presidente diverso“.
CHI HA PARLATO DELL’ELEZIONE DI TRUMP AL CSA. FOTO DI UMBERTO PIZZI
Perché Trump ha vinto? E come mai i sondaggi non hanno colto la tendenza anti Clinton? “Iniziamo con il sottolineare che ormai i sondaggisti – come dimostra anche Brexit – non sono più in grado di leggere la realtà. Guardano solo i numeri ma si dimenticano delle persone“. Da qui il ripetersi, quasi ovunque, di risultati inattesi che riflettono, però, un fenomeno profondo in corso in tutto l’occidente: “E’ la crisi della politica. O meglio del modello liberal-democratico“. Lo stesso di cui il politologo americano Francis Fukuyama aveva pronosticato, dopo il crollo del muro di Berlino, le magnifiche sorti e progressive con il suo saggio-bestseller “La fine della storia”. “Non sta andando proprio così“, annota Salleo con un’espressione, che è un misto di sorriso e preoccupazione: “Le classe dirigenti si sono completamente disconnesse dai cittadini e questa è la loro risposta. Il voto negli Stati Uniti è stato di ripudio nei confronti delle élite“. Establishment di cui Hillary Clinton può considerata una delle maggiori rappresentanti: “L’ex segretario di Stato ha perso molto più di quanto Trump non abbia vinto. Non ha capito l’America profonda e questo è stato il risultato“.
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Come cambieranno ora i rapporti fra Usa e Russia di Vladimir Putin? “Non è detto che cambino: la politica è fatta anche di cose“, commenta Salleo: “Che i rapporti personali tra i capi di stato e di governo contino così tanto è un’illusione. Le chiacchiere non sempre sono sufficienti“. “Sarà fondamentale capire – aggiunge – di chi Trump si circonderà. Se sceglierà buoni conoscitori della Russia, si renderà conto che anche Putin ha un prezzo“. Quale? “La parità, ma non strategica né economica: d’altronde la Russia ha un Pil più basso dell’Italia e un dispositivo nucleare arrugginito. Mi riferisco alla status di potenza globale“. Riconoscimento negato a Mosca da Barack Obama, con grandissimo scherno di Putin: “Quando ha definito la Russia una potenza di secondo piano di carattere regionale ha dimostrato di non aver capito i russi. Loro si sentono come se fossero una nuova Roma: un impero con 11 diversi fusi orari. In fondo, dargli questa croce di cavaliere non costa nemmeno tanto“.