“Con queste risorse Atlante 2 non ce la fa e rischia seriamente di mancare i suoi obiettivi”. Parola di Marcello Messori, docente di economia alla Luiss e direttore della Luiss School of European Political Economy.
LO STALLO DI ATLANTE 2
In questi giorni il fondo salva-Mps gestito da Quaestio sgr è finito sotto l’attacco dell’Acri, l’associazione delle fondazioni di origine bancaria, che nella prima edizione del veicolo nato per volontà di Mef e Bankitalia, quella che per intendersi ha rilevato, “salvandole”, Veneto Banca e Popolare di Vicenza, ha messo oltre mezzo miliardo di euro. Le bordate alla versione numero due di Atlante sono arrivate nientemeno che dal presidente Giuseppe Guzzetti, che è anche numero uno di Cariplo (primo azionista di Atlante 1) che in occasione della tradizionale Giornata del risparmio, ha espresso tutto il suo disappunto verso Atlante e la sua scarsa capacità di attrarre partecipanti.
LE CRITICHE DELL’ACRI
L’accusa mossa da Guzzetti è questa. Chi doveva mettere soldi in Atlante 2, sposando la causa di Mps non lo ha fatto, lasciando di fatto il fondo privo di risorse adeguate. Tradotto, qualcuno metta i soldi oppure sarà dura accollarsi le sofferenze di Mps. Attenzione, il fondo è ufficialmente operativo da agosto, data in cui ha superato la soglia minima fissata a 1,7 miliardi. Eppure i 2,5-3 miliardi promessi entro metà ottobre (3,5 entro luglio 2017) sono lontani, tanto che il secondo closing, dopo quello di agosto, è già slittato un paio di volte (il primo era previsto a fine settembre, poi rimandato a ottobre).
L’OPINIONE DI MESSORI
“Il problema è che Atlante era partito con ben altre ambizioni – dice l’economista Messori in una conversazione con Formiche.net – Alleggerire Mps da cospicue tranches di npl e soprattutto avviare in Italia un vero mercato dei crediti difficili, in grado di resistere agli appetiti dei fondi-avvoltoi esteri. Senza considerare l’intera operazione di fusione tra le due popolari venete” di cui Atlante ha il controllo totalitario. “A sapere che fosse andata così, si sarebbero dovute studiare altre soluzioni. E invece, alla fine, il fondo ha finito solo per rivelarsi un tampone per situazioni di emergenza e non certo una soluzione sistemica. Peccato”.
COSA FARE PER LE SOFFERENZE
Messori parla di soluzioni più strutturali tramite le quali intervenire sul discorso sofferenze. “Ci sono strumenti più efficaci per affrontare problemi legati al sistema del credito. Per esempio cartolarizzazioni mirate con il sostegno pubblico, ma concordate con l’Europa. Che non vede di buon occhio gli interventi dello Stato”, spiega Messori. Non è buona idea, secondo l’economista. Se si vuole affrontare nel medio periodo la questione dei crediti deteriorati. Forse questo “avrebbe consentito una soluzione sistemica in tempi ragionevoli. Certo, si sarebbe dovuto interloquire con la commissione Ue. L’Italia, ed è l’unico modo per attirare l’attenzione dell’Ue su un problema, avrebbe potuto sollevare la questione della stabilità del sistema. L’unica parola in grado di aprire un dialogo costruttivo con l’Europa”.