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Pensioni, la legge Fornero, l’Ape e il colabrodo di deroghe

Matteo Salvini

La riforma delle pensioni, intestata ad Elsa Fornero, sta diventando un colabrodo di deroghe. Anche a cercarlo con la lanterna di Diogene sarebbe difficile trovare qualcuno che è andato in quiescenza sulla base dei requisiti previsti dall’articolo 24 del decreto Salva-Italia. Ben otto salvaguardie consentiranno a duecentomila lavoratori di avvalersi delle regole precedenti (saranno in prevalenza trattamenti di anzianità); poi, viene prorogata la c.d. opzione donna (il che significa che ad ogni legge di bilancio si sposterà più avanti nel tempo l’opportunità di utilizzare questa uscita di sicurezza); viene introdotto – in aggiunta a quello di lavoro usurante di cui si rivedono le regole in senso più favorevole – il concetto di lavoro faticoso per poter beneficiare di sconti sull’età di pensionamento e della c.d. Ape sociale in modo sostanzialmente gratuito; si mette in circolazione la mina vagante della tutela dei lavoratori precoci, mentre la possibilità di ricongiunzione contributiva viene estesa anche alle Casse dei liberi professionisti.

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Resta solo da augurarsi che qualcuno spieghi a Matteo Salvini che la riforma Fornero è ormai soltanto una tigre di carta inoffensiva. Magari, in presenza di questa débacle di una buona legge, al leader della Lega potrebbe pure convenire di prendersene il merito, piuttosto che continuare ad abbaiare alla luna.

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Le cronache milanesi hanno raccontato di una festa con 900 invitati, nel palazzo di famiglia in via Donizetti, per il sessantesimo compleanno di Stefano Boeri, architetto, esponente della politica cittadina e fratello di Tito. Eleganza, sobrietà, presenze qualificate, vip e dottorandi, buona musica, conversazioni garbate. Alcuni anni or sono un’innocente festa di Carnevale (magari in un clima un po’ trucido), svoltasi a Roma in ambienti di destra, sollevò un vespaio di critiche, tanto da sottoporre alla gogna, mediatica e giudiziaria, coloro (erano molto meno di 900) che vi avevano partecipato. Ovviamente è bene che le cose siano andate come a Milano. E che tante brave persone possano festeggiare, in serenità, un amico senza essere sottoposti al pubblico ludibrio.

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Uno della mia generazione ha vissuto tempi in cui era ricorrente la denuncia delle minacce alle istituzioni democratiche per iniziativa della Cia, allo scopo di contrastare – si diceva allora – l’avanzata delle forze del progresso e le conquiste dei lavoratori. In verità, durante la guerra fredda, qualcuno poteva pensare che la potente Centrale di Langley vegliasse sulla nostra sicurezza contro le forze eversive del comunismo internazionale. Che cosa farà la Cia nell’era di Donald Trump? Aiuterà, in Europa, la ‘’resistibile ascesa’’ dei nuovi Arturo Ui (il personaggio con cui Bertoldt Brecth volle identificare Adolf Hitler)?

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Ho contato le parole di questa puntata della rubrica. Sono meno di quelle del nuovo articolo 70 della Costituzione, dopo la riforma Boschi.

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