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Referendum, ecco tutti i perché dello spread sull’altalena

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Ed ora che gli spread sono diminuiti di un sonoro 8,11 per cento come la mettiamo? Continueremo a gridare al lupo del referendum, facendo anche su questo campagna elettorale? Sia ben chiaro: il dato non marca un’inversione di tendenza. Per questo bisogna aspettare. Nei prossimi giorni potrebbero nuovamente nascere allarmi. Ma, fin da ora, é facile pronosticare che sono altre le cause che condizionano gli animal spirits.

I mercati – si dice – non amano le incertezze politiche. E questo è indubbiamente vero. Ma sono in grado di discernere tra un dato congiunturale, come possono essere i risultati del prossimo referendum, ed un elemento di carattere sistemico. Ed è stata quest’ultima valutazione che sembra aver orientato i grandi centri finanziari. Che hanno approfittato dei toni della campagna elettorale, per fare qualche incursione redditizia. Vendere allo scoperto, per poi ricoprirsi in tempo utile e lucrare la differenza di prezzo.

Strategie di breve periodo. Al minimo rischio. La situazione non è più quella del 2011: una maggioranza profondamente in crisi; una crescente difficoltà nel tenere dritta la barra dei conti pubblici; un disallineamento dell’economia italiana rispetto agli altri Paesi europei. I quali avevano in parte recuperato lo shock esogeno prodotto dalla crisi legata alla vicenda della Lehman Brothers, mentre l’Italia navigava in solitario. Sottoposta ad un nuovo shock: ma questa volta di natura endogena. Poi reso drammatico dalle politiche di austerità.

Oggi a sostegno del debito pubblico italiano è la BCE di Mario Draghi. Almeno fin quando durerà il quantitative easing. Tant’é che la speculazione internazionale ha dovuto trovare un altro bersaglio. Quello delle banche: zavorrate dai non performance loans e dall’eccesso di titoli di Stato, trattenuti nei propri bilanci. Finché ci sarà quel paracadute nessuno rischierà di puntare alla roulette contro il banco.

Sta comunque il fatto che gli equilibri politici continuano ad essere pesati. Ma come e perché? L’esempio spagnolo é illuminante. Nei mesi passati gli spread sui bonos erano più elevati di quelli italiani. Poi dalla fine di agosto si é verificata l’inversione di tendenza. E da allora la differenza balla di circa 50 punti ai danni del debito sovrano del nostro Paese.

Gli spread spagnoli erano fortemente diminuiti a partire dalla metà di agosto, attestandosi su una soglia di circa 100 punti base rispetto al bund tedesco. Sono rimasti tale per più di un mese, per poi riprendere la corsa, sempre al di sotto delle soglie italiane. La coincidenza temporale fa pensare. Durante quel periodo Rajoy stava portando avanti il tentativo di formare un governo, dopo mesi e mesi di vuoto politico. I mercati non fecero altro che scontare quel successo, vendendo i titoli acquistati in precedenza ad un prezzo minore.

Ecco allora come incide la politica. Tutti sono alla ricerca di una stabilità di medio periodo. Ma é questa la fotografia dell’Italia? Da quando Matteo Renzi ha preso possesso di Palazzo Chigi, non esiste una maggioranza parlamentare precostituita. La si ha alla Camera dei deputati, ma al Senato molto, se non tutto, è lasciato alla benevolenza dei verdiniani ed a qualche compiacenza dell’opposizione, che spesso non partecipa ai lavori parlamentari.

Cambiato il quadro internazionale, con la vittoria di Donald Trump, queste debolezze sono emerse. Sono emerse in tutta Europa, ma soprattutto nei Paesi, come l’Italia, la cui instabilità é stata accentuata dal carattere del suo leader, ormai in rotta con tutti: minoranza del suo partito, opposizione, Commissione europea. Addirittura la Corte costituzionale. Che tutti si calmino. Sperando che il responso del referendum possa porre fine a questa continua crisi di nervi.

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