C’è una parola che – da quando Donald Trump ha vinto le elezioni Usa – ricorre più spesso a Bruxelles e dintorni. La stessa che hanno ripetuto in più di un occasione i due vicepresidenti italiani del Parlamento Europeo – Antonio Tajani e David Sassoli – intervenuti al Centro Studi Americani per commentare le conseguenze del voto negli States. Quella parola è rilancio, utilizzata in una doppia ottica: quella dell’Unione – che dovrebbe mettere da parte le divisioni per ritrovare un disegno comune – e quella dei rapporti con gli Stati Uniti, dai quali per l’Europa – Trump o non Trump – è impossibile prescindere.
“Le relazioni con gli Usa devono rafforzarsi e non indebolirsi“, ha spiegato Sassoli. “Non possiamo smettere di essere l’interlocutore privilegiato della Casa Bianca“, gli ha fatto eco Tajani. Rappresentanti di partiti diversi – il Pd il primo, Forza Italia il secondo -, eppure sostenitori di fatto della stessa linea strategica in politica estera. Simile anche alla ricetta indicata dall’ambasciatore italiano a Washington Armando Varricchio: “Occorre ritrovare le ragioni dell’unità transatlantica“.
Propositi che sembrano però celare il timore di un crescente disinteresse degli Stati Uniti nei confronti del Vecchio Continente. D’altronde – come ha segnalato lo stesso Varricchio – l’elezione di Trump alla Casa Bianca rappresenta “uno spartiacque nella politica globale e un segnale di fortissimo cambiamento“. Che qualcosa possa definitivamente cambiare lo temono in molti ma lo dicono in pochi. Di certo però l’Europa – sostengono Tajani e Sassoli – non può rimanersene alla finestra con le mani in mano, preda, per di più, di polemiche e di durissimi scontri interni. Da qui la necessità dell’altro rilancio, quello sulla strada di una più stretta integrazione e collaborazione tra gli Stati membri. Obiettivo dal quale, per la verità, questa Unione sembra, al momento, lontanissima.
Eppure bisogna rilanciare, hanno sottolineato i due vicepresidenti del Parlamento europeo. Innanzitutto sul tema della difesa comune, tornato improvvisamente di grande attualità ora che a vincere le presidenziali è stato Trump con i suo disegni di politica estera non apparsi propriamente incentrati sui rapporti con Bruxelles: “La Nato rimane fondamentale, ma anche noi dobbiamo fare la nostra parte: c’è bisogno di più impegno per la nascita della difesa comune europea“, commenta Tajani.
Peraltro già Barack Obama durante la sua presidenza aveva guardato più all’Oceano Pacifico che non all’Atlantico. “Lo ha fatto un po’ troppo“, ha detto Sassoli. Il rischio, dunque, è che Trump intensifichi ancora di più questa tendenza già in corso, testimoniata anche dal brusco stop al TTIP, il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti: “Sono rimasto sconcertato dal comportamento che il Partito Democratico americano ha tenuto sull’argomento. Il TTIP non si interrompe per colpa di Trump, ma perché si sono saldati certi timori dell’opinione pubblica europea con alcuni interessi protezionistici americani“.
La risposta, ovviamente, è ancora una volta rilanciare: “Europa e Stati Uniti insieme contano 700 milioni di cittadini su una popolazione mondiale di oltre 7 miliardi. Vogliamo andare in ordine sparso? – ha detto Sassoli – Al contrario, dobbiamo mettere in campo ancora di più politiche comuni: ci vuole coesione“. Il tutto alla vigilia del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma del 1957 che a marzo saranno celebrati proprio nella Capitale. Qualche mese dopo, invece, è in programma quello che sarà, probabilmente, il primo viaggio di Trump in Italia per il G7 di Taormina del 26 e 27 maggio. L’occasione giusta per rinsaldare le politiche comuni tra Italia, Europa e Stati Uniti, come evidenziato dall’ambasciatore Varricchio: “L’agenda globale richiede governance. E’ fondamentale che ci si concentri prioritariamente su questo“.