“La fase transitoria di passaggio dall’attuale retribuzione del personale con qualifica dirigenziale alla nuova retribuzione non è definita in modo chiaro”. E’ una delle osservazioni più critiche contenute nel parere datato 3 novembre 2016 della Conferenza delle Regioni sul decreto legislativo sulla dirigenza pubblica.
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IL PARERE
La Conferenza delle Regioni ha espresso un parere favorevole sul decreto legislativo sulla dirigenza della Repubblica. Il “via libera” è però condizionato all’accoglimento di osservazioni ed emendamenti contenuti in un documento che è stato consegnato al governo nel corso della Conferenza Unificata del 3 novembre.
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I RILIEVI
In particolare la Conferenza delle Regioni ricorda che “l’articolo 123 della Costituzione prevede che lo Statuto delle Regioni a Statuto ordinario definisca “la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento” e che essa sia soggetta al solo limite dell’“armonia con la Costituzione”. Non solo, occorre anche “garantire il rispetto dell’articolo 114, comma 2, della Costituzione, riconoscendo la necessaria autonomia alle Regioni ed agli Enti Locali” e per questo “è indispensabile per garantirne il corretto funzionamento in ordine al ruolo politico-istituzionale agli stessi Enti assegnato”. Escluderli o limitarli eccessivamente gli Enti dotati di autonomia organizzativa, legislativa, statutaria.
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LE MANCANZE
Inoltre le Regioni rilevano che il decreto legislativo non prevede che il Dpcm da emanare per omogeneizzare il trattamento economico fondamentale ed accessorio del ruolo dei dirigenti regionali sia adottato “previa intesa in sede di Conferenza Stato–Regioni” ed è invece necessario prevedere una “intesa ai sensi dell’art. 8 comma 6 della legge 5 giugno 2003 n. 131” (cosiddetta “intesa forte”).
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LE CRITICHE
In particolare – si legge nel parere della Conferenza delle Regioni in particolare sulla questione economica – “la norma non stabilisce quando le amministrazioni dovranno procedere alla determinazione della retribuzione complessiva di ogni dirigente fissando il trattamento economico accessorio almeno al 50 % e la retribuzione di risultato ameno al 30 %”. Con tali regole, infatti, “il fondo per la retribuzione del salario accessorio della dirigenza deve essere completamente rideterminato”. La ridefinizione del fondo, però – è scritto nel parere – “contrasta con la clausola di salvaguardia che prevede il mantenimento dell’incarico dirigenziale in corso fino alla data di scadenza naturale con la conservazione del relativo trattamento economico per i dirigenti con contratto a tempo indeterminato in servizio alla data di entrata in vigore del decreto”.