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I consigli di Rometty (ceo Ibm) a Trump su data analytics, Medicare e cyber security

La Ceo di IBM Ginni Rometty ha scritto una lettera “bi-partisan” (definizione rubata da Fortune) al presidente eletto Donald Trump nella quale suggerisce alcuni step operativi che secondo lei potrebbero aiutare la futura amministrazione a creare nuovi posti di lavoro e rilanciare l’America (promemoria: il motto della campagna presidenziale che ha portato il repubblicano al successo era “Make America Great Again” e più o meno lì siamo, con la prammatica declinazione tech-industry).

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Con circa 380 mila dipendenti in tutto il mondo, la IBM è la più grande azienda di tecnologia americana, un colosso storico che tiene nonostante sia incalzato dalle poderose start up cresciute in questi ultimi anni. L’assunto di Rometty è semplice: Trump dovrà spingere riforme in grado di “liberare capitale che le aziende di tutte le dimensioni negli Stati Uniti potranno reinvestire nei loro programmi operativi, in quelli di formazione e istruzione per i loro dipendenti, e nei programmi di ricerca e sviluppo”. Ci sono tanti posti di lavoro che aspettano, “new collar” li chiama la Ceo, che non necessitano di formazione preliminare specifica, ma potrebbero essere le stesse aziende a provvedervi: ricorda che più di un terzo dei dipendenti di IBM non è laureato, e la ditta sta finanziando programmi scolastici innovativi, che col sostegno del governo conta di migliorare e ampliare, e l’ottica è quella di assumere dipendenti in tutte le aree di sviluppo. Per esempio, il data analytics, l’analisi dei dati: per spiegarsi Rometty tocca un argomento caldo per Trump, il Medicare, l’assistenza sanitaria vanto (funzionante, ma con varie problematiche) dell’Amministrazione Obama su cui il repubblicano vuole mettere le mani. L’analisi dei dati la può rendere più funzionale, spiega la capo dell’IBM (la sua azienda ha scommesso molto su questo settore), perché potrebbe ridurre le frodi o permettere valutazioni su grandi campioni attraverso le quali il governo potrebbe esercitare maggiore potere d’acquisto e abbassare il costo dei farmaci, il tutto riducendo la spesa generale; argomento che piace a Trump. Oppure, altri settori da sviluppare sono quello dell’intelligenza artificiale (“Il governo dovrebbe concentrarsi in investimenti su infrastrutture che incorporano le tecnologie dell’Internet of things e l’intelligenza artificiale”), e allo stesso tempo, quando un’infrastruttura diventa “intelligente” è necessario alzare il livello di conoscenze sulla cyber-security “cosicché questi network vitali non rischino di essere compromessi”. aggiunge Rometty.

LA CYBER SECURITY, QUESTIONE CALDA

Il settore della sicurezza informatica è uno di quelli che gli analisti considerano in necessario, rapido sviluppo. “L’America dovrebbe contrattaccare ogni volta che la Cina tenta di rubarci segreti, sia che lo faccia a livello commerciale che militare”, disse Trump all’inizio della campagne elettorale, mettendo un controverso accento sulla necessità di alzare il livello della sicurezza informatica. “Controverso” perché? Due giorni fa l’ammiraglio Michael Rogers, direttore della National Security Agency (l’Nsa, che si occupa di guerra informatica) ha detto dal palco di una conferenza organizzata dal Wall Street Journal che “uno stato-nazione” ha coscientemente preso di mira la campagna elettorale di Hillary Clinton per farla perdere, falsando dunque l’esito del voto finale. Le accuse di Rogers non sono aperte, ossia non ha nominato lo stato, ma è implicito che il riferimento fosse alle vicende che hanno nei mesi scorsi coinvolto la Russia. Mosca è stata accusata formalmente di voler interferire sulle votazioni negli Stati Uniti attraverso le azioni di alcuni hacker collegati ai servizi segreti russi: in particolare si è trattato di furti di dati a diverso contenuto di sensibilità, sottratti dai server email del Comitato democratico nazionale. Rogers ha detto che “quella nazione” ha utilizzato Wikileaks per perpetrare i propri interessi: nei mesi passati si era parlato infatti di un collegamento tra le azioni degli hacker russi e le pubblicazioni del sito di Julian Assange, come se l’uno desse materiale all’altro, utilizzandolo per la diffusione. “Uno sforzo per arrivare a uno scopo specifico”, l’ha definito Rogers: l’esito finale dello sforzo, aiutare la vittoria di Trump.

Trump e i suoi più stretti collaboratori, come Rudolph Giuliani, hanno annunciato l’intenzione di rivedere le strutture di difesa cyber, ma il repubblicano ha detto anche di voler trasformare il cyberwarfare in un’arma contro il terrorismo. Posizioni utili, in linea con le richieste di Rometty, ma che scricchiolano davanti alle accuse di Rogers. A giugno l’ex sindaco dal pugno duro di New York intervistato dal sito MarketWatch aveva paragonato le falle dei sistemi informatici a “un cancro” e gli hacker alla Mafia. La linea: Giuliani è noto per aver combattuto le infiltrazioni mafiose newyorkesi, prima da procuratore e poi da primo cittadino, e da qui arriva il suo lancio da campagna, ma c’è un problema: la Giuliani Partners, la società milionaria che dirige dal 2002, si occupa anche di consulenze sulla sicurezza informatica (conflitto d’interessi?).

(Foto: Twitter, @IBMCloudCA)

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