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Tutte le tensioni che stanno squassando l’Inps di Tito Boeri

Riforma della governance dell’ente. Vicenda dei contributi non versati dall’Enel. Ispezioni al gruppo l’Espresso. Queste ed altre questioni stanno producendo tensioni e fibrillazioni ai vertici dell’Inps tra il presidente Tito Boeri e il direttore Massimo Cioffi. Ma la querelle, forse, finirà: ieri Cioffi si è dimesso. Anche se non si escludono a breve altre novità, visto che nel governo non ci sono troppi estimatori dell’azione e del pensiero del presidente Boeri, come ha rimarcato di recente in una intervista al Corriere della Sera lo stesso economista che Renzi ha voluto alla testa dell’Inps. Ecco quello che sta succedendo all’ente previdenziale statale.

COSA SIGNIFICANO LE DIMISSIONI DEL DG

“L’uscita di Cioffi, è vista dai più come una personale vittoria del presidente Boeri: se n’è andato il suo nemico numero uno all’interno dell’istituto”, commenta oggi Repubblica. Il fatto è che di nemici, fuori e dentro l’Inps, a Boeri ne restano parecchi, aggiunge il quotidiano dove per anni Boeri è stato editorialista: “Il governo, al momento, non si è espresso sulla questione, ma si sa che il presidente Inps ha rapporti freddi sia con il ministro Poletti sia con Tommaso Nannicini, sottosegretario a Palazzo Chigi. Fra i corridoi dell’istituto molti pensano che alle dimissioni di Cioffi potrebbe far seguito una seconda puntata. Dopo il referendum, comunque”, scrive il quotidiano Repubblica.

LA QUERELLE FRA BOERI E CIOFFI

“La convivenza è difficile, quale delle due poltrone salta?”. Alla fine è saltata quella di Massimo Cioffi, che ieri si è dimesso da direttore generale dell’Inps dopo averlo comunicato al ministro del Lavoro Giuliano Poletti, motivando la sua decisione con l’impossibilità di procedere data “una situazione di ricorrente contrasto di opinioni con il presidente dell’Inps”. A salvarsi – al momento – è stata invece la poltrona di Tito Boeri, l’economista chiamato a fine 2014 dal premier Matteo Renzi a guidare il principale istituto previdenziale europeo che elargisce 250 miliardi di euro all’anno di pensioni a annovera 29mila dipendenti, e che ora non ha buoni rapporti con l’entourage renziano, come ha svelato lo stesso economista nelle ultime settimane in diverse interviste. Tra Boeri e Cioffi non c’è mai stata particolare sintonia, giusto per ricorrere a un eufemismo, come rilevato anche da un corsivo di Giuliano Cazzola (qui l’articolo di Formiche.net). Anzi, lo scontro era arrivato a un punto tale che non era più possibile procedere in queste condizioni.

LA (DISCUSSA) RIFORMA DELLA GOVERNANCE

Cioffi “non poteva essere chiamato ad attuare una riforma organizzativa in cui aveva mostrato di non credere”. Uno dei principali motivi di scontro tra direzione generale e presidenza è ben esemplificato in questa dichiarazione rilasciata ieri da Boeri una volta uscita la notizia delle dimissioni del dg.
Centralità dell’utente, digitalizzazione e multicanalità, riduzione dei costi e incremento delle performance. Unite a un taglio deciso alla dirigenza, chiamata a passare da 48 direzioni centrali a 36 incaricate di lavorare a diretto contatto con il direttore generale, con risparmi quantificati in circa 8 milioni di euro. Questi alcuni punti della riforma targata Boeri, pensata per “rendere l’Istituto non solo erogatore di servizi a richiesta ma il principale consulente dei cittadini” come recitava la nota stampa del gennaio scorso. Una riforma dell’assetto interno dell’ente, quella voluta dal presidente Boeri, che ridimensionava peso e poteri della direzione generale, secondo Cioffi.
Nel mirino di Boeri è finito anche il Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ), organo che annovera 22 poltrone occupate perlopiù da rappresentanti di sindacati, associazioni di categoria e ministeri che non gradiscono di essere ridimensionati, ha fatto notare Boeri. Tanto che proprio dal Civ, come raccontato dal Fatto Quotidiano, è partito un ricorso al Tar contro il “Regolamento di organizzazione” voluto da Boeri. Lo stesso dg Cioffi si è trovato in disaccordo con la riforma interna varata dal presidente Boeri, tanto da averlo messo nero su bianco in una lettera (svelata dal Corriere della Sera) spedita al ministro Poletti, allo stesso Boeri, al collegio dei sindaci e al magistrato della Corte dei conti. Non bastasse, come riferito da Repubblica sulla riforma di Boeri nell’estate scorsa aveva avanzato alcuni dubbi anche la Ragioneria generale (quindi il Tesoro) sottolineando la riduzione di potere del Civ, la concentrazione delle funzioni nelle mani del presidente e il depotenziamento delle proposte del direttore generale.

CIOFFI FRA ENEL E INPS

A indebolire il dg Cioffi nel suo braccio di ferro interno con Boeri ci hanno pensato poi alcune inchieste – sia giudiziarie che giornalistiche – che lo hanno interessato. Su tutte, la vicenda in cui Cioffi da direttore del personale di Enel (precedente incarico rispetto a quello all’Inps) si era trovato poi di fatto a seguire seppure indirettamente un’ispezione dell’Inps partita per accertare un mancato versamento di contributi per circa 40 milioni di euro, salvo poi ritrovarsi lui stesso alla guida dell’Inps senza però fare menzione di questa vicenda con il presidente Boeri, come ha sottolineato più volte criticamente l’economista bocconiano, ed editorialista da anni del quotidiano Repubblica del gruppo l’Espresso.“Il motivo per cui non ho informato Boeri dell’ispezione in Enel è che la consideravo chiusa, mentre poi ne hanno aperta un’altra proprio quando io arrivo in Inps, ed è lì che nasce il conflitto d’interesse, ma non è un reato e io mi sono sempre astenuto sulle questioni che coinvolgono Enel” ha detto Cioffi a Report. La vicenda era emersa nel dicembre 2015, quando era stato il Fatto Quotidiano a raccontare la vicenda della procedura di esodo dei dipendenti di Enel finita nel mirino dell’Inps, proprio quando Cioffi era responsabile del personale.

LE ISPEZIONI AL GRUPPO ESPRESSO

Nell’ultima settimana è spuntata anche la notizia di un’ispezione dell’Inps negli uffici del gruppo l’Espresso, secondo la quale il gruppo di Carlo De Benedetti – secondo le ipotesi alla base dell’ispezione seguita da Cioffi – avrebbe gonfiato gli organici aziendali pochi mesi prima della dichiarazione dello stato di crisi per attingere alla cassa integrazione guadagni, attivare contratti di solidarietà e usufruire dei pensionamenti anticipati. Oltre a questi, pure dirigenti demansionati a poligrafici per poter accedere al prepensionamento. Inoltre, secondo quanto riportato ieri dal quotidiano La Verità, un’analoga ispezione dell’Inps sarebbe stata avviata anche negli uffici di altri importanti gruppi editoriali come Sole24Ore e Rcs.

L’APPALTO DEI CALL CENTER

Altro caso che interessa indirettamente l’Inps è l’arresto due giorni fa da parte della Guardia di finanza su richiesta della Procura di Roma dell’imprenditore Roberto Boggio, alla testa del gruppo Transcom, azienda che vinse anni fa l’appalto per il call center dell’ente; appalto gestito quando alla direzione generale dell’Inps c’era Vittorio Crecco. La vicenda giudiziaria che ha portato Boggio ai domiciliari – ha scritto l’agenzia Ansa – “riguarda l’aggiudicazione da parte della società Transcom, in associazione temporanea di imprese, di un mega-appalto per la gestione del call center di Inps-Inail dal 2010 al 2016, i cui costi – secondo l’accusa – sarebbero lievitati da 120 milioni a 450 milioni di euro”.

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