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I follower di Trump su Instagram sono gonfiati dalla Russia? Parla Stroppa

Donal Trump

“Il 15 per cento dei followers di Trump su Instagram sono account generati attraverso software”, dice a Formiche.net l’esperto cyber Andrea Stroppa, autore di uno studio sugli account del social network che danno sostegno a Donald Trump, il candidato repubblicano alla presidenza americana. L’analisi, eseguita insieme ad altri ricercatori esperti di sicurezza informatica, Richard Hutta, Bernardo Parrella e Danny Di Stefano, ha permesso di individuare che una fetta consistente dei “seguaci” del magnate è composta da bot, alcuni probabilmente di origine russa. In totale, sono stati in grado di filtrare i 2,5 milioni di follower di Trump tra settembre e ottobre (ora sono 2,9 milioni) dei quali 496,109 sono risultati creati da un software.

I BOT

Passo indietro: che cos’è un bot? Riprendendo da Wikipedia, “il bot (abbreviazione di robot) in terminologia informatica in generale è un programma che accede alla rete attraverso lo stesso tipo di canali utilizzati dagli utenti umani (per esempio che accede alle pagine Web, invia messaggi in una chat, si muove nei videogiochi, e così via)”. Dunque nello specifico, si tratta di software che fanno la parte di coloro che seguono Trump, in molti casi quella dei fan, dei possibili elettori stessi, falsando il quadro che passa all’opinione pubblica. Come siete arrivati a questi risultati? “Abbiamo svolto analisi su grandi quantità di dati utilizzando strumenti che abbiamo realizzato proprio per questo studio. Qualcuno direbbe che è un lavoro di big data, noi preferiamo dire che abbiamo intrecciato centinaia di milioni di dati per capire di più su quello che stava accadendo”, spiega Stroppa.

IL CONTESTO

Che cosa via ha spinto ad avviare la vostra ricerca/indagine? Risponde Stroppa: “Abbiamo letto altre ricerche svolte da alcune università americane e inglesi, inoltre abbiamo letto articoli investigativi molto interessanti sul tema negli ultimi mesi, senza contare gli avvertimenti che la Casa Bianca ed il Dipartimento di Stato hanno fatto recentemente per la paura di cyber attacchi, compresi quelli propagandistici attraverso social media”. Il tema della cybersecurity non è mai stato così centrale come in questi ultimi mesi. Le agenzie di sicurezza americane sono in queste ore in stato di allerta: c’è la reale sensazione che i risultati alle urne possano essere manipolati attraverso la propaganda sui social, sui forum-web, con l’hacking. Si teme la diffusione di falsi dossier sui candidati, manipolazione dei dati di stampa, false informazioni date in pasto agli elettori, anche in questo ultimo rush finale. Nei mesi di campagna elettorale s’è visto di tutto: per esempio, hacker hanno colpito i server del Partito Democratico diffondendo online migliaia di mail private e sensibili, una vicenda che ha portato alle dimissioni del presidente del Comitato dem Debbie Wesserman Schultz, rea di aver favorito il sostegno Hillary Clinton piuttosto che la terzietà del partito, tutto finito in pasto alla stampa diffuse sotto forma di leaks. Un’azione a metà tra la propaganda per Trump e la pirateria informatica. Non bastasse, si teme l’interferenza nelle operazioni di registrazione dei voti e azioni di hackeraggio nei sistemi elettronici. Anche per questo caso, ci sono precedenti negli mesi: le banche dati elettorali di Arizona e Illinois sono finite sotto attacco informatico. Per molte di queste azioni aggressive Washington ha formalmente accusato hacker russi collegati direttamente con strutture clandestine dei servizi segreti. Anche dal paper di Stroppa risulta che le attività pro-Trump su Instagram sono in diversi casi legate o gestite da utenti in Russia: non è definibile, però, se questi abbiano collegamenti col Cremlino o siano schietti simpatizzanti locali; questo genere di supporto è comunque insolito e sospetto.

HACKING E PROPAGANDA: LA RUSSIA?

Da diversi mesi si è notata una sovrapposizione tra le azioni di pirateria informatica e la spinta propagandistica: false informazioni diffuse a ritmo tambureggiante, rilanciate in rete e rese virali spesso attraverso software (bot) mirati che le moltiplicano esponenzialmente sul macro-mondo dei social network. Iniziative anche artificiali, che però hanno incontrato certamente terreno umano fertile in soggetti portati a credere a tutto, soprattutto a tutto quello che è contro il proprio avversario. Dietro ai bot pro-Trump c’è una campagna coordinata che si intreccia con la propaganda filo-governativa russa, molto spinta anche sul tema presidenziali? “Non siamo in grado di dire questo, l’unica cosa certa è che questo tipo di azioni possono influenzare e manipolare le conversazioni. Abbiamo discusso con alcune autorità, il tema non riguarda soltanto le elezioni americane, ma va oltre e probabilmente riguarda anche il nostro Paese. Riuscire ad individuare e fermare la disinformazione e propaganda attraverso i nuovi media è una sfida difficile, ma fondamentale”.

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