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Tutti i dossier e le disillusioni della visita di Obama ad Atene

Viene da chiedersi che peso specifico possa avere la visita del presidente americano uscente Barack Obama ad Atene, l’ultima del suo mandato. Perché, al netto di simpatie, visibilità internazionale, rapporti geopolitici e personali, è un viaggio di chi non può promettere nulla ad una crisi greca di cui tutti si sono dolosamente dimenticati, convinti che la medicina della troika porterà i suoi frutti.

Detto che un’alternativa reale non sembra esserci, almeno al momento, proviamo a ragionare sui dossier che stanno animando queste ore ateniesi del primo presidente nero degli Usa, che tra due mesi lascerà la Casa Bianca a Donald Trump.

Prima del debito greco Obama si occuperà di geopolitica e Mediterraneo. Crudo a dirsi, ma squisitamente reale. La crisi siriana è a un passo dall’Egeo, come la concentrazione di fregate e sommergibili di mezzo mondo che sono lì nella speranza che nessun cerino si infiammi. E’chiaro che sulla Siria si paga lo stand by delle elezioni americane, con un periodo-cuscinetto seguito al fallimento delle trattative tra Washington e Mosca.

Il rischio maggiore è che Aleppo si trasformi nella plastica raffigurazione delle frizioni Nato-Russia, con un conflitto irrisolto e prolungato nel tempo. Stesso dicasi per la Libia, dove il mancato raccordo con le tribù locali impedisce di fatto la nascita di un governo forte e legittimato, che una volta tale si occupi anche del caso immigrazione. Senza un referente riconosciuto e ufficiale è difficile, anche per l’Italia, abbozzare accordi per impedire le partenze da quelle coste.

Cosa c’entra dunque Atene? Moltissimo. In primis nella capitale ellenica c’è una cellula dell’Isis dedita alla falsificazione dei passaporti, utilizzata anche da Salah Abdeslam nell’agosto 2015 che transitò in Italia e in particolare passò da Bari e si imbarcò per la Grecia proprio per raggiungere quella cellula e godere di quei servigi.

In secondo luogo la costruzione della moschea ad Atene senza regolamentazioni e paletti potrebbe sfociare in un rischio radicalismo, al momento sottaciuto dai più. Infine le nuove rotte dell’immigrazione che, tramite una base logistica presente in Turchia, passa dallo Ionio per raggiungere le coste italiane. La Grecia dunque ancora una volta centrale nell’economia politica del Mediterraneo, ma ancora una volta senza una propria anima che ragioni seriamente con i partner europei ed extra Ue.

Perché, se è vero come è vero che Obama intende lasciare qualche traccia in questo fazzoletto di mare nostrum che lega i due lembi del vecchio continente in un momento complicatissimo, è altrettanto vero che tutto è straordinariamente cambiato dopo l’elezione di Trump. I rapporti con l’oriente, (anche dell’Europa), sono destinati a mutare, con in più una differente idea su tutto il costone eurobalcanico che va dall’Austria alla Grecia, passando per vere e proprie polveriere come Montenegro, Kosovo e Fyrom. Non ha più senso giocare a Risiko con Polonia e Croazia, anche la Germania se ne sta accorgendo, ma occorre una strategia di visione.

Il debito greco non sarà verosimilmente in cima ai pensieri del nuovo inquilino della Casa Bianca, per cui toccherà a Berlino immaginare un piano B. Le elezioni anticipate in Grecia non sono affatto escluse, se si guarda alla situazione generale del Paese, che affonda ogni giorno di più senza un trend che faccia sperare.

Infine le continue provocazioni della Turchia, dell’ormai dittatore Erdogan, non hanno sortito una sola parola di Washington. E’la ragione per cui i greci si sentono soli e isolati dall’occidente che si dice amico, forse quasi persi in quell’ombra vetero ottomana minacciosa che chiede strada dal versante orientale dell’Egeo (con il nodo Cipro ancora irrisolto). Lì, dove qualcuno vorrebbe provocatoriamente trasformare Santa Sofia in moschea, lì dove si arrestano i giornalisti, si macellano i diritti, si sconfina ogni giorno con caccia militari senza rispetto per leggi e Paesi.

Lì dove l’Ue tace, sapendo di spruzzare cenere su un focolaio che, oggi o domani, è destinato ad esplodere malamente. Un tema su cui Obama purtroppo non solo non dirà nulla, ma potrà fare ancora meno, anche perché reduce da due mandati in cui la politica estera è stata un clamoroso flop. Con danni di margine a tutti.

Mondo Greco
twitter@FDepalo


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