Skip to main content

Tutti i siluri (non troppo trumpiani) di Silvio Berlusconi a Matteo Salvini

Fermo, una volta tanto, nel rifiuto di partecipare al raduno fiorentino del centrodestra, o di quel che ne rimane, diversamente dallo sfortunato appuntamento al quale non volle mancare l’anno scorso a Bologna, proprio di questi tempi, ricevendone più delusioni che applausi, Silvio Berlusconi ha affidato ad una intervista al Corriere della Sera il suo messaggio ai convenuti. Fra i quali, accanto al segretario leghista Matteo Salvini e alla sorella dei Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, anche Giovanni Toti ed altri forzisti disposti, in parole povere, a sostenere le ambizioni del capo del Carroccio. Che si è ormai proposto alla guida di un nuovo centrodestra, più combattivo e più marcato a destra, deciso a sfruttare il vento trumpista proveniente da oltre Atlantico.

“Non ritengo –ha detto ottimisticamente Berlusconi- che Salvini creda davvero che oggi il problema che interessa gli italiani, o anche solo i nostri elettori, sia il nome del leader”. Le priorità politiche, di scenario o di prospettive, sono altre, secondo l’ex presidente del Consiglio.

Innanzitutto bisognerà vedere davvero l’esito del referendum sulla riforma costituzionale, che Berlusconi, diversamente dall’amico Fedele Confalonieri, si augura negativo ma che potrebbe anche rivelarsi evidentemente diverso. Poi bisognerà vedere con quale legge si andrà a votare per il rinnovo della Camera, dando Berlusconi realisticamente per scontato che non si andrà certamente con il cosiddetto Italicum, peraltro sotto schiaffo alla Corte Costituzionale, anche se non si volesse credere alla sincerità dell’impegno assunto dal Pd di modificarlo comunque, anche in caso di vittoria referendaria del sì.

Quel genio di Salvini invece pensa che si possa andare a votare anche subito in caso di vittoria del no referendario, tenendosi per la Camera l’Italicum, anche a costo di regalare Montecitorio ai grillini, e rieleggendo il Senato con ciò che è rimasto della vecchia legge: il famoso Porcellum del leghista Roberto Calderoli, tagliato in più punti dalla Corte Costituzionale.

++++

E’ chiaro che, se dovesse vincere il referendum, Renzi potrebbe provvedere, in condizioni rafforzate, a gestire direttamente la parte residua della legislatura e il cambiamento dell’Italicum: o nel modo radicale già indicato nel Pd, e definito “perfetto” da Eugenio Scalfari, a tal punto da essersi convertito alla causa del sì referendario, o solo nel modo che risulterà dalla sentenza della Corte Costituzionale prevista per gennaio.

Se invece Renzi perderà davvero il referendum e dimetterà per evidenti ragioni di coerenza, sarà il capo dello Stato a decidere chi dovrà gestire il residuo della legislatura e il cambiamento della legge elettorale, a quel punto forse unica per Camera e Senato. Potrebbe essere lo stesso Renzi, magari con un governo diverso, o altri. In ogni caso –ha confermato Berlusconi al Corriere, dopo l’incontro recentemente avuto con Sergio Mattarella al Quirinale- “noi metteremo in campo il nostro senso dello Stato e il nostro senso di responsabilità”. Sono, o sembrano, parole non preclusive verso Renzi, diversamente dagli sbarramenti che si levano dalla Lega, dalla destra e dai forzisti più intransigenti, a cominciare dal capogruppo alla Camera Renato Brunetta, al solo sentire il nome del presidente del Consiglio in carica.

Bisognerà pertanto vedere in che cosa potrà tradursi quel “noi” pronunciato da Berlusconi per confermare senso dello Stato, di responsabilità eccetera eccetera. Saranno tutti quelli dell’ex centrodestra, con la conversione di Salvini e simili, o solo i forzisti? E costoro saranno tutti, o solo una parte, mettendo quindi nel conto un’ulteriore scissione del partito di Berlusconi, dopo le tante fuoriuscite negli ultimi tre anni?  Viene voglia di rievocare un celebre, forse il più celebre aforisma di Winston Churchill, pronunciato a proposito dell’Unione Sovietica di Stalin dopo la spartizione della Polonia con Hitler. “Si tratta di un indovinello avvolto in un mistero all’interno di un enigma”.

++++

Il massimo delle distanze prese da Berlusconi nei riguardi di Salvini si trova tuttavia, in modo alquanto esplicito, in altri passaggi dell’intervista al Corriere della Sera raccolta certamente non a caso dal giornalista più abituato a frequentare Fedele Confalonieri e a trasmetterne gli umori moderati.

Sia pure all’ombra di una questione “terminologica”, Berlusconi ha tenuto a precisare di non considerarsi “di destra”, e di non avere quindi la voglia o pretesa di “interpretarla”, lasciando volentieri questo compito ad altri: magari lo stesso Salvini, oltre alla Meloni. Lui ha solo l’ambizione di “rappresentare un centro liberale e popolare, nel quale sono confluite le migliori tradizioni politiche italiane”: dai cattolici ai socialisti riformisti, dai repubblicani ai liberali. Che costituiscono invece, secondo l’ultima intervista della deputata forzista Daniela Santanchè, dichiaratasi peraltro orgogliosamente amica di Donald Trump, avendolo incontrato più volte a Milano, una melassa buona vent’anni fa ma ormai rottamata dagli eventi. Fra i quali la signora comprende naturalmente l’elezione del suo amico alla Casa Bianca, con quella nettezza di posizioni e di sfide che tanto l’ha entusiasmata. Ma di cui Berlusconi non sembra del tutto convinto, ritenendo che ora bisognerà vedere il nuovo presidente all’opera.

L’ultimo, e forse il più importante, messaggio dell’ex Cavaliere al Salvini del raduno fiorentino e amici è questo: “E’ ingenuo immaginare di crescere politicamente soltanto esasperando i toni o alimentando le polemiche”. Cioè imitando e rincorrendo Beppe Grillo, che magari avrà trovato, secondo il suo stile, in questo messaggio di Berlusconi a Salvini un “vaffanculo”. Scusate la parolaccia, naturalmente. La colpa non è mia ma del comico genovese, che l’ha portata prepotentemente nel linguaggio politico italiano.

Il caso –ma solo il caso?- ha voluto che mentre Berlusconi si lasciava intervistare dal Corriere della Sera per mandare i suoi messaggi a Salvini, gli uomini di Forza Italia a Padova liquidavano, con l’aiuto dei grillini e dei piddini, il sindaco leghista ormai ex alleato Massimo Bitonci dopo una lunga serie di polemiche e di sgambetti reciproci. Un altro caso – ma solo il caso?, di nuovo – ha voluto che a Padova Stefano Parisi avesse deciso di tenere una manifestazione politica praticamente alternativa a quella organizzata a Firenze da Salvini, nella stessa giornata.


×

Iscriviti alla newsletter