Più passano i giorni e più si avvicina la data del 13 dicembre, giorno in cui Unicredit presenterà alla comunità finanziaria il nuovo piano industriale. La data è particolarmente attesa dai mercati perché finalmente si alzerà il sipario sull’aumento di capitale di cui si parla ormai da mesi.
IL NODO AUMENTO
Secondo le ultime indiscrezioni, l’aumento di capitale annunciato dalla banca guidata da Jean-Pierre Mustier ammonterà alla bellezza di 13 miliardi di euro. Una cifra nettamente superiore alle stime precedentemente circolate. Il motivo lo spiega il Sole 24 ore del 17 novembre, che parla di “una tornata straordinaria di accantonamenti sui crediti deteriorati, per una cifra che potrebbe anche raggiungere i 7-8 miliardi. E che così spiegherebbe anche le dimensioni dell’aumento da effettuarsi sul mercato, per una cifra orientativamente fissata intorno ai 13 miliardi, compresa la possibile conversione volontaria di alcuni bond”. Ricapitolando: Unicredit avrebbe in mente di “approfittare” dell’aumento per alzare gli accantonamenti, vale a dire le coperture, i “cuscinetti” di bilancio, sui prestiti a rischio, che in questa fase rappresentano il vero tallone d’Achille delle banche italiane.
L’IPOTESI CONVERSIONE DEI BOND
Ma il fatto di essere alle prese con un aumento di capitale non è l’unico elemento che Unicredit ha in comune con il Monte dei Paschi di Siena. Secondo indiscrezioni, anche la banca guidata da Mustier, infatti, avrebbe in programma di annunciare una conversione volontaria di obbligazioni. “Anche in Unicredit – scrive Marco Ferrando sul Sole 24 ore del 19 novembre – si starebbe valutando la possibilità di inserire la conversione volontaria di alcuni bond, tra i quali – anche se la soluzione non è tecnicamente facile – potrebbero figurare i cashes del 2009. L’inclusione di questa emissione, così come di altri titoli subordinati, ridurrebbe ovviamente l’ammontare dell’aumento vero e proprio”. Quindi, l’operazione potrebbe essere aumentata a 13 miliardi per via dei maggiori accantonamenti sui crediti deteriorati, ma nel contempo potrebbe essere contenuta con la conversione volontaria proposta agli obbligazionisti. Anche il Monte dei Paschi, più avanti sul tabellino di marcia, sta facendo una cosa simile: per ridurre l’ammontare dei 5 miliardi che si appresta a chiedere al mercato, ha appena proposto agli obbligazionisti subordinati il riacquisto dei loro titoli, con annesso obbligo di reinvestire nelle azioni della banca.
LE CESSIONI
Ma Unicredit, per fare cassa, punta anche sulle cessioni. L’istituto di Piazza Gae Aulenti a Milano, in particolare, è al lavoro sulla vendita della controllata del risparmio gestito, Pioneer, e sulla controllata austriaca Pekao. Le ipotesi degli analisti considerano un possibile guadagno di 3 miliardi derivante dalla vendita del 100% di Pioneer (al prezzo di 3,5 miliardi di euro) e una riserva di capitale dalla cessione del 40% di Pekao pari a 2,4 miliardi.
LE VOCI SUI FRANCESI
Le indiscrezioni sulla seconda maggiore banca italiana (alle spalle di Intesa Sanpaolo) non si fermano all’ammontare dell’aumento. All’inizio della scorsa settimana, era circolata l’idea di una fusione tra Unicredit e Société Générale (SocGen) per dare vita a un grande gruppo bancario italo-francese di respiro europeo. Come scrive Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano del 18 novembre, “più che verosimile che Mustier faccia lo stesso tentativo condotto in questi giorni dal suo omologo in Mps Marco Morelli: cercare investitori forti disponibili a sottoscrivere importanti tranche dell’aumento di capitale. Société Générale, presieduta dal fiorentino Lorenzo Bini Smaghi, è già pronta. Oggi vale tre volte Unicredit, di cui da anni è considerata complementare”. Senza dimenticare che, sottolinea sempre il Fatto, “Mustier viene da Société Générale”. Se l’operazione andasse in porto, SocGen potrebbe in un solo colpo ritrovarsi a controllare Mediobanca e le Generali, i due principali salotti finanziari italiani di sempre. Unicredit, infatti, ha in portafoglio quasi il 9% di Piazzetta Cuccia, che a sua volta detiene oltre il 13% del gruppo assicurativo del Leone. A guidare le Generali, inoltre, è Philippe Donnet, con cui Mustier è amico e condivide la passione per la caccia. “Se Unicredit, Mediobanca e Generali diventeranno francesi come Telecom Italia – conclude il Fatto – Intesa Sanpaolo e l’Eni resteranno gli unici due soggetti finanziari di stazza internazionale a proprietà italiana”.